Riflessioni sull’arte e la terapia: i fili che tessono una narrativa di guarigione

Su invito di Maria Giulia Marini e con il sostegno di Fondazione ISTUD sono arrivato a Milano il 6 maggio 2019 per una settimana di insegnamento, apprendimento e scambio spontaneo. È stata la serendipità a portare all’attenzione della Marini le attività per il benessere, l’arte terapia e la prescrizione del museo del Museo di Belle Arti di Montreal e il tema della serendipità ci seguirà per tutta la settimana della mia permanenza. Quello che segue è una riflessione in forma di diario, sui miei diversi incontri con lo spazio, l’arte, la lingua, le pratiche di cura sanitaria e la medicina narrativa.

Il teatro
La nostra prima presentazione è stata martedì 7 maggio per un gruppo di infermieri esperti di stomaterapia. Mi chiedevo quali collegamenti avrebbero fatto tra ciò che stavano imparando sulla medicina narrativa, e più specificamente sui linguaggi di cura, e il mio personale approccio al lavoro con la terapia artistica museale. Ci siamo riuniti in un vecchio teatro di quartiere, un ambiente meraviglioso per lo scambio. La presentazione ha seguito un formato a me familiare – ho definito la terapia artistica in un museo, inclusi gli elementi come il guardare e riflettere sull’arte, di fare arte in un gruppo e il processo riflessivo che arriva alla fine di una sessione in cui i membri del gruppo raccontano la storia di ciò che la loro arte ha da esprimere. Ho quindi fornito alcuni casi studio di diverse “popolazioni” tra cui i sopravvissuti al trauma e pazienti con cancro al seno e poi ho presentato l’Art Hive,- l’alveare artistico, uno studio creativo per l’inclusione sociale. E infine ho parlato della prescrizione medica del museo a cui ha accesso una comunità di medici in Quebec.
Dopo le presentazioni di Maria Giulia Marini Marini e di due medici competenti che usano la medicina narrativa nella loro pratica, ai gruppi di infermieri è stato chiesto di riflettere sulla Notte stellata di Van Gogh usando semplici istruzioni di medicina narrativa. Questo esercizio sarà poi ripetuto per tutta la settimana con altre persone. Le differenze tra le risposte dei gruppi erano notevoli. Mi sono chiesto come i diversi spazi di presentazione abbiano influenzato le risposte con alcuni gruppi che sembrano concentrarsi sulle informazioni in primo piano mentre altri hanno seguito le piccole case del villaggio. Alcune persone si sono sentite tristi e disperate mentre altre si sentivano ottimiste. Qui ho trovato il ponte tra le nostre pratiche – nell’arte. Per me, l’arte è un potente strumento per sbloccare la narrativa e fornire un’esperienza di collegamento tra le persone.

L’ospedale
Sono stato negli ospedali. Mia moglie lavora in un ospedale. Sono tipicamente ambienti costruiti per supportare e facilitare l’intervento medico. La mia valutazione di ciò è cambiata durante una gita a Bergamo. Il progetto La Cura e la Bellezza ha riunito le forze creative di Humanitas Gavazzeni & Castelli e dell’Accademia Carrara con il risultato di un coinvolgente e creativo intervento che interrompe, ferma e riorganizza il normale flusso narrativo in un ambiente ospedaliero. L’impatto viene approfondito quando il visitatore scopre che il personale dell’ospedale è coinvolto nella selezione e nella collocazione del lavoro – forse per chi trascorre più tempo in ospedale, i pazienti e i familiari, rispetto ai curanti? Il lavoro è stato incredibile con i dettagli allargati a parete, mai pensati per essere visti in questo modo, sfruttati per la loro bellezza e fascinazione. Quali dialoghi hanno ispirato questi murales? Come hanno cambiato l’ecosistema dell’ospedale per personale, pazienti e famiglie. Il potenziale sembra illimitato.

Il Museo delle Belle Arti

Ricordo di un dolore di Giuseppe Pellizza de Volpedo – Accademia Carrara

Il nostro secondo tour della giornata ci ha portato alla bellissima Accademia Carrara. Un pezzo della collezione che mi ha fatto riflettere è stato “Ricordo di un dolore” di Giuseppe Pellizza de Volpedo. Alla MMFA abbiamo un gruppo di persone in lutto che trae beneficio dalla creazione artistica, dalla visione artistica e dalla condivisione verbale. Il dipinto di Pellizza de Volpedo era la vera incarnazione del dolore. La diceva lunga attraverso il suo silenzio. Più tardi, in una galleria adiacente, abbiamo avuto l’opportunità di condividere la terapia d’arte museale e i linguaggi di cura con una sezione trasversale di professionisti del settore medico, professionisti del museo e altre persone interessate. La stanza era adornata da capolavori che avevamo visitato in precedenza. L’impostazione non avrebbe potuto essere più perfetta per esplorare i nostri temi collettivi.
Nella mia presentazione ho elencato le “popolazioni” molte diverse con cui lavoriamo: Alzheimer, Parkinson, Autismo, disabilità intellettuali, cancro al seno, cultura dei non udenti, traumi, disturbi alimentari, comunità culturali, anziani, bambini in età scolare e così via. Sono molto consapevole delle risorse che abbiamo nel nostro museo unico. Siamo molto fortunati ad avere numerosi spazi, un personale numeroso ed esperto e una direzione capace. Ma credo che qualsiasi museo, indipendentemente dalle sue dimensioni, possa includere alcune componenti dell’inclusione sociale. La collaborazione di Accademia Carrara e Humanitas è un esempio innovativo di questo tipo di pensiero creativo. L’ospedale può venire al museo, ma il museo può anche arrivare all’ospedale.

La città

Angelo Morbelli GAM MILANO

Al mattino ho camminato. Il mio senso dei ritmi di Milano cominciava a impressionarmi. Mi è piaciuta particolarmente sedere sulle panchine nei suoi parchi. In un giorno mi sono imbattuto nelle Gallerie d’Arte Moderna di Milano. Qui ho incontrato i dipinti di Angelo Morbelli. Per me, la sua maestria sta nella sua capacità di rendere l’aria polverosa che riempie le sue rappresentazioni di sale e chiese. Di particolare rilevanza per i temi della settimana sono stati i dipinti dell’aiuto ai poveri (Solatium miseris), dell’età e della memoria (Mi ricordo quand’ero fanciulla (Entremets), e del tenero amore di una madre per il suo bambino (Alba serena (Maternità). Ho anche incontrato bambini delle scuole elementari guidati attraverso i corridoi e le gallerie sontuosi: l’educatore era vivace, impegnato e animato: gli studenti erano un gruppo multiculturale di volti luminosi, un ricordo di come la passione per le arti può essere comunicata ai più giovani e al ruolo che i musei continuano a svolgere come spazi per ispirare stupore, meraviglia e connessione.

Anna Maria Maiolino, O AMOR SE FAZ REVOLUCIONÁRIO, PAC 2019. Photo Nico Covre, Vulcano
Anna Maria Maiolino, O AMOR SE FAZ REVOLUCIONÁRIO, PAC 2019. Photo Nico Covre, Vulcano

Uscendo dal retro della galleria ho trovato il Padiglione d’Arte Contemporanea Milano e l’opera rivoluzionaria ed espressiva di Anna Maria Maiolino. Il lavoro di Maiolino fu una scossa di vigilanza in contrasto con la sobrietà pittorica di Morbelli. Mi ha anche sollevato vedere finalmente il lavoro di una celebre artista femminile all’interno di una storia dell’arte che celebra principalmente i suoi uomini. Ho raccolto questi ricordi e li ho inclusi in quella che sarebbe stata la prossima presentazione.

L’aula
Gli ultimi due giorni sono stati trascorsi in classe con un gruppo di operatori sanitari iscritti al Master in Medicina Narrativa Applicata. Con il passare dei giorni ho iniziato ad avere una comprensione più profonda della Medicina Narrativa, e in particolare sui Linguaggi di Cura della Marini. Maria Guilia e io abbiamo avuto il nostro flusso personale per presentare insieme, lei come mio ponte verso la lingua e la cultura. Ancora una volta il gruppo ha avuto una risposta molto particolare all’esercizio della riflessione sulla Notte Stellata. Abbiamo concluso la giornata con “A Eternity’s Gate – Sulle soglie dell’eternità” un film su Van Gogh e il suo abisso nella malattia. Per molti versi è stato un altro ponte perfetto per esplorare le connessioni tra medicina narrativa e l’arte.
L’ultimo giorno John Launer, MD ha tenuto una lezione sul proprio approccio verso la medicina narrativa. Nello stile di Launer era la posizione a me conosciuta del terapeuta di famiglia formato con approccio sistemico. John sembrava fare domande che capitalizzavano l’autonomia dell’individuo perché potesse giungere alle proprie conclusioni, senza riformulazione del terapeuta. L’uso delle domande era come una serie di cerchi concentrici che fornivano sia uno spazio che un percorso. Questo mi ha ricordato il potenziale spazio di Winnicott all’interno del quale il bambino è invitato a riempirsi di immagini e creatività. Le considerazioni di John Launer erano del tutto positiva e pragmatica. Il suo stile di “domanda” era economico senza essere distante. Gli importava ma era anche abile nel mantenere un confine che gli permetteva di essere di aiuto senza oltrepassare il tipo di aiuto richiesto.
Alcuni dei principi che John stava insegnando mi hanno ricordato come lavoriamo all’Hive Art dove è l’autonomia dell’individuo ad essere impegnata. All’alveare, i partecipanti sono accolti come artisti e non portano le proprie diagnosi. I principi di pratica sono inclusione, curiosità e gentilezza… C’era molta energia intorno alla notizia dell’alveare artistico, ogni volta che ne parlavo. Questa idea di uno spazio creativo che funziona sul principio dell’inclusione sociale sembra incuriosire un numero di persone e il desiderio che tali studi esistano in Italia è grande.

Casa
Al mio ritorno a Montreal, scopro che sto ancora disfacendo la valigia. Le mie magliette e le mie scarpe sono messe via ma gli strati su strati di storie che ho incontrato a Milano e Bergamo continuano a cantare, sussurrare ed echeggiare. Sono grato a Maria Giulia per la sua abilità nel riunire le persone nel suo modo sincronistico. Sono grato al caloroso benvenuto della squadra di Fondazione ISTUD della sanità, Luigi, Paola e Antonietta.
I passi successivi sono per noi per sviluppare una collaborazione di ricerca in cui posso applicare alcune pratiche di base dei linguaggi di cura nei miei gruppi di arteterapia e Maria Giulia e il suo team potranno analizzare le narrazioni. Speriamo di dimostrare uno sviluppo entusiasmante per ISTUD e il Museo delle Belle Arti e di creare un ibrido di medicina narrativa basata sull’arte.

Stephen Legari

Art therapist, Couple and Family Therapist Program Officer – Art Therapy, Montreal Museum of Fine Arts Montreal, Quebec, Canada

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.