UNA PAROLA IN QUATTROCENTO PAROLE – FILO

La parola filo deriva dalla parola latina filum che discende dal proto-intdeuropeo *gʷʰiH-(s-)lo-.

Filo propriamente indica il prodotto della filatura di una fibra utile a tessere, cucire, ricamare. Da qui deriva il significato di corpo sottile e allungato; solitamente la parola è specificata da un complemento o da un aggettivo: filo di ferro, filo del telegrafo, filo spinato. Ne consegue che la parola filo viene utilizzata per tutto ciò che sia, appunto, filiforme.

Questi significati concreti conducono alle sfumature metaforiche della parola, legate a tre macro-categorie di senso: quella di linea continua e ininterrotta; quella di esigua consistenza, sottigliezza, precarietà; quella di intreccio. Ragionando da queste si possono derivare tutte le sfaccettature dell’uso della parola, da quelle che esprimono un legame, a quelle che esprimono uno stato di precarietà o effimerità.

La ricchezza semantica, specialmente delle accezioni figurate della parola, è testimoniante dalle numerose espressioni idiomatiche legate alla parola filo. Per fare qualche esempio: camminare sopra un filo, dare/trovare del filo da torcere, essere attaccato/appeso/sospeso a un filo, essere legato a doppio filo, fare il filo, filo del discorso, filo di Arianna, imbrogliare i fili, per filo e per segno, perdere il filo, ridursi a un filo, essere/camminare sul filo del rasoio, tenere le fila, tirare le fila, parlare con un filo di voce.

Quella del filo è da sempre, infatti, una delle metafore che meglio esprime la nostra esistenza (si pensi al mito delle Parche): la vita di una persona è un’esistenza individuale e ininterrotta fino al momento della morte che è l’estrema manifestazione della nostra precarietà. 

Tuttavia, non va dimenticato l’aspetto dell’intrecciarsi. I fili intrecciati a formare un tessuto sono nettamente più resistenti della singola fibra e così la nostra vita è effimera se non intrecciata con quella di altri. Allo stesso tempo però l’intreccio con l’altro non è una fusione o uno smarrimento del sé perché l’esistenza individuale rimane forte e definita. Non a caso, infatti la parola filo è anche legata a quella sfera metaforica del senso logico e del controllo (filo logico, filo conduttore).

Il filo, quindi, è davvero forse l’immagine che meglio di tutte esprime la coesistenza di indipendenza e interdipendenza, di individualismo e collettivismo della nostra vita. Sta poi a ciascuno, alla propria sensibilità, valutare quale sia l’aspetto percepito come prioritario, ma non va mai dimenticato l’altro capo del filo.

Lasciateci, per favore, una parola per il vostro sentimento del filo.

Enrica Leydi

Milanese di nascita, ha conseguito la laurea triennale in Lettere Moderne presso l'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna. Sta attualmente completando il corso di laurea magistrale in Italianistica, sempre presso la medesima università emiliana. Collabora con ISTUD da aprile 2021 in qualità di coordinatrice della rivista «Cronache di Sanità e Medicina Narrativa».

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