Creatività, ovvero la capacità di affrontare le situazioni in maniera nuova – Intervista a Alessandro Antonietti

Alessandro Antonietti è professore ordinario e preside della Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano.
E’ direttore del Centro di Ricerche sull’Orientamento e lo Sviluppo Socio-professionale (CROSS) e responsabile del Servizio di Psicologia dell’Apprendimento e dell’Educazione in Età Evolutiva (SPAEE) e dal 1997 è il coordinatore del Laboratorio di Psicologia Cognitiva dell’Università Cattolica.
Ha compiuto studi teorici e sperimentali soprattutto nell’ambito della psicologia cognitiva e dell’apprendimento, focalizzando la propria attenzione sui processi implicati nella creatività, nella soluzione di problemi e nella presa di decisione, con particolare attenzione alla metacognizione, al pensiero per analogia e al ragionamento a base visivo-spaziale. Si è interessato della messa a punto di test e di training per lo sviluppo di specifiche strategie di pensiero, anche sfruttando le potenzialità della tecnologie. Ha svolto indagini anche nell’ambito della psicologia della musica e della musicoterapia, approntando e sperimentando materiali e procedure per la riabilitazione di operazioni cognitive. Si è occupato di questioni teoriche, metodologiche e storiche della psicologia.


CHE COS’È PER LEI LA CREATIVITÀ?

La creatività è la capacità di affrontare le situazioni in maniera nuova, trovando il modo di produrre qualcosa di diverso o di comportarsi differentemente rispetto a ciò che c’era prima o era usuale fino a quel momento. È importante che ciò che di nuovo viene introdotto sia significativo, o perché è utile e risponde a qualche richiesta o necessità proveniente dall’ambiente o perché porta le persone a cogliere un aspetto della situazione prima non evidenziato. Altrimenti si ha solo bizzarria o originalità fine a se stessa.

COME INFLUISCE LA CREATIVITÀ SUL NOSTRO BENESSERE?

La creatività è un campo in cui la persona può maturare uno sviluppo integrale delle proprie potenzialità e in cui gli individui soggetti al rischio di disfunzioni del pensiero possono trovare un aiuto per il superamento delle proprie difficoltà. In particolare promuovere la creatività contribuisce a sviluppare dimensioni della persona che un’eccessiva preoccupazione per il rigore logico, il controllo emotivo o l’adattamento sociale porta ad atrofizzare. Anche le rigide abitudini, che non lasciano spazio a cambiamenti e alla sperimentazione di alternative, soffocano la fantasia. Impegnandosi invece in attività che richiedono di attivare le proprie sensibilità e risorse immaginative l’individuo può raggiungere uno stato di autorealizzazione poiché trova il modo per esprimere un proprio punto di vista sulla realtà e per personalizzare ciò che gli sta attorno imprimendovi la propria “impronta”. Autorealizzazione, personalizzazione, soddisfazione nella vita sono ingredienti del benessere e quindi si coglie come la creatività possa contribuirvi.

La creatività ha anche però un significato più pratico, che riguarda la capacità di risolvere in maniera originale situazioni per le quali le strategie abituali non funzionano. Vari problemi della vita quotidiana richiedono, per essere affrontati e superati, una certa dose di creatività. Se devo stappare una bottiglia e non ho a disposizione il solito apribottiglie, dovrò ingegnarmi a trovare un diverso modo per raggiungere il mio obiettivo: provare a usare una posata, strisciare la ghiera del tappo contro il bordo del tavolo, tirare il tappo dopo averlo avvolto con una cordicella, per esempio. Quindi la creatività aiuta il benessere perché in varie circostanze suggerisce come cavarsela. 

La creatività è anche utile per risolvere situazioni difficili dal punto di vista relazionale. Nella vita quotidiana trovate “creative” possono riattivare una persona delusa e demotivata facendo finta di avere bisogno di lei (voglio aiutarti ma faccio l’opposto, ossia chiedo il tuo aiuto) oppure far svolgere un lavoro noioso facendolo apparire come importante (vi ricordate come Tom Sawyer, che per castigo doveva tinteggiare la staccionata, in realtà fece fare questo lavoro ai suoi amici facendo credere loro che era un privilegio, per il quale per di più dovevano pagare?).

Risolvere problemi pratici, trovare vie di uscita in relazioni interpersonali difficili, dare un senso personale alla propria vita: tutto ciò contribuisce al benessere e la creatività può essere un aiuto in tal senso.

COME PUÒ ESSERE APPLICATA LA CREATIVITÀ IN AMBITO MEDICO? 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) da molti anni propone una linea di intervento che ha l’obiettivo di sviluppare nella popolazione le life skills (abilità per la vita), ossia le capacità che dovrebbero permettere al cittadino di prendersi cura della propria salute documentandosi, valutando in maniera critica le informazioni, considerando con attenzione le possibili scelte e prendendo decisioni in maniera saggia. Tra le life skills che l’OMS cerca di incrementare vi è la creatività.

IN CHE MODO E PERCHÉ UN CURANTE DOVREBBE COLTIVARLA? E UN PAZIENTE?

Per il curante la creatività può essere una risorsa per risolvere situazioni professionali nelle quali è necessario cambiare le routine di lavoro o il modo abituale di agire. Per esempio, se per la maggior parte dei pazienti è sufficiente prescrivere un trattamento e si è sicuri che lo seguiranno, per certi pazienti occorre escogitare degli espedienti per indurli ad attenervisi: come nel caso di Tom Sawyer, magari si tratta di trovare il modo per prospettarlo al paziente in una maniera che sia per lui motivante. Per esempio, non proporlo come un intervento per curare o prevenire ma descriverlo come un modo per potenziare un aspetto di sé cui il paziente tiene. Anche l’organizzazione degli spazi, dei tempi e dei turni di lavoro nel proprio studio o nelle strutture sanitarie può richiedere una certa creatività per essere resa più funzionale. Dal punto di vista del paziente la creatività è utile quando egli deve riorganizzare il proprio mènage quotidiano per un sopraggiunto problema fisico, temporaneo o cronico: se occorre allestire diversamente la propria dimora, gli orari, i comportamenti propri e altrui, la flessibilità di pensiero e di atteggiamenti che è collegata alla creatività torna utile.

LEI PARTECIPA A PROGETTI CHE RIGUARDANO PSICOLOGIA E MUSICA; IN CHE MODO LA MUSICA È TERAPEUTICA?

In questo ambito vi è la necessità di capire, nelle tante esperienze di uso “terapeutico” della musica che sono documentate, che cosa precisamente produce degli effetti benefici. E’ il piacere che la musica produce, quindi un effetto di motivazione, di disposizione o di rilassamento? Oppure è la dimensione sociale: la partecipazione a sedute di musicoterapia diventa occasione per stare insieme ad altri, entrare in relazione con loro ed uscire dal proprio isolamento e sentire di fare parte di un gruppo? Se così fosse, la musica non avrebbe nulla di speciale perché analoghi effetti potrebbero essere ottenuti anche con attività di altro genere che producono serenità o contatti sociali. O invece sono proprio dei meccanismi psicologici specifici attivati dalla musica a permettere o favorire la riabilitazione di certe funzionalità? E’ quest’ultima direzione quella più interessante da indagare. Si scopre così, per esempio, che è proprio il meccanismo di entrainment (trascinamento) ritmico della musica ad aiutare a sviluppare o recuperare delle competenze linguistiche (si veda su questo il sito www.polimus.it) oppure che à la sintonizzazione emotiva indotta dalla musica a facilitare il potenziamento delle capacità relazionali. 

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