Metafore in Sanità: Fra necessità di comprensione e stimoli ad implementare la consapevolezza

Le metafore sono un costrutto ben radicato all’interno della nostra società, e che non è relegato solo ai regni della poesia e della letteratura, bensì patrimonio collettivo globale. Nonostante le resistenze in ambito sanitario, le società di divulgazione scientifica e documentaristi hanno già da molti anni compreso l’efficacia dello strumento retorico e hanno introdotto nel linguaggio comune immagini esplicative quali ‘il cervello funziona come il software di un computer’, ‘l’atomo è strutturato come il sistema solare’, ‘la luce è come un’onda’; esemplare, è la definizione di ‘gene egoista’ utilizzata per spiegare alcuni tratti distintivi della teoria di Darwin. Recentemente, sono state individuate le aree cerebrali coinvolte nella creazione e nella comprensione di metafore, attraverso l’applicazione delle neuroscienze. Nonostante, i risultati di queste ricerche possano apparire molto complessi e di difficile intuizione anche a soggetti con una forte conoscenza scientifica, possiamo ricondurre l’attivazione cerebrale per la creazione di metafore ‘alla partenza per un meraviglioso viaggio’, utilizzando una metafora a sua volta. Infatti, Beauty et al (2017) spiegano in maniera molto rigorosa che 35 soggetti fra i 20 e i 25 anni, sottoposti a risonanza magnetica funzionale durante la creazione di una nuova metafora hanno creato network associativi fra diverse aree del cervello, dapprima aree denominate di ‘default’, poi regioni relative al pensiero divergente, detto anche creativo-spontaneo, e infine aree del ‘controllo esecutivo’. Ora proviamo a rappresentarlo in questo modo:  accendi l’automobile ma non parti (attivazione delle aree di default), cominci ad immaginare il meraviglioso viaggio (regioni del pensiero divergente) e infine acceleri e guidi (aree del controllo esecutivo) [1].

Nell’immaginario collettivo, due degli organi più importanti del nostro corpo, cervello e cuore, vengono spesso associati rispettivamente alle sfere della relazionalità e della passione. La simbologia legata a questo dualismo è talmente radicata nelle nostre vite, che spesso ci dimentichiamo del fatto oggettivo che si tratti solo di una metafora, una figura retorica comune nel linguaggio quotidiano. Allontanandosi dunque dal concetto che le metafore siano utili solo nel linguaggio figurativo e artistico, numerosi sono gli studi a dimostrazione del valore delle metafore in comunicazione e formazione, tanto da essere definite da anni come un ‘teaching device’, un presidio di insegnamento [2]. Esse infatti sono considerate sia strumento linguistico che concettuale, la cui applicazione può essere utile per comprendere più profondamente anche concetti difficili, attraverso nuove e differenti prospettive e, di conseguenza, anche per modificare l’atteggiamento del prossimo su eventuali argomenti di particolare complessità.

È stato dimostrato che i vantaggi dell’introduzione di un linguaggio più affine alla ‘persona’, ricadrebbero su tutti gli attori coinvolti nella relazione di cura, pazienti e famiglie, e professionisti di cura. Da un lato, infatti, il provider di cura potrebbe usufruire di questo strumento per migliorare l’informazione ai propri pazienti sulle procedure mediche, sul regime terapeutico, e sulle conoscenze cliniche relative alle condizioni di salute del paziente e sulla patologia. Dall’altro lato, il paziente sarebbe in grado di far meglio comprendere al proprio curante il proprio vissuto con la malattia, favorendo il raggiungimento di una diagnosi in tempi più rapidi, facilitando il monitoraggio della progressione della patologia, e ottenendo una migliore condivisione del piano terapeutico [3]. A conferma di ciò, in un recente studio, Steen et al. (2008) hanno identificato le ‘tre dimensioni del modello delle metafore’ in ambito sanitario: la principale funzione dell’uso di metafore in sanità è quella ‘nominale’, in cui lo scopo è quello di spiegare la definizione della terminologia medica (livello di terminologia); l’inquadratura’, quando lo scopo è far comprendere più approfonditamente concetti complessi, come ad esempio, i meccanismi di patogenesi (livello di linguaggio); ‘cambiamento di opinione’, a livello per motivare e convincere ad una migliore aderenza terapeutica e migliore stile di vita (livello comunicativo).

Nonostante queste caratteristiche rendano la metafora perfetta per la comunicazione medico-scientifica, poca attenzione e pregiudizio sono ancora rivolti a questo strumento in Sanità. Le obiezioni spesso rivolte all’utilizzo delle metafore nella comunicazione professionale al paziente, spesso riconducono all’utilizzo di un linguaggio ritenuto ‘inappropriato’ o ‘impreciso’. In particolare, il tema dell’ ‘appropriatezza’ delle metafore da utilizzare è tuttora controverso nella comunità scientifica. Tuttavia, è diffusamente riconosciuto che stabilire l’efficacia argomentativa del linguaggio simbolico è il fattore chiave per l’accettazione e l’introduzione della metafora in Sanità. In alcuni casi, ad esempio con pazienti che soffrono di Disordine da Spettro Autistico (ASD), spesso è sconsigliato l’uso di un linguaggio simbolico poiché potenzialmente fonte di incomprensione in quanto le persone autistiche considerano “letteralmente” i testi. Inoltre, molte campagne di Awareness su patologie poco note ai più nelle loro conseguenze seppur molto comuni nella popolazione, come lo scompenso cardiaco, spesso additano l’uso di locuzioni come ‘cuore debole’ per definire la malattia, in quanto possibili fonti di scarsa consapevolezza nei pazienti [4].

In tal senso, la Medicina Narrativa suggerisce fra l’altro al professionista sanitario un approccio linguistico più vicino alla persona e un ascolto più attento e comprensivo anche sul vissuto di malattia, attività che potrebbero essere implementate con lo strumento simbolico. Attraverso l’approccio narrativo di ricerca, sono stati identificati nel linguaggio comune le metafore che alludono alla sfera della medicina in generale [5]. Come da anni ha riscontrato anche Fondazione ISTUD, la classificazione più ricorrente relativa al vissuto di malattia (sfera illness) è quella legata alla sfera della ‘battaglia contro la malattia’, mentre per riferirsi alla malattia, o patologia, si fa più spesso riferimento al mondo dell’ingegneria, della ‘macchina rotta’ (sfera disease); infine, il medico è spesso visto come un ‘genitore accudente’ nei confronti del proprio assistito (sfera delle relazioni). I progetti portati avanti dall’Area Sanità e Salute di Fondazione ISTUD confermano quanto riscontrato in letteratura, e aggiungono interessanti dettagli per l’introduzione pratica di un linguaggio più efficace e vicino al paziente (Progetto FARO); inoltre, successivamente alla partecipazione al Master in Medicina Narrativa Applicata, gli stessi professionisti hanno scoperto e riscoperto il valore di questo strumento linguistico, dedicando il loro intero project work sull’argomento (‘La percezione della malattia attraverso la narrazione: stigma e metafore’).

Il suggerimento è quindi di trarre insegnamento dalle Medicina Narrativa e applicarla anche nel settore Sanità, al fine di riavvicinare il professionista e il suo linguaggio tecnico alla persona-paziente dai termini semplici e quotidiani, aiutando a stabilire relazioni di cura più efficaci.

 

 

 

 

 

[1] Beauty RE, et al. Brain networks underlying novel metaphor production. Brain and Cognition 111 (2017) 163–170

[2] Ortony, Andrew. “Why Metaphors Are Necessary and Not Just Nice 1.” Educational theory 25.1 (1975): 45-53.

[3] Gatti V. et al. Enlightening chronic obstructive pulmonary disease through patients’ and caregivers’ narrativesInt J Chron Obstruct Pulmon Dis. 2018 Oct 5;13:3095-3105. doi: 10.2147/COPD.S172214. eCollection 2018.

[4] Selan S. et al. Self-awareness of heart failure in the oldest old-an observational study of participants, ≥ 80 years old, with an objectively verified heart failureBMC Geriatr. 2016 Jan 20;16:23. doi: 10.1186/s12877-016-0195-4.

[5] Coulehan J. Metaphor and medicinenarrative in clinical practice.Yale J Biol Med. 2003;76(2):87-95.

 

 

Silvia Napolitano

Ricercatrice dell’Area Sanità e Salute di Fondazione ISTUD. Laurea Magistrale in Biotecnologie Industriali presso l’Università di Milano-Bicocca, Master Scienziati in Azienda presso Fondazione ISTUD. Esperta di Medical Writing con una declinazione nelle aree di ricerca qualitativa e Medicina Narrativa. Collabora su progetti di ricerca, formazione e sviluppo aventi per oggetto il miglioramento della qualità di vita e di cura di pazienti affetti da patologie genetiche o croniche.

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