Una parola in quattrocento parole – Scienza

La parola scienza viene dal latino scientia, derivato del participio presente del verbo scire (sapere). La sua radice può essere ricondotta al proto-indo europeo *sēik- che ha significato di “tagliare”.

Il termine latino traduce il greco episteme (ἐπιστήμη) che è composto di epi (su) e histamai (stare, porre, stabilire), per il significato complessivo di «che si tiene su da sé». La parola inizialmente indicava «ogni conoscenza abilitante a compiere determinate attività o mestieri, e in seguito, più specificamente, l’aspetto rigoroso e teorico della conoscenza, in contrapposizione sia alla δόξα (opinione), sia alla ἐμπειρία (empirìa) che indicava solo la capacità operativa» (Treccani).

In latino, dunque, la parola scientia eredita il significato greco e indica una conoscenza sistematica e coerentemente formulata. In questa accezione comprende sia le cosiddette “scienze naturali” sia quelle chiamate “scienze morali”, venendo ad esprime un sapere complessivo e articolato.

Con l’età moderna e la rivoluzione scientifica prima, l’Illuminismo e il Positivismo poi, la scienza perde il suo carattere sacro e si lega indissolubilmente alla questione del metodo. Si passa, quindi, da una concezione di conoscenza sistemica a una metodica, dal valorizzare i legami tra i vari ambiti del sapere a concentrarsi unicamente sulle “scienze naturali”, studiate secondo un metodo che porti acquisizioni concettuali che risultano determinabili e direttamente verificabili per mezzo di appositi esperimenti empirici. Alla scienza che vede l’uomo come protagonista, si sostituisce un approccio che lo vuole quanto più cancellare.

Si giunge così al Novecento, dove la «crisi dei fondamenti» e l’opera di pensatori come Karl Popper portano alla decaduta del paradigma di verità assoluta della scienza in favore di una concezione più congetturale. Dopo Popper, la riflessione epistemologica arriva a minare il concetto stesso di metodo e quindi l’idea che la scienza sia una disciplina privilegiata e intoccabile.

Riprendendone la storia e l’etimologia, si può ingentilire e problematizzare il concetto di scienza, osservando come è solo con l’età moderna che si è perso la componente morale e si è irrigidito il paradigma del metodo. Ora, sarebbe sbagliato non riconoscere che il metodo scientifico non abbia portato a scoperte e teorie che hanno di molto migliorato la nostra qualità di vita, tuttavia non va assolutizzato e esentato da ogni critica e problematizzazione. Quello su cui forse occorrere soffermarsi più spesso è sul recupero della componente etica ed umanistica della scienza, che solo cinquecento anni fa sono state abbandonate e quindi lavorare sulla loro reintegrazione nei paradigmi scientifici, in modo che componente umana e metodica tornino a coesistere nel concetto di scienza.

Una volta fatto questo va riconosciuto che il linguaggio scientifico è specialistico e pertanto difficile per i non addetti ai lavori. Per questo, ristabilita l’etica della scienza, bisogna lavorare per trovare nuovi canali e linguaggi di comunicazione.

Lasciateci per favore una parola per il vostro sentimento di scienza.

Enrica Leydi

Milanese di nascita, ha conseguito la laurea triennale in Lettere Moderne presso l'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna. Sta attualmente completando il corso di laurea magistrale in Italianistica, sempre presso la medesima università emiliana. Collabora con ISTUD da aprile 2021 in qualità di coordinatrice della rivista «Cronache di Sanità e Medicina Narrativa».

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