La guida della WHO per prevenire e affrontare lo stigma sociale legato al COVID-19

La World Health Organisation (WHO) ha predisposto una guida per prevenire e affrontare l’emergere di fenomeni di stigmatizzazione e discriminazione legate alla pandemia di COVID-19.

Con l’emergenza COVID-19, infatti, sono emersi dei comportamenti discriminatori e stigmatizzanti, inizialmente nei confronti di persone di determinate origini etniche (pensiamo a quanto accaduto a molte persone con tratti somatici asiatici) e successivamente verso chiunque fosse percepito come entrato in contatto col virus.

Nel campo della salute, quando parliamo di stigma sociale ci riferiamo all’associazione negativa tra una persona o un gruppo di persone che condividono determinate caratteristiche e una specifica malattia: le persone percepite come “legate” a una malattia possono divenire discriminate, e allo stesso tempo chi è realmente affetto da questa malattia rischia un ritardo nella diagnosi e nell’avvio del processo di cura. Lo stigma sociale legato a una malattia o – come in questo caso specifico – una pandemia ha dunque ricadute dirette sull’efficacia delle misure per contenere il contagio e per curare le persone venute a contatto con l’agente patogeno.

In questo senso, words matter: il modo in cui comunichiamo è fondamentale per prevenire o affrontare fenomeni di stigmatizzazione e discriminazione; l’accesso alle cure e ai trattamenti passa anche attraverso una corretta informazione, e occorre dunque creare un ambiente in cui la malattia e il suo impatto possano essere discussi e affrontati in modo aperto, onesto ed efficace.

Abbiamo già visto quali strategie possono essere messe in campo per arginare l’infodemia a cui stiamo assistendo. Evidenziamo alcuni punti della guida preposta dalla WHO, rimandando alla lettura di questo breve ed efficace documento.

  • Le parole usate nei media sono importanti perché danno forma al linguaggio popolare e alla percezione che le persone hanno della malattia: andrebbe evitato l’impiego del linguaggio bellico o iperbolico, così come tutte le associazioni tra l’agente patogeno e un luogo specifico, in quanto questo tipo di comunicazione rischia di rafforzare false associazioni tra la malattia e altri fattori, creare paura diffusa, o disumanizzare coloro che contraggono la malattia.
  • Se da una parte è necessario evidenziare le informazioni sbagliate o fuorvianti, dall’altro va riconosciuto che i sentimenti e i comportamenti delle persone sono reali, anche quando il loro presupposto è falso.
  • È necessario promuovere l’importanza e l’efficacia della prevenzione e dello screening: concentrare la comunicazione unicamente sulle tempistiche del vaccino può aumentare il senso di impotenza della popolazione.
  • Condividere le narrazioni, le esperienze e le lotte di individui o gruppi colpiti dal COVID-19 può aiutare a ricreare un senso di comunità in un momento di distanziamento sociale, così come comunicare sostegno e incoraggiamento a tutti coloro che sono in prima linea nella risposta a questa pandemia e nel mantenimento dei servizi essenziali.

Abbiamo bisogno di solidarietà collettiva, la cui creazione passa anche attraverso informazioni chiare, attuabili, non discriminatorie e non stigmatizzanti:

Facts, not fear will stop the spread of COVID-19.

Alessandra Fiorencis

Laurea magistrale in Scienze Antropologiche ed Etnologiche presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzata nel campo dell’antropologia medica, ha condotto attività di formazione a docenti, ingegneri e medici operanti in contesti sia extra-europei che cosiddetti “multiculturali”. Ha partecipato a diversi seminari e conferenze, a livello nazionale e internazionale. Ha lavorato nel campo delle migrazioni e della child protection, focalizzandosi in particolare sulla documentazione delle torture e l’accesso alla protezione internazionale, svolgendo altresì attività di advocacy in ambito sanitario e di ricerca sull’accesso alle cure delle persone migranti irregolari affette da tubercolosi. Presso l’Area Sanità di Fondazione ISTUD si occupa di ricerca, scientific editing e medical writing.

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