La Medicina Narrativa entra nel piano qualità di Fondazione Poliambulanza: intervista ad Elena Vavassori

La dottoressa Elena Vavassori
La dottoressa Elena Vavassori

Ospitiamo un’intervista della dottoressa Elena Vavassori, che ci racconta il suo incontro con la Medicina Narrativa e il percorso che ha portato all’inserimento di questa pratica all’interno del piano di qualità della Fondazione Poliambulanza di Brescia.

Come è stato accolto il suo progetto di Medicina Narrativa presso la sua struttura e dai suoi colleghi?

Dopo averlo strutturato nelle sue linee essenziali, il progetto è stato presentato sia al Dott. Bernardini, Responsabile del Dipartimento di Urgenza ed Emergenza e Terapie Intensive (in altre parole il mio primario) sia al Direttore Sanitario di Fondazione Poliambulanza, la Dott.ssa Zacchi. Entrambi si sono rivelati persone aperte ed illuminate nell’affrontare un nuovo percorso ed hanno mostrato fin dall’inizio interesse per la mia proposta di Medicina Narrativa Applicata e non hanno posto alcun ostacolo alla sua realizzazione. Potrei anche affermare che la Direzione Sanitaria (insieme all’Ufficio Legale) ha partecipato attivamente alla realizzazione del progetto formulando il Consenso Informato da sottoporre ai pazienti che accettavano di scrivere il loro vissuto di malattia.

Per quanto riguarda i colleghi impegnati nell’Ambulatorio di Terapia del Dolore una volta informati su cosa sia la Medicina Narrativa, tutti si sono mostrati interessati alla possibilità di utilizzare gli “strumenti” che essa forniva nella loro pratica clinica.

Non tutti se la sono sentita di narrare per iscritto i pensieri e le emozioni che l’incontro col paziente suscitava in loro, ma durante le riunioni di equìpe anche chi non scriveva ha avuto modo di raccontare le proprie riflessioni e al termine di questi incontri si invocava subito la necessità e la voglia di farne un altro a breve, in modo da poter leggere tutte le narrazioni, quelle dei pazienti e quelle dei medici e con queste potersi di nuovo confrontare.



E a progetto terminato, quali sono state le reazioni dei colleghi e della direzione sanitaria?

Già nelle ultime fasi del progetto, un collega in modo del tutto spontaneo ha scritto le sue riflessioni sottolineando da una parte la sua sorpresa per la bellezza e profondità delle storie lette ed allo stesso tempo la loro assoluta utilità per la sua pratica clinica, dal momento che mostravano aspetti del paziente (la vergogna per la propria condizione, ad esempio) che tempi e la modalità della visita in ambulatorio non permetteva di rilevare. Le parole di questo collega le ho messe a conclusione del progetto tanto mi sono sembrate efficaci e veritiere. I colleghi che hanno letto il lavoro lo hanno giudicato “un buon lavoro e sono stati sorpresi dalla analisi che delle narrazioni si è potuto fare attraverso le classificazioni, in particolare L’Analisi Translazionale. Queste hanno permesso una ulteriore riflessione su sé stessi e sulle modalità di incontro col paziente. La Direzione Sanitaria ha accolto con piacere e soddisfazione le conclusioni a cui il progetto è arrivato e ha prospettato essa stessa la possibilità che se ne potesse iniziare un altro con i malati oncologici.

 

Come è nata la proposta di inserire la Medicina Narrativa nel piano qualità della sua struttura di riferimento?

Fondazione Poliambulanza è stata ri-accreditata per il prossimo triennio come Ospedale di Eccellenza dalla Joint Commission International. La valutazione della JCI si è svolta nel dicembre scorso, e quindi i mesi precedenti sono stati caratterizzati da una intensa attività per migliorare gli Standard di Qualità dell’Ospedale. In questo contesto, la mia attenzione si è soffermata sugli Standard per il Miglioramento della Qualità e Sicurezza del Paziente ed in particolare sullo Standard QPS 3 che recita: Il programma di qualità e sicurezza del paziente utilizza informazioni scientifiche aggiornate ed altre informazioni per supportare l’assistenza sanitaria, la formazione professionale sanitaria, la ricerca clinica e la gestione. La Joint afferma quindi che la conoscenza sui cui il professionista sanitario basa la propria responsabilità in un rapporto di cura può avere molteplici fonti, tutte di uguale importanza e tutte misurabili nella loro efficacia. Il Project Work si inserisce perfettamente in questo standard, avendo ampiamente dimostrato attraverso il diario dei pazienti, come il mondo scientifico sia solo uno dei diversi mondi possibili in cui viviamo e non è affatto in contrasto col mondo della vita, inteso come il mondo delle nostre comuni ed immediate esperienze vissute.

La malattia è innanzitutto una esperienza umana, e si carica di significati legati al contesto, all’esperienza ed alla personale storia del paziente. Non è possibile comprendere un individuo senza capire i mondi di quella persona e la rete di significati nei quali questa persona vive. La persona affetta da dolore cronico narrando del proprio vissuto di malattia racconta e descrive una parte della propria visione del mondo ed in questo contesto la narrazione assume il significato di conoscenza. Il Project Work ha mostrato di come la narrazione del malato su ciò che egli vive quotidianamente abbia disvelato saperi e conoscenze inaspettate con cui il sapere medico ha dovuto dialogare per meglio comprendere il malato. Queste sono state le premesse che mi hanno convinto a proporre il progetto di Medicina Narrativa al Dott. Gomarasca Responsabile del Risk Managment e Qualità di Fondazione Poliambulanza. Nel nostro breve colloquio egli si è mostrato d’accordo sull’idea che le storie dei pazienti fossero le “altre informazioni” cui accennavano gli Standard di JCI e che il progetto meritasse di essere valorizzato inserendolo nel Programma Qualità del nostro Dipartimento come obiettivo raggiunto per il 2016 con l’intento di incrementarlo nel 2017.

 

Quali pensa potranno essere le ricadute pratiche di questo risultato sulla vostra realtà lavorativa?

Il Project Work ha mostrato attraverso le narrazioni dei pazienti la possibilità di misurare il dolore con un metodo diverso, qualitativo, dalla scala di valutazione (NRS) utilizzata dal medico; inoltre, già durante le riunioni di equipe, i colleghi si sono resi conto che dai diari dei pazienti emergeva la necessità di modificare il piano terapeutico seguito fino ad allora per alcuni di essi così come la necessità di utilizzare un linguaggio più chiaro e meno tecnico nello spiegare il perché fosse necessaria l’assunzione dei farmaci prescritti. Nelle storie delle persone affette da dolore cronico i medici hanno potuto leggere in qual riflessioni ed in quale contesto quotidiano “cadevano le loro prescrizioni terapeutiche e di come fosse più comprensibile capire perché alcuni pazienti sospendevano i farmaci. L’aderenza terapeutica è infatti uno dei più grossi problemi nel rapporto tra medico paziente in Ambulatorio di Terapia del Dolore e fonte anche di un conflitto che fa definire al medico quel paziente come paziente difficile.

Tra le ricadute pratiche del lavoro quindi metterei senza dubbio la possibilità di migliorare l’aderenza terapeutica dei pazienti e, non meno importante come già detto in precedenza, la possibilità del personale sanitario di esprimere le proprie emozioni.

Negli obiettivi del Project Work vi era la possibilità di applicare la Medicina Narrativa anche in altri ambiti clinici, oltre che in quello della terapia del dolore cronico. Credo che, al di là delle conclusioni raggiunte in Così lontani, così vicini, il poter continuare a dialogare con persone aperte ed illuminate quali quelle che ho incontrato nella realizzazione del progetto renda assolutamente fattibile applicare gli strumenti che la Medicina Narrativa offre anche in altri contesti.

Matteo Nunner

Laureato in Lettere all'Università del Piemonte Orientale, si sta specializzando in Scienze Antropologiche ed Etnologiche all'Università di Milano-Bicocca. Giornalista e scrittore vercellese, ha collaborato con molte testate locali e nel 2015 ha pubblicato il romanzo d'esordio "Qui non arriva la pioggia". Nel 2017 ha poi pubblicato "Il peccato armeno, ovvero la binarietà del male".

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