LINEA – PUNTO – LINEA: VOCI E SGUARDI DI CURA PER LA MACULOPATIA – di Cristina Maselli

Project Work realizzato nell’ambito del Master in Medicina Narrativa Applicata Ed. XII

di Cristina Maselli, Medico Oculista

La relazione con il mondo che ci circonda si nutre di scambi che avvengono grazie ai diversi canali sensoriali; attraverso quello visivo transitano molte delle informazioni che consentono la ricezione, la fruizione e la condivisione di buona parte delle attività che contribuiscono a costruire la rete che connette un individuo ai suoi simili e all’ambiente in cui vive e buona parte delle attività sociali e culturali utilizza l’immagine come strumento primario.

Numerose sono le patologie oculari, congenite o acquisite, capaci di compromettere significativamente la funzione visiva e di indurre una minore autosufficienza e un maggior isolamento nella popolazione colpita creando problematiche individuali e sociali assai rilevanti il cui peso è destinato ad aumentare per l’allungamento della vita media che non sempre corrisponde ad un reale mantenimento della sua qualità.  

L’ipovisione è un territorio dai limiti sfumati e fluidi, una specie di “terra di confine” un terreno instabile e destabilizzante che sta tra il vedere e il non vedere affatto: le persone ipovedenti vivono “sul bordo”, camminano in bilico sul filo del buio. 

Vivono un mondo indistinto fatto di macchie e di linee deformate, dove ogni giorno si sperimentano sentimenti di precarietà, tra speranza e sconforto, un’incertezza che spesso coinvolge non solo le persone affette ma anche quelle che con loro entrano in relazione e che non sempre sono in grado di comprenderne pienamente le difficoltà, con ripercussioni sulla sfera relazionale, affettiva e professionale. 

OBIETTIVI

“LINEA-PUNTO-LINEA” è un progetto di Medicina Narrativa Applicata dedicato a tutti coloro che, in modo più o meno diretto – in veste di pazienti, caregivers o professionisti sanitari – convivono con la maculopatia valorizzando la dimensione umana, emotiva e relazionale dell’esperienza: difficoltà e timori, aspettative, gioie e delusioni. 

Il Progetto ha provato a creare uno spazio di ascolto per i Pazienti, per i loro familiari e per le Dottoresse, le Infermiere e le Ortottiste impegnante ogni giorno nella relazione di Cura. Un luogo dove potessero co-abitare le parole e intrecciarsi le storie che raccontano il “vivere con la maculopatia”, una speciale cassa armonica che fa risuonare le voci di tutti, ciascuna con il proprio registro.

PERCHE’ IL TITOLO “LINEA-PUNTO-LINEA”?

  • Perché la Medicina Narrativa (NBM) è una forma di pensiero e di condotta, una postura terapeutica che si affianca ai principi della Medicina Basata sulle Evidenze (EBM) e ad essa s’interseca per meglio esplorare la geografia misteriosa della malattia e per aggiungere LINEE alla mappa di mondi tanto complessi. Considerando sempre che il PUNTO centrale dell’atto di Cura è il benessere di pazienti, caregivers e operatori sanitari
  • Perché la storia di ciascun singolo paziente è il PUNTO ma è inscindibile da quella di coloro che lo circondano e in qualche modo sono e fanno sostegno, da LINEA di “sponda” 
  • Perché la comparsa di PUNTI e “macchie”, aree scotomatose nel campo visivo centrale, e la distorsione delle LINEE sono i sintomi di esordio della maculopatia, inizialmente indagati con il test di Amsler che di punto e linee è composto
  • Perché il PUNTO in rilievo è l’elemento della scrittura Braille, strumento che consente di comunicare alle persone ipovedenti o totalmente cieche 
  • Perché il PUNTO e la LINEA sono gli elementi costitutivi del Codice Morse, largamente condiviso. Il segnale di SOS, (tre punti, tre linee e ancora tre punti) lanciato in forma scritta, luminosa o sonora, è drammatica richiesta d’attenzione e d’aiuto e spesso possibilità di salvezza. Queste 27 storie sono luci che si accendono nel buio

DOVE

Il Progetto si è sviluppato grazie alla disponibilità dell’Ambulatorio Retina Medica U.O.C. di Oculistica dell’Ospedale di Montecchio Maggiore (Aulss 8 –Vicenza) con Direttore la Dott.ssa Sandra Radin e dell’Ambulatorio di Oculistica del Centro Medico OTI CLINIC di Torri di Quartesolo (VI)

CON (e PER) CHI 

“LINEA-PUNTO-LINEA” ha raccolto e analizzato complessivamente 27 narrazioni di maculopatia, grazie al contributo: 

  • 12 Pazienti affetti da forme acquisite di maculopatia: maculopatia degenerativa senile neovascolare o atrofica, maculopatia miopica, maculopatia diabetica e altre forme più rare
  • 9 Caregivers, tutti familiari dei pazienti 
  • 6 Professionisti Sanitari: 2 Medici Oculisti, 2 Infermiere, 2 Ortottiste-Assistenti in Oftalmologia

RACCOLTA DELLE NARRAZIONI

Le narrazioni sono state raccolte attraverso l’approccio metodologico della Medicina Narrativa utilizzando gli strumenti dell’intervista narrativa (per i Pazienti in difficoltà a scrivere per la compromissione della funzione visiva dovuta alla patologia) e della narrazione scritta semi-strutturata per i Caregivers e il Personale Sanitario. Per permettere ai partecipanti di sentirsi a loro completo agio nella condivisione della propria storia, la modalità di default era flessibile ed è stata prevista per ciascun gruppo una doppia traccia narrativa – per intervista e per narrazione scritta – in modo da consentire a tutti la scelta in base alle proprie risorse e alla dimestichezza con lo strumento della scrittura. 

COSA CI RACCONTANO LE STORIE DEI PAZIENTI?

IL BISOGNO DI DIREper i pazienti è stato importante poter raccontare le proprie difficoltà in un contesto diverso da quello del breve colloquio anamnestico nel corso delle visite di controllo, di avere la possibilità di uscire dal territorio della disease e entrare in quello della illness. Non essere solo un corpo da indagare e curare ma anche una VOCE da ascoltare, PAROLE da custodire.

  • “E’ una soddisfazione poter parlare e che ci sia qualcuno che ascolta”
  • “E’ la prima volta che qualcuno mi chiede di raccontare dei miei occhi, è andata bene ed è stato come parlare con una amica e non con una dottoressa.”
  • “E’ la prima volta che qualcuno mi chiede di parlare dei miei occhi e mi sono sentita felice
  • E’ stata la primissima volta che mi è stato chiesto di parlare della malattia dei miei occhi e non l’ho trovato per niente invadente. Anzi, se serve, sono disponibile perché penso che tante con tante persone messe insieme si può arrivare più facilmente ad un risultato…Speriamo che raccontare possa servire a qualcuno

TI RACCONTO COSA HO PERSO…

  • “La vita è diventata molto più complicata…A non vedere bene è come se avessi perso dieci anni di vita“
  • “Oggi non mi sento mica bene, non sono più autosufficiente. Dipendo.”     
  • “ la mia vita adesso è tutto un no: “non fare”, “non andare”…  Evito tutto…”
  • Non riesco più né a leggere né a scrivere…le righe si confondono…”
  • Mi piaceva andare in orto ma adesso non vogliono più che io usi la zappa perché dicono che zappo dove loro hanno seminato…non vedo più la differenza tra l’erba e la pianta…”
  • Mi piaceva cucire, mi facevo i grembiuli e tutta la roba personale e adesso bastaneanche dare un punto, neanche attaccare un bottone
  • Non riesco più a guidare ed è qualche mese che non ci provo più…”
  • le facce le vedo male, la parte degli occhi la vedo con macchie e la parte sotto la vedo tutta deformata, vedo un vuoto quasi…”
  • “Se entra qualcuno in casa non lo riconosco e devo chiedere: “Dimmi chi sei?” perché non ho più la possibilità di riconoscere nessuno”
  •  “… nello specchio, anche con gli occhiali, io non mi vedo…”

…MA ANCHE COME PROVO A CONVIVERE CON LE MIE DIFFICOLTÀ 

  • “Attualmente la distorsione visiva è contenuta … una situazione stazionaria. I miei occhi di oggi sono stanchi ma desiderosi di vedere e vivere…”
  • “Oggi la situazione è stabile, ho ripreso… le attività quotidiane e lavorative, pur con le limitazioni delle mie capacità visive. Conduco una vita normale, so che più di tanto non posso vedere e l’ho accettato con serenità”

TI RACCONTO COME PENSO AL FUTURO…

…IN NEGATIVO

  • “…a volte, di notte, faccio le prove mi muovo senza mai accendere la luce perché penso che devo abituarmi all’idea…”
  • “Io penso questa cosa ma non l’ho mai detta a nessuno: penso che con il tempo non ci vedrò più…”

…IN POSITIVO

  • ”ho imparato di vivere alla giornata cogliendo tutte le sfaccettare della vita e quando penso al futuro sono fiduciosa che qualcosa succederà e non è detto che il buio mi avvolga”
  • ”Ho molta fiducia nella scienza e nei progressi che potrà ancora fare”

IL BISOGNO DI SAPERE e di essere informati: nel 50% delle narrazioni raccolte è rintracciabile qualche riferimento al “non sapere nulla della maculopatia”, soprattutto al momento della diagnosi, con reazioni di disorientamento, sorpresa e paura dovute alla mancanza di informazioni circa l’esistenza di questo tipo di patologia . Questo sottolinea la necessità di proseguire l’impegno con le campagne di informazione e sensibilizzazione della popolazione e sul possibile contributo della Medicina Narrativa nel far emergere questo tipo di bisogni. 

  • Se io avessi saputo prima che cosa stava succedendo al primo occhio non avrei aspettato. Se avessi avuto informazioni…Ecco perché sapere è potere.”
  • “All’inizio non sapevo neppure cosa fosse la maculopatia…”
  • “Io non ho studiato e non sapevo niente di questa storia della maculopatia”
  • “Sapevo di avere una retina malata ma di maculopatia non ne sapevo niente…”

COSA CI RACCONTANO LE STORIE DEI FAMILIARI?

I familiari raccontano l’impegno richiesto dalla relazione di Cura, lo sforzo di conciliare la propria vita personale con il ruolo di caregiver e i bisogni del proprio caro. Emerge la capacità di adattamento soprattutto in caso di situazioni complicate dalla coesistenza della maculopatia con altre patologie sistemiche in grado di compromettere pesantemente le autonomie generali e alcuni sentono il bisogno di creare “zone protette” all’interno delle quali poter rinsaldare le relazioni affettive. I familiari parlano delle loro emozioni, della fiducia nelle risorse della Medicina e della gratitudine per il lavoro dei professionisti sanitari.

  • “…io per ora sono condizionato al 100%. Lo faccio volentieri ma preferirei poter fare altre cose. In questo momento mi sto dedicando…perché non c’è altra strada. Adesso devo anche scegliere le cose che faccio, pensando prima che non mi possa succedere qualcosa, c’è una responsabilità…sono convinto che dentro di me è qualcosa che lavora, che mi crea un po’ di ansia…
  • ”…quando fai la spesa e vedi che lei non riesce a distinguere un prodotto dall’altro, o una pastiglia, o un piatto, è molto triste…”
  • “Oggi io so che papà è seguito e quindi mi sento tranquilla, la mia vita è quasi normale…”
  • “Abbiamo provato a far scorrere la nostra vita sugli stessi binari di prima…”
  • Spero che nel futuro le cure che sta facendo possano servire a non fare peggiorare la sua vista…”
  • “Per il futuro io ho imparato – e voglio tenerla come regola personale – a non guardare troppo lontano. Ogni mattina mi sveglio e dico: “Guarda che bella giornata”, ci abbracciamo e ci baciamo e sono contento perché domani non lo so cosa possa succedere a lei e a me. […]

Qualsiasi strada che tu puoi pensare per il futuro vedi che ormai è molto precaria. Quindi io in questo momento punto tanto sullo stare bene assieme, sul creare quel clima chiamiamolo di “comfort zone” che è l’unica cosa a cui adesso possiamo aspirare…”

COSA CI RACCONTANO LE STORIE DEI PROFESSIONISTI SANITARI? 

Un team di lavoro tutto al femminile: le loro parole hanno raccontato di una grande empatia e, accanto alla necessità di preparazione tecnica e di efficienza organizzativa, tra le righe ha brillato netta e tangibile la vocazione alla Cura:

 CURA E’… ASCOLTO E EMPATIA

  • “Ogni paziente ha la sua storia…ognuno affronta la malattia in modo diverso e sta a noi professionisti sanitari riuscire a comprendere il paziente in modo da poterlo accompagnare nel suo percorso di cura nel modo più personalizzato e rassicurante possibile”
  • “Penso che i pazienti da me si aspettino innanzitutto di essere presi in considerazione come persone, quindi trattati con gentilezza e rispetto…”
  • “Cerco di non essere solo un’oculista, limitandomi alla cura della patologia, spesso mi ritrovo nelle vesti di psicologa, l’orecchio amico che ascolta, rassicura, non illude, ma non toglie mai la speranza”

CURA È… FATICA PSICO-FISICA: CURARE I CURANTI

Le narrazioni sono state anche l’occasione per sottolineare come l’impegno intellettuale sia sempre accompagnato da quello fisico ed emotivo e per far emergere il disagio che talvolta accompagna la relazione di Cura.  Dottoresse, Infermiere ed Ortottiste hanno tutte affrontato il tema delle emozioni, quasi fosse una sola voce “collettiva” a parlare, esprimendo il desiderio di avere più tempo a disposizione con i pazienti e la necessità di acquisire competenze e strumenti per la gestione delle emozioni che nascono dal rapporto con i pazienti. 

Ancora una volta la pratica della Medicina Narrativa può aiutare a definire bisogni e pensare a progetti di formazione mirati al sostegno delle figure professionali coinvolte nell’atto di Cura per prevenire ed arginare il rischio di burn out.

  • “Curare le persone con maculopatia a me richiede un notevole impegno di risorse mentali…ed anche energie fisiche
  •  “Ci si sente impotenti, frustrati di fronte alle loro aspettative illuse…”
  • “…ripongono in noi la fiducia di poter migliorare le loro condizioni di vita […] di fronte a queste aspettative ci si sente un po’ investiti di un dovere che neanche ci appartiene, della necessità di far stare tutti il meglio possibile e di garantire soluzioni ed efficacia a tutti…”
  • “… con loro cerco di fare appello a tutta la pazienza che ho, respiro a fondo e li lascio sfogare…i monocoli e i giovani mi mettono alla prova ancora oggi con tale intensità che spessissimo il loro pensiero mi accompagna anche a casa oppure me ne ricordo di notte”
  • “… In quel momento non riuscivo a trovare le parole giuste per confortare la signora e mi sono limitata ad assistere alla scena senza proferire parola. Finita la giornata lavorativa, però, mi sono resa conto che mi sono lasciata trasportare dall’angoscia della paziente e che ciò ha influenzato negativamente il decorso della mia giornata”
  • “…vorrei riuscire ad individuare quali strategie per me è meglio adottare per poter ascoltare e comprendere le necessità dei pazienti in modo costruttivo, senza vivere i loro racconti personali come un peso ma come un arricchimento per poter gestire al meglio il loro percorso di cura”
  • “Personalmente soffro un po’ a causa della necessità di essere veloci nel seguire i pazienti prima e dopo l’iniezione […] Mi rendo conto che in questi ultimi tempi si ha ancora meno tempo per rispondere alle domande che i pazienti vorrebbero fare…”
  • “…ho avuto modo di occuparmi anche di ipovisione e riabilitazione visiva ed in questo ambulatorio il tempo delle visite si dilata, tutto ruota attorno alle esigenze e alle necessità pratiche del paziente e la fatica molto spesso è ripagata da sorrisi stupiti e riconoscenti di chi dopo tanto ricomincia a leggere. Lì c’è la mia rivincita: in ogni loro sorriso, in ogni  traguardo raggiunto, è ripagata la stanchezza fisica e psicologica. È il mio riscatto”

CONCLUSIONI

Ogni storia è una piccola stella che chiede di essere vista e questo Project Work ha cercato di renderle più luminose e “leggibili” e – come nelle mappe celesti – di connetterle per disegnare nuove costellazioni di Relazione dentro le galassie della malattia, per ridurre la distanza spesso siderale che separa il letto del paziente dalle scrivanie di Medici e Decisori.

“…Io credo ancora che i miei occhi
possano contenere un sistema solare, afferrare tutte le luci,
consegnare gli alfabeti al dottore
piccoli come atomi. Ma questo mondo è una macchia indistinta.
Sono rannicchiata al fondo della pagina, 
cercando di nascondere il mio buio. Ovunque io sia, 
ho aggirato ogni simbolo che posso nominare
e inciampo nei limiti della mia visione
dove le lettere sono illeggibili come stelle.”

(Nuala Watt, “The Eye Chart”)

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