Una parola in Quattrocento parole – TEMPO

Piazza della Loggia
Orologio astronomico della Torre dell’Orologio, Piazza della Loggia, Brescia

«Tempo» è polisemico, lo utilizziamo tutti i giorni con leggerezza e spontaneità, non fermandoci a pensare alle sfumature del suo significato: tempo cronologico, tempo atmosferico, tempo verbale e tempo musicale, sfere incluse nel latino tempus, tranne quella climatica. 

Vogliamo seguire due momenti nel ripercorre la storia del tempo: il primo, dal greco antico temno che significa «separare» e «dividere», il che riporta a una idea di sezione, di periodo. Parola che a sua volta ha origine greca (periodos; perì :intorno; odos: strada), che ha il significato di strada che circonda, di circolo. 

Il secondo momento è rintracciabile nel sanscrito Tapas, che significa «calore», legato alla radice Tapche significa «scaldare», «dare calore», ma anche «brillare» e «bruciare» e da qui il senso di bruciare il karma passato e purificarsi.

L’etimologia greca apre le porte alla linearità, con temno, il sezionare momenti in successione, quindi un processo della mente razionale, e alla ciclicità, con periodos, tempo cosmico delle leggi di Natura; la radice sanscrita, invece, lega il cosmico all’umano, introducendo la dimensione della sofferenza e della purificazione.

In questo anno di pandemia è capitato di parlare della propria vita prima e dopo il Covid-19: il virus è stato un evento-soglia. Si può, infatti, parlare di vita ante Covid-19 e post Covid-19, come si considera la discesa di Cristo, evento-soglia periodizzante. Abbiamo fatto esperienza di un tempus cosmico che non si è arrestato: la Terra ha percorso imperturbabile la sua ellissi intorno al Sole permettendo alle stagioni di succedersi e al ciclo vitale di compiersi; di contro, il tempus personale si è fermato, o perlomeno ha avanzato a singhiozzo. È stato un anno di sofferenza, sia per chi è stato toccato dal mantello nero del virus nella salute, nel lavoro e negli affetti, sia per chi ha dovuto “solo” fare esperienza delle limitazioni alla propria libertà. La pandemia ha dato un colpo alla concezione del tempo come progresso, all’idea di onnipotenza scientifica, disvelando la necessità di un’attenzione simpatetica al tempo dell’umano, che sia tempo di salute o di malattia, di gioia o di lutto, di noia, di attesa, di speranza. Rispetto a un’idea legata al temno cronologico si è manifestato l’altro lato del tempo, il cosmico ciclico che agisce e l’umano e si indirizza verso una nuova vita.

Lasciaci, per favore, una parola per il tuo «sentimento del tempo» in questo anno di pandemia.

Enrica Leydi

Milanese di nascita, ha conseguito la laurea triennale in Lettere Moderne presso l'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna. Sta attualmente completando il corso di laurea magistrale in Italianistica, sempre presso la medesima università emiliana. Collabora con ISTUD da aprile 2021 in qualità di coordinatrice della rivista «Cronache di Sanità e Medicina Narrativa».

Questo articolo ha un commento

  1. anna

    Il tempo sospeso, lo sentiamo dire e l’abbiamo vissuto nel lockdown. La sospensione ha portato al sentimento di sé nel tempo ed è stato tempo della riproduzione elementare della vita, dei bisogni essenziali. Il tempo è stato scandito da assenze e da desideri che si sublimavano in attese. E’ stato tempo di riflessione e di smarrimento, è stato tempo di letture e di scritture.

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