Intervista a Pisana Ferrari – presidente di AIPI (Associazione Ipertensione Polmonare Italiana)

Pisana Ferrari AIPI
Pisana Ferrari AIPI

Il progetto La narrazione di storie di persone con ipertensione polmonare è nato dall’opportunità di collaborazione tra l’Area Sanità e Salute di Fondazione ISTUD e l’Associazione AIPI, ed è stato realizzato col contributo non condizionato di Bayer.

L’obiettivo è stato quello di valorizzare 131 narrazioni di persone con ipertensione polmonare raccolte negli anni da AIPI: questo, attraverso la loro analisi e interpretazione, con lo scopo di comprendere il vissuto emotivo e relazionale del paziente e analizzare il percorso di cura, le interazioni con il personale e le strutture di riferimento.

Pisana Ferrari è presidente di AIPI (Associazione Ipertensione Polmonare Italiana), associazione nata nel 2001 da un gruppo di pazienti affetti da ipertensione arteriosa polmonare in cura presso il Policlinico S. Orsola di Bologna.

P.F. L’Associazione ha l’obiettivo di dare un supporto di vario tipo ai pazienti e loro familiari: informativo, psicologico, di consulenza previdenziale per invalidità civili, di creazione di occasioni di incontro e attività sociali. Abbiamo una rivista trimestrale, “AIPI News”, che è insieme un diario dell’associazione (con la cronaca e il diario delle attività), un filo diretto con i soci (attraverso biografie, lettere, disegni, poesie e racconti), e una fonte di aggiornamento scientifico sugli sviluppi nel campo della ricerca per l’ipertensione polmonare. Abbiamo fatto diverse pubblicazioni, le ultime due: una pubblicazione sul cuore polmonare cronico tromboembolico, una delle varie forme di ipertensione polmonare e una sul trapianto polmonare. Abbiamo redatto un manuale sull’ipertensione polmonare, con informazioni sulla malattia, testimonianze di pazienti, e consigli pratici per la vita di tutti i giorni; una “Guida agli aspetti emotivi della malattia”; la pubblicazione “Consigli pratici per la vita di tutti i giorni” e un opuscolo sulle normative. L’Associazione ha anche istituito un fondo per coprire le spese di trasferte per le visite specialistiche e altre inerenti la malattia per pazienti in difficoltà economiche, per aiutarli anche ad affrontare situazioni di disagio e di difficoltà. Come Associazione siamo presenti anche sui social media, che per noi sono un’altra occasione di incontro, scambio e condivisione tra pazienti.

D. Rispetto alla sua esperienza, come considera l’utilizzo della Medicina Narrativa?

P.F. La Medicina Narrativa è una forma di espressione in cui ho sempre creduto, ancora prima che si chiamasse così. Già nel 2003 abbiamo infatti iniziato a raccogliere storie di pazienti. Nel frattempo, si stava facendo strada l’idea della Medicina Narrativa. Io mi sono ammalata nel 1988, anno in cui non c’erano né farmaci né trapianti, e non conoscevo nessun altro malato nella regione in cui vivevo. Sapere da altri il vissuto della malattia è importantissimo: per chi legge, perché può capire meglio i problemi; per chi scrive, perché ha valore terapeutico, nel senso che aiuta a fare ordine nella mente, cercare di vedersi da fuori, ricostruire un percorso. Ha valore per entrambi, e anche per i medici, che possono capire meglio le cose di cui i pazienti non parlano. E questo può contribuire a migliorare il rapporto medico-paziente. Le narrazioni forniscono informazioni utili: uno studio come quello di Fondazione ISTUD dà dati concreti, e questi elementi possono essere sfruttati per migliorare i percorsi terapeutici. Vi è un’utilità anche per il Servizio Sanitario Nazionale, per capire l’aderenza al trattamento, per evitare gli sprechi: girare da un ospedale all’altro non ha risvolti pratici ed economici solo per il paziente, ma anche per il Sistema Sanitario.

D. Che impatto può avere la Medicina Narrativa nell’organizzazione della cura e nel rapporto tra clinici e associazioni?

P.F. All’incontro che abbiamo fatto nel dicembre 2015 insieme a Fondazione ISTUD è venuto uno dei massimi specialisti a livello mondiale di ipertensione polmonare: questo è un successo, e può dar luogo a sviluppi interessanti. Prima si diffidava del fatto che una raccolta di storie, analizzata con degli strumenti di elaborazione, potesse fornire dati concreti e migliorare il rapporto tra medici e pazienti. Questo entusiasmo promette bene. Inoltre, il report finale del progetto sarà molto importante per dare una diffusione anche a livello scientifico. Insieme, abbiamo portato avanti uno studio che è molto bello, che dà informazioni utili e interessanti: ora, dobbiamo vedere come usarle al meglio in un’ottica di miglioramento.

D. Per la sua esperienza, si riconosce nelle evidenze emerse dall’analisi delle storie?

P.F. Certamente, rivedo me stessa, le mie difficoltà nel trovare informazioni sulla malattia o altri pazienti con cui confrontarmi, il mio senso di isolamento, le mie paure e incertezze, il sollievo nell’avere infine trovato il centro medico giusto, e così via.

D. Come la Medicina Narrativa può creare sostenibilità in sanità? 

P.F. La Medicina Narrativa può portare a migliorare la pratica clinica e il rapporto medico-paziente, con conseguenze positive anche sulla aderenza al trattamento e migliore gestione della malattia da parte del paziente. Questo a sua volta può ridurre sprechi per visite e/o ricoveri inutili. I dati ricavati dalla Medicina Narrativa possono permettere di valorizzare e condividere le best practices in sanità. E’ un campo ancora in fase di sviluppo di cui non si apprezza appieno il valore ma che – a mio avviso – ha grandissime potenzialità future.

 

Alessandra Fiorencis

Laurea magistrale in Scienze Antropologiche ed Etnologiche presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzata nel campo dell’antropologia medica, ha condotto attività di formazione a docenti, ingegneri e medici operanti in contesti sia extra-europei che cosiddetti “multiculturali”. Ha partecipato a diversi seminari e conferenze, a livello nazionale e internazionale. Ha lavorato nel campo delle migrazioni e della child protection, focalizzandosi in particolare sulla documentazione delle torture e l’accesso alla protezione internazionale, svolgendo altresì attività di advocacy in ambito sanitario e di ricerca sull’accesso alle cure delle persone migranti irregolari affette da tubercolosi. Presso l’Area Sanità di Fondazione ISTUD si occupa di ricerca, scientific editing e medical writing.

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