il racconto che cura, tra fragilità e volo

Nel suo intenso Lo stormo dell’aquila, Donata Mary Potito scrive con la consapevolezza e il coraggio di chi ha vissuto, sofferto, amato e ha deciso di narrare.
È una testimonianza che, attraverso la potenza evocativa della scrittura, diventa atto di cura. Cura di sé, dell’altro, e della memoria. Il testo si presta perfettamente a una lettura secondo i principi della medicina narrativa, in cui la storia della malattia (e della guarigione) viene integrata alla biografia personale per ridare unità e senso all’esperienza vissuta.
Il libro si apre su una soglia: una scena sospesa tra la vita e la morte. Un incidente stradale che frantuma il tempo, il corpo e la certezza. In quei momenti liminali, quando la protagonista si perde tra voci, luci e ricordi, la narrazione si fa visione: la voce della madre, il richiamo dell’infanzia, la vertigine della perdita. Ma anche il suono lontano di una canzone di Battiato: “Le aquile non volano a stormi”. Una frase che attraversa tutto il libro e che ne diventa simbolo profondo.
L’aquila, emblema di solitudine e altezza, incarna la forza fragile del volo interiore. Le aquile, lo sappiamo, non si radunano, non si mimetizzano nel gruppo. Volano in alto, in solitaria, capaci di reggere le correnti del dolore e le gioie improvvise. È con questa consapevolezza che l’autrice ci accompagna nella sua narrazione: uno stormo di ricordi, sì, ma ognuno con il proprio battito, con la propria traiettoria.
Dopo il trauma iniziale, la protagonista – Marina – ripercorre la propria vita come se la rivedesse da un’altezza nuova, da quel crinale sospeso che la separava (e la riportava) alla vita. È qui che il racconto prende forma come narrazione terapeutica: ogni episodio è un frammento ricucito, una ferita raccontata, un nodo sciolto grazie alle parole.
Le relazioni rappresentano la struttura portante della sua esistenza: gli affetti familiari, le amicizie profonde, le complicità, i tradimenti. Il racconto di Peter – figura chiave e insieme metafora dell’amore passionale e complesso – non è al centro del libro in modo esclusivo, ma agisce come cassa di risonanza di altre dinamiche: il desiderio, la disillusione, la crescita. Il loro legame è presentato con onestà e poesia, senza cedere al sentimentalismo. Non c’è bisogno di rivelare gli esiti di quella storia per comprendere che ogni relazione importante lascia un segno, e che ogni crepa può trasformarsi in fessura di luce.
Ma Lo stormo dell’aquila è molto di più di una storia d’amore e di ferite. È anche e soprattutto un libro sulla cura: della propria interiorità, del corpo ferito, degli affetti rimasti. La protagonista è medica, ma diventa paziente. Da professionista della salute a donna fragile che affronta la malattia, il dolore fisico, la diagnosi oncologica. In questo doppio ruolo, il libro illumina una verità spesso dimenticata: chi cura ha bisogno, a sua volta, di essere curato. E non solo dal punto di vista clinico, ma anche esistenziale, affettivo, simbolico.
Il lettore entra così in un tessuto narrativo intimo, ma mai autoreferenziale. L’esperienza individuale si fa universale. Ogni pagina suggerisce che parlare della malattia non significa solo raccontare il corpo che cede, ma anche esplorare l’identità che cambia, il passato che riemerge, le priorità che si ridefiniscono.
In questo senso, il testo si fa medicina narrativa nel senso più autentico: non solo racconto di una malattia, ma racconto con la malattia. Una narrazione che aiuta la protagonista a dare ordine, voce e senso a un’esperienza traumatica, e che offre al lettore l’occasione di riflettere sulla propria.
La scrittura di Potito è limpida, ironica, a tratti lirica. I capitoli scorrono come onde: alcuni dolci e malinconici, altri rabbiosi e vitali. Le immagini del mare, della montagna, del vento e della solitudine si alternano a scene quotidiane e familiari. Non mancano passaggi ironici, né momenti di pura tenerezza – come quelli dedicati al cane Jung, autentico compagno di vita, presenza terapeutica al pari degli esseri umani.
“Lo stormo dell’aquila” è, in definitiva, un memoir coraggioso e profondo. Un libro che mostra come la scrittura possa diventare cura, come il corpo e la parola possano ricomporsi in un racconto. E come, anche nel dolore, si possa imparare a volare ancora.
Link al libro ›› Lo stormo dell’aquila