Il Distress lavorativo nei professionisti in sanità visto dalla parte dei loro familiari: l’esperienza registrata presso la SOS Oncologia Medica del P.O. di Pescia (PT), AUSL Toscana centro – di Ilaria Pazzagli

Project Work realizzato nell’ambito del Master in Medicina Narrativa Applicata Ed.XII

di Ilaria Pazzagli, Oncologa

….oggi al ritorno dal lavoro lei mi appare stanca, come normalmente, come tutti i giorni, quando solo stanca e quando come oggi, molto stanca..

….al ritorno dal lavoro, se anche io sono a casa, la vedo molto stanca e stressata, nervosa, irritabile e penso sempre che debba essere lasciata da sola, senza rivolgerle la parola..

..normalmente quando torna a casa dal lavoro è molto stanca e sembra che sia tornata da una fatica in miniera. Si avverte la sua stanchezza fisica, come se a questo punto volesse solo riposarsi e in più a volte con me si comporta mostrando nervosismo e poca pazienza..

..la mia mamma tutte le volte che ritorna a casa dopo il turno di lavoro, sembra che sia stata in guerra: è stressata, è agitata, è intrattabile e anche se cerca di comportarsi in modo apparentemente tranquillo, si vede benissimo che non lo è e che sta’ trattenendo la rabbia.

..parlare di lavoro è far scoppiare una bomba..

..come un maratoneta che ha appena compiuto il suo gesto atletico, ma sente ancora quella fame d’aria che non gli permette di riprendere la normale frequenza del respiro…

Questi sono solo alcuni dei frammenti delle narrazioni di familiari di operatori sanitari della SOS Oncologia del P.O.Pescia, raccolte in occasione di un project work di Medicina Narrativa, per comprendere quanto il sanitario trasmetta ai familiari un vissuto esperienziale lavorativo molto impegnativo sia a livello psico-emotivo che comportamentale. Il progetto ha valutato in maniera diretta se il comportamento del sanitario, interferisce o condiziona le relazioni famigliari e, in maniera indiretta, il grado di benessere o burn out in ambito lavorativo, partecipando alla valutazione del “clima lavorativo interno”.

lo stato delle cose

Dalla nuvola di parole ricorrono frequentemente le parole “stanca, stanchezza, tempo, lavoro, stressata, casa, famiglia, parlare, ritorno, stress, figli” e i binomi “casa-lavoro, lavoro-stanca, giornata-lavoro, ritorno-casa, posto-lavoro, tempo-famiglia, parlare-figli, pazienti-stress”.

Il vissuto lavorativo entra in maniera incisiva in famiglia, e anche se i familiari dei professionisti sanitari sono consapevoli del valore e dell’importanza del lavoro “missione” svolto, conoscono poco le dinamiche e il clima lavorativo a causa di una reciproca chiusura al dialogo su questo argomento. Percepiscono però bene la sottrazione del tempo-famiglia da parte del tempo-lavoro, e ne rivendicano il diritto.

La chiusura al dialogo sembra iniziare dal lavoratore stanco al momento del ritorno a casa e viene percepita dai familiari non come un rinvio al dialogo sull’argomento, ma come un tabù da non indagare e per questo si innesca un circolo vizioso che porta ad una totale mancanza di confronto e conforto familiare da parte del sanitario e una mancanza di conoscenza reale del familiare sui problemi lavorativi pratici e sulle pressioni dirette ed indirette presenti nell’ambito lavorativo. Ne deriva così una totale mancanza di “simpatia” ed “empatia”, nonché’ di un possibile aiuto dall’esterno.

proposte

Il sanitario da parte sua vive una situazione di stress emotivo, burocratico, fisico, relazionale, con sovraccarico di mansioni e responsabilità tale che, l’esaurimento della forza mentale, si trasforma in una totale spossatezza fisica.

Ecco perché’ una sanità pubblica “a misura di lavoratore”, per un miglioramento del clima lavorativo e la trasformazione in “smart hospital”, deve provvedere a fornire ambulatori di supporto psicologico e sportelli di ascolto per far fronte al distress lavorativo del sanitario; ma anche attività ricreative fisiche (palestra interna, uso agevolato di piscine comunali, corsi di yoga, pilates) e mentali (mindfulness, laboratori di musica, di pittura, di medicina narrativa) , negli intervalli lavorativi o nel dopolavoro.

Incentivare la formazione del singolo, provvedendo direttamente a fornire corsi personalizzati e ritagliati sulle attitudini dell’individuo, oltre che il rilascio di bonus (assicurativi, sanitari, commerciali…) al raggiungimento degli obiettivi delle Units ospedaliere, potrebbero essere alcune soluzioni per rimotivare il lavoratore sanitario, alleggerire lo stress e “customizzare” la formazione e infine, generare valore in sanità.

conclusioni

La lettura e l’analisi attenta delle narrazioni mi hanno fatto capire come professionista e responsabile della SOS di Oncologia, quale clima lavorativo drammaticamente comune ci troviamo ad affrontare e quale “peso” portiamo e trasportiamo nelle nostre famiglie, tanto da essere spesso giudicati in maniera impropria per il nostro atteggiamento.

Da qui è nata l’esigenza, da una parte, di rivedere i miei comportamenti in famiglia, attraverso nuove aperture al dialogo e maggior disponibilità ai bisogni da soddisfare come madre e moglie e, dall’altra, di proporre soluzioni generali e personalizzate nella SOS, per migliorare il clima lavorativo e rimotivare il prima possibile tutti i professionisti sanitari che collaborano con me per un buon servizio oncologico a “misura di paziente”.

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