Klebsiella

klebsiellaKlebsiella. Il nome è dolcissimo, non fa venire in mente nulla di allarmante. Tutto comincia in modo subdolo e insidioso, molto lentamente, in una delle zone irradiate del mio petto, trattate con betatrone molti anni fa per scongiurare le metastasi di un tumore al seno. La pelle irradiata è scura, priva di elasticità rispetto ai piani sottostanti, è ustionata. Ma per molti anni se ne era stata tranquilla, sino al momento della comparsa di una piccola apertura, un buchetto da cui geme un po’ di siero.

Un chirurgo plastico mi consiglia di iniettarvi, con una piccola siringa privata dell’ago, un po’ d’acqua ossigenata una volta al giorno ed io eseguo, applicando per mesi questo rituale senza che il buchetto si richiuda. Ma sotto alla pelle la clavicola si deforma sempre di più finché un giorno la pelle si lacera spontaneamente ed esce una colata bianca. L’osso si sta liquefacendo e questo processo distruttivo è tutt’altro che indolore.

Per più di un mese ho la febbre ogni sera e la vista sempre appannata. Mi indebolisco al punto da non riuscire quasi più a camminare, vorrei solo stare a letto, ma non posso arrendermi, voglio farcela.  Perdo sei chili perché non ho fame. Mi sforzo di mangiare e piano piano, con l’aiuto del mio medico di famiglia che mi prescrive l’antibiotico giusto, comincio a stare un po’ meglio. Ho un’osteomielite alla clavicola e il germe responsabile è la Klebsiella oxytoca. Una brutta infezione ossea causata da un batterio pericoloso e resistente alle cure. Si è formata una fistola e devo lottare contro la secrezione che esce copiosa macchiando abiti e pigiami. Imparo a rimediare con tamponi sterili usa e getta che sostituisco di continuo.

Vengo a sapere di un centro specializzato per la cura dell’osteomielite: è molto lontano, in una località famosa per le settimane bianche, ma voglio provare. Il primario visita anche in Sicilia, prendo un appuntamento. Visita costosissima, ma per la salute chiunque è disposto a spendere. Il luminare mi dice che può provare a farmi delle infiltrazioni, ma devo restare in ospedale per tre settimane. L’idea non mi sorride, ma fisso il periodo di ricovero. Mi organizzo quindi per trascorrere tanto tempo lontana da casa. Del gatto e delle piante si prenderà cura il portiere. E di me? Sono autosufficiente pur avendo perso da decenni l’uso del braccio sinistro paralizzato dopo il betatrone, sono certa però che in ospedale le compagne di stanza e gli infermieri mi aiuteranno se avrò bisogno di qualcosa. E ho trovato  davvero molta solidarietà . Ma le cure? Troppo drastiche. Tempeste di antibiotici per bocca, per infiltrazioni, via flebo. E una totale assenza di medici di sabato e  di domenica. Giusto di sabato mi è cominciata la reazione allergica ad un qualche antibiotico. Ho fatto sospendere le flebo perché sono diventata rosso violacea dalla testa ai piedi e il prurito è stato insopportabile, stavo per avere uno shock anafilattico. Il luminare tornato il lunedì ha dichiarato che per continuare la cura si doveva attendere che la reazione allergica rientrasse e sarebbero passati almeno quindici giorni. E’ stato d’accordo con me sull’opportunità di dimettermi. Sarei tornata in seguito, semmai.

Un ospedale metà pubblico e metà privato, costantemente sull’orlo della chiusura. Mi chiedo fino a che punto il malato può fidarsi nel farsi curare da chi ha tutto l’interesse di tenere occupati i posti letto. E mi faccio le infiltrazioni in ospedale qui, in Sicilia. Devo riuscire a tenere a bada l’infezione, voglio vivere ancora a lungo anche se malconcia. Continuerò a fare appello alla mia resilienza. Ne vale sempre la pena.

Rory (Maria Rosa) Previti è giornalista, autrice di saggi e di numerosi articoli di carattere sociale, sociosanitario e scientifico pubblicati su diverse riviste, tra cui Hpress (Monza) e Vento Sociale (Milano). Redattrice del tabloid PalermoParla, docente liceale e universitaria, è autrice di libri, tra cui l’autobiografia clinica “La signora Acca Uno” (1997) e “Sano come un pesce” (2001), distribuito nelle scuole della Provincia di Palermo per diffondere la cultura della solidarietà e della prevenzione sanitaria.

Questo articolo ha 2 commenti.

  1. giuseppina cimino

    come hai fatto a capire che si trattasse di klebsiella? tampone su ferita?
    potresti mandarmi il nome del luminare? ha lo stesso problema mio padre ma tutti i tamponi sono negativi. Come stai adesso?

  2. Floriana

    Ciao potrei avere il nome di questo medico che riceve in Sicilia ? Grazie mille

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.