Non si tratta semplicemente di vedersi attraverso un freddo schermo – intervista a Arnaldo Andreoli, Ospedale Luigi Sacco

L’Ospedale “Luigi Sacco” è un policlinico universitario milanese che si è particolarmente distinto durante l’emergenza pandemica da COVID-19. Nei mesi della pandemia, l’Unità Operativa di Riabilitazione Specialistica diretta dal dottor Arnaldo Andreoli è stata tra le prime ad attivare un servizio di telemedicina e teleriabilitazione dedicato a pazienti con COVID-19, ma anche a pazienti con patologie neurologiche, neurodegenerative, gravi disabilità o malattie rare già seguiti dall’équiperiabilitativa.

Lo staff della Riabilitazione del Sacco collabora al progetto di Fondazione Istud “Telemedicina tra efficacia, efficienza e umanizzazione delle cure”, contribuendo con l’esperienza sviluppata in questi duri mesi d’emergenza. In questa intervista il dottor Andreoli racconta l’esperienza con la telemedicina, approfondendone opportunità e limiti ed evidenziando come sarà possibile raggiungere un percorso di Cura sempre più efficace e umano per il paziente.


Quali sono per la Sanità e l’Azienda Ospedaliera dove lavora, i possibili vantaggi e svantaggi dell’uso della sanità digitale e, in particolare, della telemedicina nella pratica clinica quotidiana?

All’Ospedale “Luigi Sacco” – ASST Fatebenefratelli Sacco di Milano, grazie alla telemedicina, siamo stati in grado di contattare, visitare e riabilitare un maggior numero di persone, spesso anche a distanze impensabili dalla nostra struttura. Infatti, abbiamo potuto seguire nel percorso riabilitativo pazienti della nostra Città, ma anche pazienti piemontesi, veneti e addirittura siciliani. In questo modo abbiamo potuto dare un supporto anche a tutte quelle famiglie che incontrano difficoltà nell’accompagnare il familiare in visita. Inoltre, i caregiver hanno così evitato di dover prendere giornate di permesso o ferie. È quindi possibile fare Sanità a distanza. È ovvio, però, che l’operatore sanitario deve essere formato alla telemedicina. Non ci si può improvvisare perché non si tratta semplicemente di vedersi attraverso un video. Bisogna essere formati e saperla fare perché ci sono dei limiti: la visita in presenza ti permette di obiettivare delle cose che non puoi rilevare in telemedicina. Ci sono pro e contro; per questo motivo il personale deve essere informato e consapevole dei limiti di questo strumento e di ciò che non consente di evidenziare.

Nel periodo pandemico è cambiata la possibilità di accesso alle cure, incentivando l’utilizzo di soluzioni di Medicina DigitaleTelemedicina. Secondo Lei quale scenario si delinea?

È utile incentivare sempre più la possibilità di un rapporto a distanza. Si pensi, ad esempio, alla Medicina territoriale o alla Medicina di base: ogni Medico di Medicina Generale segue 1500 pazienti; non è sempre possibile visitare in presenza e, nelle sintomatologie lievi, la telemedicina può essere utile.
La telemedicina richiede anche un “tempo”; bisognerebbe quindi riservare un tempo congruo e definito, eventualmente predisponendo anche ambulatori dedicati a questo servizio.

Cosa possiamo apprendere dall’esperienza di cura a distanza durante la pandemia da COVID-19 e cosa, invece, non può essere trasferito online?

La Medicina Digitale è stata un’opportunità nel periodo pandemico, che ha consentito di eseguire valutazioni “a distanza” anche per i pazienti in isolamento a causa dell’infezione acuta da SARS-CoV-2, il virus responsabile della COVID-19. In quei casi non era possibile avvicinarsi con continuità al paziente, se non indossando i necessari Dispositivi di Protezione Individuale (D.P.I.). Grazie alla telemedicina siamo stati in grado di dare continuità di cura e contatto a questi pazienti, ottenendo inoltre anche un risparmio in termini di dispositivi e attrezzatura sanitaria. Questa esperienza ci consente di comprendere quanto, la telemedicina e la teleriabilitazione, possano essere un’opportunità da considerare non solo per pazienti molto distanti dalle strutture ospedaliere, ma anche per assicurare continuità di cure anche a pazienti più vicini (o, addirittura, ricoverati), che non possono però beneficiare di frequenti contatti con il personale sanitario.
Quello che, invece, è difficile trasferire online è il rapporto con il paziente. Molte volte una visita in presenza permette di obiettivare molti aspetti che possono sfuggire durante una valutazione a distanza.

Come sono le soluzioni di teleriabilitazione per pazienti con sindrome post-COVID? Come ci si può immaginare il nuovo patient’s journey

La telemedicina è molto utile e si presta molto alla teleriabilitazione. Dopo la visita in presenza, che rappresenta comunque un momento cardine del percorso di Cura, il medico fisiatra emette un Progetto Riabilitativo Individuale (P.R.I.) che poi può essere erogato da un fisioterapista formato tramite dispositivi e piattaforme dedicati alla teleriabilitazione. Il fisioterapista, durante la seduta riabilitativa, guida il paziente, definisce la tipologia di esercizio e ne verifica la correttezza durante l’esecuzione.
Anche questo è un tempo sanitario che deve essere dedicato al paziente. In molti casi, infatti, i pazienti rinunciano all’eseguire i trattamenti riabilitativi per la difficoltà di accesso ai luoghi di cura o per i tempi di percorrenza dei tragitti verso l’ospedale. La telemedicina supera questa criticità, “avvicinando” all’ospedale anche questi pazienti. Indirettamente si ha quindi un “risparmio” anche in termini di mobilità pubblica, di inquinamento e di traffico veicolare. Perché no, è una cosa importante che può essere considerata anche in città.

Empatia a distanza durante le cure: è un ossimoro o una meta perseguibile?

È una meta perseguibile, ma bisogna formare il personale che esegue teleriabilitazione. Bisogna conoscere e saper attuare procedure e modalità di empatia che consentono una presa in carico analoga a quella eseguita in presenza. È necessario sviluppare nuovi linguaggi e nuove modalità per familiarizzare con il paziente. La Medicina Digitale, infatti, ha dei tempi e delle modalità differenti da quelle delle visite e dei trattamenti riabilitativi in presenza. L’operatore sanitario e il paziente comunicano attraverso uno schermo, strumento apparentemente “freddo”, ma bisogna essere sufficientemente formati per renderlo “caldo”. La formazione a questo scopo dovrà essere offerta e curata da professionisti della comunicazione, esperti di comunicazione sanitaria, esperti di telemedicina e teleriabilitazione, che hanno avuto modo di praticarla da tempo. Queste figure potranno offrire dei consigli per far sì che non sia uno strumento “freddo” e “arido”, ma che attraverso questa modalità possano comunque essere trasmesse emozioni ed empatia. In questo modo non sarà un intervento di “risparmio”, ma un intervento più efficace e più immediato.

L’équipe dell’Unità Operativa di Riabilitazione Specialistica dell’Ospedale “Luigi Sacco” di Milano collabora al Progetto di Fondazione Istud “Telemedicina tra efficacia, efficienza e umanizzazione delle cure”: questa tematica così importante deve essere quindi affrontata in modo cooperativo da parte di più stakeholders data la necessità di riorganizzare in modo efficace, efficiente e umano i percorsi di cura? 

Assolutamente sì. La collaborazione è fondamentale: più centri erogheranno la telemedicina maggiori saranno le opportunità di raccogliere idee e consigli, evidenziando limiti e criticità. In questo modo sarà possibile migliorare, rendendo più efficace, appropriata e umana anche la Medicina Digitale. La telemedicina deve essere estesa e studiata, raccogliendo tutti i contributi possibili, per migliorare giorno dopo giorno, offrendo un’ulteriore opportunità di Cura per i nostri pazienti.

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