Il Metalinguaggio Semantico Naturale e le sue prospettive future: intervista con Anna Wierzbicka, Cliff Goddard e Bert Peeters, parte I

Siamo lieti di aprire questo nuovo anno di Cronache di Sanità e Medicina Narrativa intervistando tre linguisti riconosciuti a livello mondiale: la Prof.ssa Anna Wierzbicka e il Prof. Bert Peeters, dell’Australian National University di Canberra, e il Prof. Cliff Goddard, della Griffith University di Brisbane

Wierzbicka, Goddard e Peeters sono gli studiosi scopritori del Metalinguaggio Semantic Naturale (Natural Semantic Metalanguage, NSM); tuttavia, l’intervista comprende anche questioni più ampie, relative al presente e al futuro della Linguistica, alla sua applicazione nel mondo della salute e – a livello ancora più globale – al genere umano.

Non perdetevi la spiegazione del caregiver, chi si prende cura di qualcun altro, secondo il NSM: è dentro alle parole – come accade quasi sempre – troverete il significato centrale della parola. Una volta che lo avrete letto, anche se non state assistendo qualcuno, sperimenterete ciò che esperisce un caregiver. E la rivoluzione cognitiva va ben oltre il rovesciamento di 70.000 anni fa: qui, la spiritualità e le religioni coesistono senza problemi con l’antropologia e la scienza. 

Una lettura saggia e competente: godetevela lentamente, senza perdervi una parola…

MGM. Quali sono le future frontiere principali della Linguistica? Cosa pensate riguardo al futuro della semantica basata sul NSM, nel contesto più ampio delle scienze umane?

AW. Giusto per iniziare con un paio di riflessioni e sensazioni a livello generale. Il NSM è un modo di pensare, e un modo di connettersi alle altre persone. Pensare in questo modo è provare a farlo con parole semplici, talmente chiare da non aver bisogno di una ulteriore spiegazione: si spiegano anzi da sole. Queste parole – i nostri concetti umani di base – forniscono una base da cui dipendono il nostro pensiero e la nostra comprendere.

Ci sono buone ragioni per credere che ovunque, sulla terra, il pensiero delle persone si basi, in fin dei conti, sulle stesse serie di concetti umani (seguendo Leibniz, le possiamo chiamare “l’alfabeto dei pensieri umani”). Queste includono concetti come buono o cattivo, fare e accadere, sapere, volere, sentire. Dal momento che questi sono concetti basici, come indicato dall’evidenza, condivisi da tutti gli esseri umani – a prescindere da lingua, cultura, educazione, ecc. -, ci permettono di connetterci, potenzialmente, con tutti gli altri. Noi crediamo che questo riguardi non solo quelli che sono giovani, in salute, con una certa formazione e con un QI alto, ma anche coloro che sono anziani, malati, che hanno problemi di sofferenza mentale, che non hanno un’alta formazione, o che sono in qualche modo socialmente o psicologicamente svantaggiati.

Quando Maria Giulia ci ha detto che con l’aiuto del NSM alcune persone che soffrono di depressione maggiore e generalmente non parlano né scrivono, sono state in gradi di esprimere i loro pensieri e desideri, mi sono sentita travolta dall’emozione: allo stesso modo, mi sono sentita profondamente commossa quando Maria Giulia mi ha detto che bambini e adulti affetti da Prader-Willi sono stati in grado di esprimersi chiaramente e lasciare che i dottori sapessero i loro pensieri, desideri ed emozioni; e scommetto che Bert e Cliff abbiano sentito lo stesso. Ero sorpresa? A dire la verità, no; ma emozionata, sì.

Ma adesso lasciamo la parola Cliff e Bert, che sono sicura risponderanno in modo più puntuale alla tua domanda sulle frontiere della Linguistica, Maria Giulia, e dove il NSM può rientrare nelle scienze umane, a livello generale.

CF. Bene. Al di là della semantica (ossia lo studio del significato), ci sono tre zone di frontiera della linguistica che, personalmente, penso siano importanti ed emozionanti. La prima è la sociofonetica, che significa provare a capire come le persone impongono dei significati sociali sui dettagli della voce delle persone, sulla pronuncia, e i modi di parlare. Collegato a questa, vi è l’utilizzo del digitale per studiare l’interazione da persona a persona in tempo reale. La terza riguarda la comunicazione su internet: penso davvero che internet sia fondamentale, come l’avvento dell’alfabetizzazione diffusa. Ma soprattutto, vi è l’importanza primaria di parole e significato – e la semantica basata sul NSM è il miglior strumento disponibile per studiare e comprendere il significato: non in senso stretto, logico, “obiettivo”, ma il significato così com’è per le persone. Comprensione umana. A mio avviso, quindi, la semantica basata sul NSM ha un ruolo da svolgere nell’intero arco delle scienze umane.

Detto ciò, la linguistica è una disciplina molto frammentata, e bisogna fare ancora molta strada prima che persino i princìpi di base, come l’importante di descrivere i significati attraverso parole facilmente traducibili, vengano accettati in larga parte anche dai linguisti. Allo stesso modo, vi è ancora molta strada da fare per combattere l’anglocentrismo.

BP. Sì, pochissime persone realizzano che c’è qualcosa di sbagliato nell’uso acritico dell’inglese come lingua franca. Comunemente si ritiene che il linguaggio sia semplicemente un modo per comunicare idee, e che la maggior parte di noi siano molto bravi a usare la lingua per quello scopo. I linguisti hanno bisogno di essere più consapevoli del fatto che l’inglese, al di là di quanto è utile, è una lingua come molte altre parlate sul pianeta. Un linguaggio che non è migliore degli altri, e che non può avere la pretesa di essere più vicino alla “realtà”: ha le sue specificità culturali, spesso nascoste e quindi tipicamente ignorate.

Qui è dove la semantica basata sul NSM può fare la differenza: non solo nel contesto delle scienze umane, ma anche in quello della scienza in generale. Infatti, recentemente, essa è stata piuttosto brava a diffondere il messaggio che parlare al resto del mondo in inglese, sia in quello cosiddetto semplice che nelle sue varianti scientificamente adulterate, non sia necessariamente la strada migliore per arrivare a una comunicazione ottimale.

AW. Questo è un punto di fondamentale importanza, non solo per la linguistica. Molti linguisti e antropologi, oggigiorno, enfatizzano la diversità dei linguaggi, e certamente sono nel giusto. Ma alcuni questionano l’esistenza di un qualsiasi linguaggio universale.

Allo stesso tempo, molti studenti di religione ed etica sono su una posizione opposta, e sottolineano ciò che il linguaggio umano condivide. Per esempio, nel suo libro What is the Point of Being Christian (2005) Timothy Radcliffe scrive:

Come cristiani, crediamo che l’unità della comunità umana sia radicata nel linguaggio condiviso.

Continua Radcliffe, riferendosi a un libro precedente del teologo e filosofo Herbert McCabe:

I gatti e le mucche hanno una unità biologica, che significa che sono in grado di incrociarsi. Anche gli esseri umani hanno questo tipo di unità, dal momento che possiamo accoppiarci gli uni con gli altri. Ma noi siamo animali linguistici, che significa che siamo chiamati a una unità più profonda. L’unità umana si fonda sulla nostra abilità di parlarci. Il linguaggio è la svolta in una sorta di nuova comunione.

Radcliffe conclude con un riflessione che credo sia rilevante per i linguisti, e in particolare per chi si occupa di semantica:

La nostra vocazione umana è andare a cercare nuovi e più profondi modi di appartenere, nuovi modi di parlare, che realizzino la nostra capacità di comunicare in maniera più profonda.

Penso che persone e professioni diverse possano avere differenti vocazioni; ma la riflessione di Radcliffe risuona profondamente nel mio pensiero e nella mia esperienza come semanticista. Nel cercare di scoprire concetti umani comuni e di costruire un linguaggio accessibile, in principio, a tutti, io e i miei colleghi abbiamo cercato di comprendere in maniera più profonda la capacità che abbiamo noi umani di comunicare tra lingue e culture, per comprenderci reciprocamente. Per me, questo è di un’importanza vitale.

MGM. Il NSM ha rappresentato una scoperta dirompente per la linguistica. È stato già applicato per offrire una migliore opportunità di parlare alle persone che soffrono di depressione, a quelle diversamente abili, a quelle con autismo. Guardando al futuro, come possono la linguistica e la semantica basata sul NSM rendere fertile la sanità?

AW. Invece che commentare la linguistica come se fosse un tutto, vorrei dire qualcosa sul contributo unico che credo che la semantica basata sul NSM possa dare alla sanità. Questo contributo unico ha a che fare con i “minimal languages” che io e i miei colleghi abbiamo cercato di ideare a supporto del parlare in modo chiaro e del comunicare in modo efficace. In particolare, credo che il Minimal English possa giocare un ruolo trasformativo come strumento di indagine per una comunicazione efficace in campo sanitario nei paesi anglofoni. Devo fare due appunti. Il primo, l’ostacolo principale è il linguaggio. I pazienti, spesso, non comprendono appieno cosa dicono medici e infermieri. Il problema è particolarmente presente per molti immigrati o indigeni, ma anche per chi, ad esempio, ha un basso livello di istruzione. Lo staff medico e infermieristico può essere consapevole di questo problema, ma non sa come risolverlo, perché non ha un’adeguata formazione linguistica. Secondo, l’ostacolo non è insormontabile, cioè non dovrebbe esserlo. Oggigiorno, i medici dovrebbero poter essere formati su come parlare ai pazienti (e dei pazienti) in parole che tutti i pazienti possano capire. Una formazione del genere è ora possibile, perché molto si sa delle parole che possono essere comprese da persone di contesti culturali e linguistici differenti, e con diversi livelli di istruzione.

Credo che anche una formazione molto basica in Minimal English possa fare una grande differenza nel comunicare. E di certo, cosa si applica al Minimal English nei paesi anglofoni, in molti altri contesti si applica ad altri “linguaggi minimali”.

BP. Il Minimal English può assistere non solo i medici, gli infermieri e i pazienti, ma anche un pubblico più ampio. Per esempio, in Australia la parola carer (curante, chi si prende cura) ha un significato speciale semi-tecnico nei sistemi sanitario e di welfare. Le persone che sono curanti ricevono uno stipendio (un sussidio) dal governo, ma molte persone che qualifichiamo come curanti non si percepiscono come tali, e non necessariamente capiscono la parola. Anna ha sviluppato una spiegazione in Minimal English.

Sei un curante se:

Fai molte cose tutti i giorni, e le fai perché:

sai che questa persona non può fare molte cose come le altre persone;

sai che se non fai molte cose per questa persona ogni giorni, cose molto brutte possono capitare a questa persona;

non vuoi che cose molto brutte accadano a questa persona;

poiché fai queste cose tutti i giorni, non puoi fare così tante cose come vorresti come le altre persone.

CG. Vorrei menzionare una collaborazione che stiamo portando avanti in pediatria: è tra linguisti NSM (in Australia e Finlandia), la pediatra e Prof.ssa Martha Welch e i suoi colleghi della Columbia University, USA. Welch è l’artefice del Welch Emotional Connection Screen (WECS), che è impiegato per valutare la connessione emotiva tra i bambini e le madri, così da rilevare difficoltà nella connessione emotiva e sollecitare interventi, se necessario. Questo può essere particolarmente importante per i bambini che sono nati prematuri.

La nostra collaborazione riguarda l’adattamento dei materiali utilizzati per la formazione degli operatori sanitari affinché utilizzino il WECS in un linguaggio minimale. Ad esempio, invece di descrivere alcuni aspetti positivi della connessione emotiva in termini di attrazione e reciprocità, questi possono essere descritti in parte come segue:

  • Il bambino vuole essere molto vicino alla mamma. La mamma vuole molto essere vicina al bambino.
  • La mamma guarda spesso il viso del bambino. La mamma sente qualcosa di molto buono quando vede la faccia del bambino. Il bambino guarda spesso la faccia della mamma. Il bambino sente qualcosa di molto buono quando vede la faccia della mamma.
  • La mamma guarda spesso gli occhi del bambino, allo stesso tempo il bambino guarda gli occhi della mamma. La mamma sente qualcosa di molto buono per questo. Il bambino, grazie a questo, sente qualcosa di molto buono.
  • La mamma tocca spesso il bambino con le mani, spesso tocca il viso del bambino con il viso. Quando la mamma lo fa, il bambino sente qualcosa di molto buono. Allo stesso tempo, la mamma sente qualcosa di molto buono.

Ovviamente, un simile testo è molto più chiaro e molto più esplicito di uno che usa parole come attrazione e reciprocità, ed è anche facile da tradurre in altre lingue. Per questo motivo, chiamiamo questo linguaggio Clear Explicit Translatable Language, acronimo: CETL (pronunciato “depositare”.

Secondo gli studi attualmente in corso, l’utilizzo di materiali di formazione espressi in CETL (Clear Explicit Translatable Language) può ridurre notevolmente il tempo necessario in cui un infermiere o un altro operatore sanitario può imparare come applicare il WECS in modo accurato e affidabile.

Il Metalinguaggio Semantico Naturale e le sue prospettive future – seconda parte

Maria Giulia Marini

Epidemiologa e counselor - Direttore Scientifico e dell'Innovazione dell'Area Sanità e Salute di Fondazione Istud. 30 anni di esperienza professionale nel settore Health Care. Studi classici e Art Therapist Coach, specialità in Farmacologia, laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche. Ha sviluppato i primi anni della sua carriera presso aziende multinazionali in contesti internazionali, ha lavorato nella ricerca medica e successivamente si è occupata di consulenza organizzativa e sociale e formazione nell’Health Care. Fa parte del Board della Società Italiana di Medicina Narrativa, Insegna all'Università La Sapienza a Roma, Medicina narrativa e insegna Medical Humanities in diverse università nazionali e internazionali. Ha messo a punto una metodologia innovativa e scientifica per effettuare la medicina narrativa. Nel 2016 è Revisore per la World Health Organization per i metodi narrativi nella Sanità Pubblica. E’ autore del volume “Narrative medicine: Bridging the gap between Evidence Based care and Medical Humanities” per Springer, di "The languages of care in narrative medicine" nel 2018 e di pubblicazioni internazionali sulla Medicina Narrativa. Ha pubblicato nel 2020 la voce Medicina Narrativa per l'Enciclopedia Treccani e la voce Empatia nel capitolo Neuroscienze per la Treccani. E' presidente dal 2020 di EUNAMES- European Narrative Medicine Society. E’ conferenziere in diversi contesti nazionali e internazionali accademici e istituzionali.

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