Fuori dal blu: il vissuto quotidiano con la depressione maggiore

Proponiamo gli estratti di due narrazioni raccolte daI progetto Fuori dal blu, che vuole realizzare una attività di ascolto a 360 gradi delle persone che vivono la depressione maggiore e dei familiari e professionisti sanitari che si prendono cura di loro, tramite una raccolta sistematica di narrazioni secondo questi tre punti di vista. Attraverso la scrittura, infatti, vogliamo individuare ulteriori aspetti del vissuto quotidiano con la depressione maggiore, e gli elementi che influiscono sulla riemersione di questa condizione. Il progetto è patrocinato dalla Società Italiana di Neuropsicofarmacologia (SINPF), dalla Società Italiana di Psichiatria e dalla Fondazione ONDA, e riceve il supporto non condizionato di Lundbeck Italia.

Credo di avere sempre vissuto in uno stato depressivo. Nonostante questo, ho avuto una vita attiva e di relazioni sociali sin da adolescente. Ho partecipato a gruppi parrocchiali e di volontariato. Mi dava forza credere in qualcosa. Ero idealista e sognavo un mondo diverso. Quando sono entrata nel mondo del lavoro ho capito che non riuscivo a conformarmi alla realtà.

Ho vissuto sempre con una maschera e socialmente apparivo ben inserita. Avevo una relazione stabile che riusciva a contenere le mie compulsioni. Poi tutto è cambiato, ho lasciato questa persona e ho iniziato a frequentare persone che facevano uso di cocaina e bevevano, e i miei freni inibitori sono venuti a mancare. Ho avuto l’illusione di poter cambiare vita, ma fu un fallimento e caddi in una forte depressione. Sentivo che la mia vita era finita, non vedevo più prospettive per me. L’unica via di fuga era la morte. […] Volevo non esistere più, o forse aspettavo qualcuno che venisse a salvarmi. Ad accudirmi. Non ero in grado di farcela da sola. Non volevo conformarmi a questa società. […]

Quando persi tutto mi resi conto che avevo paura di morire. Il mio corpo si ribellò e il cuore iniziò a battere all’impazzata. Chiesi aiuto […] e così iniziai un lento percorso. […]

Oggi la cosa più rilevante è che non ho più ansia e angoscia. Pur essendo ancora in grossa difficoltà (per lo più economiche) riesco ad affrontare la realtà. Ho ripreso una vita sociale soddisfacente. Voglio proseguire il percorso iniziato con il desiderio di avere una vita autonoma sotto tutti i punti di vista. Non voglio non voglio guardare al passato. Provare ansia e angoscia e avere la sensazione della paralisi. Mi sento in forma. Ho ripreso a prendermi cura di me. Con gli altri sono serena e tutti se ne sono accorti. Sono piacevole ed empatica. Ho ottimi amici. […] Vivere è sempre difficile, ma ho la consapevolezza che ce la posso fare. Sono meno spaventata e mi impegno a vivere giorno per giorno. Non è semplice a volte ho dei cedimenti ma ho anche la capacità di recuperare.

– Donna, 61 anni

All’età di vent’anni sono andato in crisi profonda per la prima volta. Ho abbandonato l’università dopo avere dato un esame scritto e superato. Mi sentivo profondamente giù di morale. Faticavo a dormire. Non riuscivo a stare con gli altri e quindi mi chiudevo in casa. Mi sentivo una nullità per il fatto di non riuscire a fare le cose interagire con gli altri e per essere impedito con l’altro sesso. Volevo starmene chiuso in casa e non sentire nessuno. Non volevo uscire, fare tutte le cose che facevo normalmente. Non ascoltavo più la musica, mia grande passione, e neanche usavo il computer, altra mia passione […]. Ero sempre agitato. Non sapevo spiegare quello che avevo ai miei genitori. Fatica a prendere sonno e risvegli precoci al mattino. Mangiavo, anche se non con fame, perché stavo sempre fermo. […] Mi piaceva chiudermi in camera. Stare a letto e isolarmi da tutto e da tutti. Vedevo tutto negativo.

Vivere era un supplizio. Ogni giorno uguale all’altro. I piaceri azzerati. Nessuna speranza nel futuro.

Oggi mi sento nel complesso bene, anche se ho ancora delle ricadute, soprattutto nei periodi invernali e nel cambio stagione. Ho ripreso a lavorare e sto molto meglio. Voglio fare tutto quello che mi è sempre piaciuto. […] Cerco di stare di più con le persone, visto che la mia malattia mi ha portato a isolarmi e a non avere amici. Sul lavoro ho il grosso dei contatti con altre persone. Devo cercare di riprendere le relazioni anche con altre persone al di fuori del lavoro. Non voglio ricadere nei miei periodi negativi bui.

Quando sto bene, sto bene anche con gli altri. Al lavoro ho fatto amicizie soprattutto femminili, visto che in magazzino ci sono tre quarti di persone di sesso femminile. Con alcune di loro sono riuscito ad aprirmi e a parlare dei miei problemi e creare belle amicizie. Purtroppo la malattia mi limita parecchio le amicizie extra-lavorative e la continuità nelle amicizie. Per quanto riguarda il campo amoroso, sono fortemente limitato dalla malattia. Spero di migliorare in futuro.

Quando sto bene, prendo la vita anche con molto entusiasmo. Sono le fasi buie che sono più critiche e difficili da superare. Sono molto soddisfatto della cura e dei curanti che ho attualmente. Nel passato ritengo di essere stato curato e seguito non bene come ora. Ho avuto molti psichiatri diversi e ero seguito nel mio distretto sanitario. Ora sento di poter contare su un aiuto più valido e mi trovo bene anche come rapporto umano con i dottori che mi seguono.

Per il domani, spero di continuare sulla buona strada che ho intrapreso.

– Uomo, 45 anni

Alessandra Fiorencis

Laurea magistrale in Scienze Antropologiche ed Etnologiche presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzata nel campo dell’antropologia medica, ha condotto attività di formazione a docenti, ingegneri e medici operanti in contesti sia extra-europei che cosiddetti “multiculturali”. Ha partecipato a diversi seminari e conferenze, a livello nazionale e internazionale. Ha lavorato nel campo delle migrazioni e della child protection, focalizzandosi in particolare sulla documentazione delle torture e l’accesso alla protezione internazionale, svolgendo altresì attività di advocacy in ambito sanitario e di ricerca sull’accesso alle cure delle persone migranti irregolari affette da tubercolosi. Presso l’Area Sanità di Fondazione ISTUD si occupa di ricerca, scientific editing e medical writing.

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