Riprendere fiato: le voci dei pazienti di un reparto di pneumologia riabilitativa – di Donata Cristina Meda e Chiara Grasso

Project Work realizzato nell’ambito del Master in Medicina Narrativa Applicata Ed.XIII

di Meda Donata Cristina e Grasso Chiara fisioterapiste

In ambito fisioterapico un ruolo fondamentale lo riveste l’aderenza del paziente al progetto riabilitativo; tuttavia quando questi è affetto da una patologia cronica, spesso viene meno la motivazione alla prosecuzione autonoma al domicilio di quanto impostato durante il ricovero. 

Nel contesto della riabilitazione respiratoria rivolta a pazienti con patologie croniche pneumologiche è ampiamente documentata in letteratura la scarsa aderenza domiciliare alle cure che, per questi pazienti, consistono non solo nella corretta assunzione della terapia inalatoria farmacologica, ma anche nel mantenimento costante di un adeguato livello di attività fisica, definito da specifici criteri (esercizio funzionale e allenamento terapeutico). 

Tra le possibili cause della scarsa aderenza potrebbero esserci da parte del paziente aspettative in parte o totalmente disattese rispetto al percorso riabilitativo e il mancato emergere di idonee strategie di coping. Concretamente si rende necessario porre maggior attenzione sugli obiettivi di vita del paziente che deve convivere con la patologia e non solo sugli outcome riabilitativi. La medicina narrativa fornisce gli strumenti per far sentire al clinico, direttamente dalla voce del paziente, le sue aspettative e le eventuali criticità legate al ricovero, l’impatto della patologia nella quotidianità e la sua visione del futuro; tutti questi elementi sono utili per colmare il divario tra le prospettive del clinico e del paziente e favorire così l’aderenza ad un progetto riabilitativo realmente condiviso. 

Partendo da queste premesse è stato avviato un progetto pilota di raccolta e analisi di narrazioni di pazienti con patologie respiratorie croniche presso il POR INRCA di Casatenovo (LC).

Nel progetto sono stati coinvolti sette pazienti, di cui quattro uomini e tre donne, ricoverati per ciclo riabilitativo nel periodo marzo-aprile 2023; di questi due erano al primo ricovero riabilitativo, gli altri cinque erano invece già noti al servizio; tre di loro erano in ossigenoterapia (OTLT) e sei presentavano delle comorbilità.

A ciascun paziente sono state proposte due tracce narrative semistrutturate, rispettivamente all’inizio e al termine del ricovero, con degli stimoli narrativi riguardanti principalmente il vissuto di malattia fino al momento dell’ingresso in reparto, le aspettative e il vissuto del ricovero stesso, le prospettive sul futuro al rientro a casa.

Interessante è notare come da tutte le narrazioni analizzate emergano emozioni positive all’inizio del ricovero, in particolare la fiducia, mentre al termine del percorso si ritrovino da una parte serenità ottimismo in chi ha viste soddisfatte le proprie aspettative, dall’altra paura rabbia in chi ha invece ottenuto risultati diversi da quelli attesi. Altrettanto interessante è evidenziare come non sempre questo risultato narrativo ricalchi il risultato clinico e come alcuni pazienti si sentano poco soddisfatti pur a fronte del raggiungimento di un buon outcome riabilitativo, o viceversa molto soddisfatti nonostante i risultati clinici siano meno brillanti. Parallelamente le storie dei pazienti che hanno percepito un esito positivo del ricovero presentano elementi di restitution che, nel contesto riabilitativo, assumono un significato particolare: il paziente qui non cerca la guarigione dalla patologia, quanto piuttosto un recupero funzionale che faccia in modo che la malattia non impatti in modo significativo sul proprio stile di vita e sulle proprie possibilità di partecipazione sociale. 

Contestualmente infatti tra le tematiche emerse più frequentemente dalle narrazioni analizzate si ritrovano proprio l’inserimento nella vita sociale e famigliare (partecipazione, isolamento, supporto da parte degli affetti), l’autonomia (indipendenza e dipendenza) nelle attività della vita quotidiana e l’empowerment, inteso come la capacità del paziente di farsi carico in modo consapevole e costruttivo della gestione della propria storia di malattia. 

Per quanto riguarda le risorse di coping, nel caso delle persone che hanno già affrontato ricoveri riabilitativi in precedenza ottenendo benefici, emergono prevalentemente strategie di coping orientato sul problema (problem solving): sono pazienti che generalmente proseguono il percorso impostato anche al domicilio e programmano per tempo i controlli ed il ricovero riabilitativo successivo. Solo dalla narrazione di un paziente già noto al servizio che, a differenza delle volte precedenti, in questo ricovero non aveva ottenuto benefici riabilitativi a causa di un peggioramento significativo del quadro clinico, emerge invece uno stile di coping centrato sulle emozioni, in quanto il paziente trova proprio nella rete familiare il supporto emotivo necessario per vedere il futuro meno difficile. 

D’altra parte da alcune narrazioni emerge come non sempre il contesto familiare e sociale sia di supporto; al contrario infatti spesso il malato fatica a trovare un ruolo attivo, si percepisce come un peso e racconta di come esista ancora un forte stigma sociale, legato soprattutto ad alcuni aspetti particolari della patologia, primo fra tutti la necessità di utilizzare un supporto di ossigeno nella vita quotidiana.

(…) Oggi questa malattia mi fa sentire impotente, perché i polmoni non si possono “comandare” a piacere, rabbiosa, limitata e privata della mia libertà di fare e agire. La cura per me è molto pesante. Stare in ossigenoterapia fa forzatamente sentire che fondamentalmente si è malati e dipendenti(…) Molte amicizie sono scomparse, il malato non essendo più autosufficiente diventa un peso e crea disagio. Ostacolando non poco. Pertanto poche amiche ma buone. Per la mia famiglia la malattia è un peso, come sopra. Mal sopportata, essendo costretta alla convivenza perché al momento non mi forza, i litigi sono all’ordine del giorno. Una vita da dimenticare. Ma alla quale per ora adattarsi poi si vedrà. Avevo grosse aspettative, si era parlato di togliere l’ossigeno. Ero fiduciosa. Si è sgretolato tutto come neve al sole. Ripreso l’ossigeno notturno, sotto sforzo ecc. non ho perso la fiducia in chi mi ha in carico (…) Vorrei fosse un brutto sogno. Vorrei ritornare ad essere indipendente, anche se mi prospettassero pochi anni davanti. Ma vissuti da persona malata nella normalità (…)

In conclusione, in un’ottica di costante miglioramento dei processi di cura, sarebbe utile estendere questo tipo di esperienza narrativa a tutti i pazienti ricoverati che lo desiderino. Questo permetterebbe ai clinici di conoscere meglio non solo le aspettative del paziente, ma anche le fragilità da sostenere maggiormente e i punti di forza su cui far leva per favorire un coping efficace, dedicando eventualmente, quando la situazione lo richiede, maggiori risorse al supporto educazionale del paziente e aiutando questi a trovare le strategie migliori per minimizzare l’impatto della malattia nella vita quotidiana.

Grazie al dott. Colombo per il costante sostegno alla formazione degli operatori e alla dott.ssa Fumagalli per aver creduto e supportato questo progetto.

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