
Come ascoltare davvero in 20 minuti — e cambiare la cura.
Andrea ha 32 anni e una diagnosi appena ricevuta di HIV. È entrato in ospedale per un’infezione opportunistica e, durante il ricovero, ha ricevuto la notizia. Dopo la dimissione, si presenta all’ambulatorio di malattie infettive. Il medico lo accoglie e inizia subito a spiegare:
“Andrea, il tuo HIV è in una fase iniziale. Con la terapia possiamo tenerlo sotto controllo. La carica virale è alta, ma possiamo renderla non rilevabile. Devi seguire la terapia tutti i giorni. Se lo farai, la tua aspettativa di vita sarà normale.”
Andrea ascolta, ma qualcosa si spezza. Si sente paralizzato. Non riesce nemmeno a parlare. Poi, con un filo di voce, dice:
“Dottore, io non so nemmeno da dove cominciare. Ho paura di dirlo a qualcuno. Ho paura di perdere il lavoro, di essere giudicato. Mi sento sporco. È come se tutto fosse cambiato in un attimo.”
Il medico ha detto tutto nel modo corretto, sul piano clinico. Ma Andrea è da un’altra parte: vive l’Illness (la dimensione soggettiva della malattia), non solo la Disease (la diagnosi medica). E in mezzo, c’è il peso della Sickness, lo stigma sociale, il giudizio degli altri, il senso di isolamento.
Cosa sarebbe successo se il medico avesse avuto più tempo?
La verità è che la visita dura, in media, 15–20 minuti. E questo non cambierà. Ma ciò che può cambiare è come usiamo quel tempo.
Anche se questo è un case study esemplificativo, costruito a fini didattici, interazioni simili accadono davvero ogni giorno nelle corsie e negli ambulatori. E possono fare la differenza tra un paziente che si sente smarrito e uno che inizia a intravedere una via.
Nel caso di Andrea, ecco come prosegue il dialogo, quando il medico adotta un approccio narrativo integrato:
“Andrea, capisco che questa diagnosi sia stata un duro colpo. È normale sentirsi spaventati e confusi. Molte persone con HIV raccontano di aver vissuto all’inizio una sensazione simile. Ma oggi, l’HIV è una condizione cronica gestibile. E soprattutto: non sei solo. Noi siamo qui per aiutarti non solo nella terapia, ma anche a orientarti in ciò che stai vivendo.”
Andrea alza gli occhi. Finalmente si sente riconosciuto. E apre una nuova porta:
“Mi fa paura come gli altri mi vedranno. Ho letto storie di persone che hanno perso il lavoro. E anche nei rapporti… chi vorrà stare con me, adesso?”
Il medico ascolta, senza interrompere. Poi risponde:
“Ci sono ancora pregiudizi, purtroppo. Ma esistono risorse. Possiamo farti parlare con un counselor o metterti in contatto con un gruppo di supporto. Ci sono anche leggi che tutelano il tuo lavoro. Possiamo affrontarlo insieme.”
Andrea non è più solo. E comincia a pensare in modo diverso:
“Forse potrei parlare con qualcuno che c’è passato. Non avevo pensato che potesse esserci un aiuto anche per la parte… sociale della malattia.”
Non servono tanti minuti. Serve uno sguardo nuovo.
In 20 minuti non possiamo fare tutto. Ma possiamo cambiare il modo in cui so-stiamo in quei 20 minuti.
La medicina narrativa non allunga i tempi, ma insegna a gestire il tempo in modo più umano, efficace e trasformativo. Integrare ascolto, empatia e attenzione alla dimensione personale della malattia non è un lusso: è parte integrante della cura.
Il Master in Medicina Narrativa di ISTUD Sanità e Salute nasce per questo.
Per fornire ai professionisti strumenti concreti per abitare meglio il tempo della visita, accogliere la storia del paziente, orientare la cura verso ciò che conta davvero per chi abbiamo di fronte.
Puoi imparare a cambiare lo sguardo, a stare nel tempo, ad allineare il linguaggio per incontrare davvero l’altro, anche nei momenti più delicati della cura. Non si tratta di aggiungere altro al carico quotidiano, ma di riscoprire come il tempo, anche se breve, possa diventare uno spazio di fiducia, riconoscimento e orientamento.
Master in Medicina Narrativa Applicata – MedicinaNarrativa.eu