Ruolo di Chiesi Italia per la Telemedicina e le tecnologie digitali – intervista a Laura Franzini, Chiesi Italia

Laura Franzini, Medico Specialista in Medicina interna, dal 2017 è entrata a far parte di Chiesi Italia e dal 2019 è Direttore medico di Chiesi Italia. Nel suo ruolo copre anche la responsabilità diretta sulle attività di Patient Engagement. Prima dell’esperienza in Chiesi ha lavorato presso altre aziende farmaceutiche internazionali, in particolare EliLillyed AstraZeneca, dopo aver svolto diversi anni di attività clinica presso l’azienda ospedaliero-universitaria di Parma come medico internista. Nel percorso formativo ha anche conseguito il titolo di dottore di ricerca in malattie osteometabolicheed un master di II livello in metodologia della ricerca. 


Quali sono per Chiesi Italia, azienda da sempre attenta alla qualità della vita dei pazienti, i possibili vantaggi e svantaggi dell’uso della sanità digitale e in particolare della Telemedicina nella pratica clinica quotidiana?

In Chiesi Italia abbiamo ben compreso l’importanza e l’utilità della Telemedicina e delle altre tecnologie digitali e riteniamo che il mondo della salute dovrà ripensare e innovare i modelli di cura tradizionali, integrando i servizi di presidi ospedalieri, medicina territoriale e assistenza domiciliare ad esclusivo beneficio di un paziente sempre più connesso. La Telemedicina sarà di conseguenza al servizio del medico che riuscirà a monitorare i suoi pazienti, ovunque essi siano. In conclusione, saranno i dati a muoversi e non le persone.

L’offerta di servizi di Telemedicina per i pazienti cronici consentirebbe, inoltre, di ottenere un importante risparmio di costi a carico della collettività (pazienti e loro caregiver), che restano spesso nascosti.

La sanità digitale nelle sue varie forme ha il grande potenziale di garantire ai pazienti l’erogazione di servizi di cura ed assistenza, facilitandone l’accesso laddove esistono delle barriere.

La Telemedicina viene in soccorso soprattutto in quelle situazioni in cui la distanza rappresenta un fattore critico: alle popolazioni che abitano in aree remote, ai connazionali che vivono all’estero o che vi si trovano per viaggio, a coloro che lavorano sulle navi, e a tutte le persone che per motivi fisici, familiari o lavorativi non possono spostarsi dalla propria città di residenza.

Più che di svantaggi legati a un maggior ricorso alla sanità digitale, e in particolare della Telemedicina, parlerei di punti di attenzione che è opportuno tenere in considerazione affinché ci sia un reale coinvolgimento di tutti gli stakeholders implicati nel percorso di cura.

Serviranno informazione, dialogo e collaborazioneall’interno dei nuovi processi organizzativi per garantire sempre più funzioni personalizzate e che soddisfino le reali esigenze degli operatori; e occorrerà includere queste piattaforme come modalità di consultazione medico-paziente nella cartella clinica elettronica dei gestionali ospedalieri. 

Se da un lato, quindi, si assiste ad una espansione dell’uso della tecnologia, dall’altro vi è un approccio più cauto da parte dei payor, sia pubblici che privati.

Il Covid-19 ha modificato le possibilità di accesso alle cure, facendo esplodere, forse senza un’adeguata normativa (fino a maggio 2021) e senza un’adeguata formazione degli operatori, l’utilizzo di soluzioni di telecare. Dal vostro punto di vista, quale scenario si delinea nel prossimo futuro? Quale lezione abbiamo imparato dall’esperienza di cura a distanza che si è imposta sotto la spinta del Covid-19 e cosa invece non può essere gestito da remoto?

Negli ultimi dieci anni il progresso tecnologico, specialmente se facciamo riferimento ai processi di digitalizzazione, ha stravolto tutti gli ambiti della nostra quotidianità. Abbiamo assistito, infatti, ad un’autentica accelerazione che ha portato molti settori, compreso quello della sanità, a trasformarsi radicalmente, impattando in maniera diretta su tutti i servizi che utilizziamo, tra cui l’accesso alle cure sanitarie.

Indubbiamente, l’emergenza sanitaria ha mostrato i limiti dei sistemi di cura tradizionali.

La sfida per il futuro sarà da una parte, quella di mettere a disposizione dei cittadini/pazienti servizi digitali che siano progettati tenendo in considerazione le loro esigenze e che siano semplici da utilizzare e facilmente accessibili; dall’altra, saper riconoscere i limiti di un esame “fisico” a distanza come, ad esempio, l’assenza della palpazione in alcune condizioni, o nella dermatologia dove il paziente viene principalmente valutato visivamente. In alcuni casi specifici si potrebbe parlare di visite di follow-upe non di prima visita.

La Telemedicina ha diversi vantaggi e può essere una grande opportunità nelle cure croniche in pazienti con grosse difficoltà di spostamento, con il grande potenziale di abbattere queste ed altre diseguaglianze.

Chiesi Italia si rivolge, con i propri farmaci, principalmente ai pazienti con patologie croniche: come ci si può immaginare il nuovo patient journey?

Nel prossimo futuro sarà superato il concetto di farmaco inteso come semplice prodotto, per arrivare ad una visione che lo vede come parte dell’intero processo di diagnosi e cura del paziente. Come ho detto in precedenza, saranno le tecnologie a mettersi al servizio del medico e saranno i dati a muoversi e non le persone.

Come Società Benefit e più grande azienda farmaceutica internazionale certificata B Corp, il Gruppo Chiesi persegue la mission di generare valore condiviso tra noi, l’ambiente e la società. Per farlo, non possiamo più “semplicemente” mettere a disposizione soluzioni terapeutiche efficaci e innovative, ma dobbiamo concentrarci anche su trattamenti non farmacologici e servizi. 

Nel mettere a disposizione servizi “digitali” per un nuovo patient journeyci stiamo muovendo su tre diverse prospettive temporali, a breve, medio e lungo termine. Nel breve termine abbiamo contribuito e stiamo tutt’ora contribuendo a mettere a disposizione strumenti digitali per gestire meglio alcune patologie croniche nelle aree di expertise di Chiesi, come la gestione della terapia immunosoppressiva dopo il trapianto di rene e di fegato, la gestione della terapia fisico-riabilitativa nel morbo di Parkinson, la gestione dell’asma. Guardando al medio termine, alla fine del 2020 Chiesi ha raggiunto un accordo di partnership con Kaia Health, azienda leader nel settore delle terapie digitali, per la commercializzazione in Europa di Kaia COPD Management, l’app per la riabilitazione polmonare in pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). In Germania si prospetta che l’app possa concludere il processo DiGA Fast Track (processo per l’approvazione, il test, la sperimentazione e la valutazione di queste app) entro la fine dell’anno ed essere pertanto approvata per la prescrizione medica e il rimborso attraverso il sistema sanitario nazionale.Ed infine, in una prospettiva più lungimirante, stiamo ponendo le basi per sviluppare in Italia una terapia digitale in ambito cardiovascolare, muovendo i primi passi nella definizione del Software as Medical Device(SaMD) che potrebbe diventare una terapia digitale. Il supporto digitale nella gestione delle malattie croniche, la partnership in altri paesi con aziende esperte in terapie digitali, e l’impegno a sviluppare in Italia un dispositivo medico che possa in prospettiva diventare una terapia digitale, sono i tre fronti su cui ci stiamo muovendo per contribuire a una reale digitalizzazione della sanità.

La ricerca clinica durante la pandemia ha subito una lunga pausa di sospensione, tranne che per le cure contro il Covid-19. La Direzione medico-scientifica di un’azienda come Chiesi che investe il 20% del proprio fatturato in R&S, si è avvalsa delle tecnologie da remoto per portare avanti i progetti di ricerca? Può descriverci un’esperienza virtuosa?

La pandemia Covid-19 ha insegnato a credere nei cosiddetti “remote trial”, già presenti nel panorama della ricerca clinica ormai da qualche anno ma visti sempre con una certa dose di scetticismo, soprattutto in riferimento alla sicurezza e all’affidabilità del dato.

Il trial da remoto supera l’attuale modello di esecuzione dei trial clinici che è fortemente legato al centro di sperimentazione e alle visite cadenzate e in presenza per tutti i pazienti. Ed è proprio a questo livello che le tecnologie entrano in gioco nei trial virtuali. Infatti, molte delle attività legate al centro sperimentale possono essere sostituite ed incrementate nel loro volume, grazie a tecnologie mobili quali tablet, dispositivi indossabili, smartphone o soluzioni di Telemedicina. Come Chiesi, ad esempio, nel 2020 abbiamo avviato uno studio clinico in real word(mondo reale) che si avvale della tecnologia digitale per valutare lo stato di salute, la qualità della vita e l’aderenza terapeutica in pazienti con BPCO per un periodo di 12 mesi: il TRITRIAL. Il livello di digitalizzazione, infatti, supporta l’intera conduzione dello studio, dalla gestione della documentazione e dei dati alle attività dei ricercatori e dei pazienti, apportando notevoli benefici a livello di impatto sull’ambiente grazie all’eliminazione della carta. Mediante un portale specifico, il team di ricercatori ha accesso a tutti gli strumenti per la conduzione dello studio, con evidenti benefici sul carico di lavoro e sull’accuratezza dei dati. È, inoltre, costantemente supportato da un assistente virtuale in tutte attività da seguire. Il paziente può compilare il consenso informato e i questionari mediante il proprio smartphone, tablet o pc e i dati vengono acquisiti automaticamente nel database dello studio. Inoltre, può effettuare le visite di follow up da remoto, opzione implementata per fronteggiare questo momento di emergenza a causa del Covid-19. 

Non v’è dubbio che il cambiamento è spesso difficile e lento, ma le lezioni apprese durante la pandemia stanno fornendo spunti importanti e utili per superare queste sfide, favorendo una maggiore apertura degli enti regolatori a supportaretali sperimentazioni virtuali, a patto che il disegno dello studio ne sia compatibile.

Chiesi Italia sostiene il progetto di Fondazione Istud “Telemedicina tra efficacia, efficienza e umanizzazione delle cure” assieme ad altre aziende farmaceutiche, biomedicali e start up: questa tematica così importante deve essere quindi affrontata in modo organico da parte di tutte le imprese coinvolte data la necessità di riorganizzare in modo efficace, efficiente e umano i percorsi di cura?

Il processo di digitalizzazione in sanità sta profondamente cambiando il mondo della medicina. Inoltre, l’emergenza sanitaria ha radicalmente modificato gli scenari, mettendo a dura prova la resilienza del nostro Servizio Sanitario Nazionale. 

Sta cambiando la concezione di medicina e di conseguenza di come un’azienda svilupperà le cure per i propri pazienti. Le tecnologie digitali possono rappresentare una grande risorsa perché facilitano l’integrazione ospedale-territorio. Ad esempio, favorendo l’accesso del paziente alle cure e creando così un’integrazione efficace tra medicina generale, specialistica e assistenza domiciliare.

Sarà dunque importante costruire partnership sinergiche tra start up, industria farmaceutica, informatica e mondo accademico per creare valore per i pazienti, gli operatori sanitari e il sistema nel suo insieme.

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