Quello che conta: Opere di Arnoldo Ciarrocchi negli “anni del silenzio” – il consiglio di lettura

  • Autori:  Ubaldo Sagripanti , Mauro Mazziero
  • Traduttore: George Dernowski  
  • Formato: Formato Kindle
  • Disponibile su Amazon a questo link

“Quello che conta” è la testimonianza  che un artista ci ha voluto lasciare la sua storia di malattia e, la  narrazione non avviene con linguaggio scritto o parlato ma attraverso quello pittorico. Arnoldo Ciarrocchi  è stato pittore e incisore italiano del ‘900: nel 1994 viene colpito da una emorrargia cerebrale cui seguiranno deficit importanti di produzione e comprensione della parola, tuttavia l’artista ha continuato a comunicare nonostante il danno. La Medicina narrativa  considera che ” La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura” ma, in questa nostra storia, la narrazione avviene in un modo eccezionale che apre all’indicibile. Il vissuto di malattia ci viene presentato attraverso una serie di autoritratti che il Maestro ha iniziato a eseguire già dalla fase di ospedalizzazione, appena è stato in grado di disegnare. La moglie li ha ordinati cronologicamente e questo ci consente di avvicinarci alla comprensione intima del vissuto di chi attraversa la perdita di funzioni superiori durante il danno cerebrale in un modo diretto e irriducibile che eccede il limite ordinario del contenitore semantico normato dalla sintassi del linguaggio dichiarativo. A questo proposito ritengo illuminante un passo dell’intervista di Silvia Ronchey a James Hillmann (Repubblica 16 ottobre 2021):

S.R.: Stai citando una delle poesie di Michelangelo:
«Amor, la tua beltà non è mortale:/ nessun volto fra noi
è che pareggi / l’immagine del cor, che ’nfiammi e
reggi / con altro foco e muovi con altr’ale».
J.H.: È un’immagine che è del cuore o che è nel cuore.Come se l’artista, nel fare un ritratto, nello scolpirlo, attingesse l’immagine dal cuore dell’individuo che stava rappresentando. Cosicché, diciamo, la faccia visibile, la sembianza che ne risultava, era in realtà il carattere o l’essenza dell’anima. Credo quindi che la vera immagine sia quella della forma interiore, della forma psichica, della forma dell’anima. Una forma che tenendo insieme le varie visibilità dà profondità al visibile, lo fa diventare visibilità dell’anima. 

Michelangelo e Hillmann congiunti ci forniscono le chiavi d’accesso al mondo di narrazione che Ciarrocchi ci ha lasciato: nel nostro caso il ritratto è un autoritratto e quindi la rappresentazione più diretta possibile di un vissuto tramite un documento  declinato al presente continuo dell’opera d’arte che consente a chiunque il confronto con la malattia, la persona e sé stessi riguardo i processi di cura e le possibilità  d’ intervento dei partecipanti. “Quello che conta” non si limita al racconto del periodo della fase acuta ma anche a quello della riabilitazione e della ripresa di cui possiamo seguire l’evoluzione di una storia che coinvolge malattia, creatività e rapporti umani fino a una sorprendente recovery. Inoltre, gli autori hanno voluto che questo lavoro potesse avere la massima fruibilità attraverso il testo a fronte in lingua inglese nella quale è integralmente tradotto.

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