Il narratore ferito: con quali occhi leggerlo? – Recensione a Arthur Frank, Il Narratore Ferito

Certamente Christian Delorenzo ci ha fatto un secondo dono, dopo la traduzione del libro di Rita Charon, Medicina Narrativa (Narrative Medicine), ora ci regala la traduzione splendida del libro di Arthur Frank, Il Narratore Ferito (The Wounded Storyteller) edito da Einaudi.


Arthur Frank, sociologo e paziente affetto da un carcinoma, scrisse questo saggio ventisette anni fa, proprio quando la medicina e la sanità stavano facendo i loro tentativi per uscire da un sistema relazionale medico paziente basato su una cultura paternalistica per entrare in quello dei numeri dell’ ‘Evidence Based’ Medicine di Sackett.

In questa turbolenza a due voci, una prima paternalistica che pretendeva di “ordinare al paziente” quale fosse la strada migliore per lui/lei, già sulla via del declino, e una seconda nascente della medicina delle prove, che dichiarava che non contano così tanto le singole esperienze dei singoli medici, ma la scienza clinica (riducendo così in troppi casi il paziente a un numero di un protocollo), si è inserita la voce di un ambasciatore, Arthur Frank, che ha annunciato la necessità di sostare, di guardare la ferita della malattia e di ascoltarne le voci dei pazienti, che altrimenti andavano perdute. È stato questo il suo più grande merito, quello di aver scritto cose scomode per la sanità paternalistica e riduzionistica, denunciandone anche le ingiustizie sulle cure, e di avere annunciato il diritto dei pazienti di raccontare la propria biografia di malattia.

Frank legge le biografie di malattia pubblicate di molti scrittori, che appunto per mestiere, sanno già scrivere, le commenta nel Narratore Ferito, e da qui poi sviluppa la sua famosa tripartizione delle narrazioni in tre classi: Caos (Chaos), Restituzione (Restitution) e Ricerca (Quest). Sono le narrazioni disponibili quasi trent’anni fa, le fonti dei dati erano quelle di intellettuali che si sono ammalati o di curanti di allora. Riconosciamo uno straordinario valore a Susan Sonntag, ed è importante per riconoscerla tra le prime voci che hanno avuto il coraggio di scrivere come avviene un processo di stigmatizzazione attraverso le metafore, ma i tempi sono molto cambiati, e qui userei un termine ottimista, evoluti.

Non mi riferisco ai social che postano quotidianamente storie di malattie (Frank li chiamerebbe frammenti, il nostro Sandro Spinsanti selfie di malattia), ma allo straordinario pullulare di un attivismo che ha preso solidità e che vuole conoscere le narrazioni dei pazienti, anche di quelli che non sanno scrivere bene, che si esprimono in dialetto, ma desiderano far capire non solo come aiutarli nei percorsi di cura ma come far sì che le loro narrazioni – come lo stesso Frank ci insegna – possano diventare narrazioni di Quest, di ricerca. Ricerca di cosa? Di fronte alla perdita di “abilità” che una malattia o un evento indesiderato comporta, non del recupero della stessa (quella che l’autore chiama Restituzione, Restitution) ma lo scoprire un nuovo viaggio, un nuovo stile di vita (la Quest, la Ricerca).

Frank, purtroppo colpito dal tumore, ha molti strumenti di “coping” (le risorse per affrontare eventi indesiderati e /o inattesi come la malattia) nella sua cultura di sociologo, per affrontare il viaggio di quest, quell’epico viaggio dell’eroe che sta tra i due mondi, da quando la malattia ha inizio e si cade nel mondo metaforico dell’oltretomba e poi prosegue secondo altri percorsi per cercare nuove vie di uscita. Ma noi siamo tutti così ricchi e dotati di questi strumenti di coping- la potremmo chiamare anche con una parola abusata oggi, resilienza-  per cercare altre strade, nuovi percorsi? E come svilupparli?

Da un’indagine svolta da ISTUD, Il Covid è il Covid era, abbiamo riscontrato che molti cittadini hanno scritto testimonianze di Quest, una ad esempio, “Che si possa ripensare un futuro: se torniamo a ‘come era prima’ perderemo un’occasione imperdibile per cambiare la realtà e risolvere problemi ancora più urgenti”, e molte altre di  Restitution: ridateci la normalità che avevamo prima, scritto in tutti i modi possibili. In questa Restitution abbiamo visto un enorme salto di consapevolezza: le persone non sapevano quanto valesse la libertà di poter dare un abbraccio perché prima della pandemia non erano mai state deprivate di questa libertà: mai noi tutti avevamo vissuto un copri fuoco, e quindi solo quando la cosa ci è stata tolta abbiamo apprezzato il poter tornare a casa tardi la sera: erano tutte cose date sul cui senso non avevamo riflettuto, semplicemente perché erano scontate.  La Restitution in queste narrazioni, a differenza di alcune affermazioni di Arthur Frank che ritiene questa categoria come un’attitudine in un mondo più inconsapevole, si pone invece in quella prima fase di lutto, dove scopriamo per la prima volta quello che abbiamo perso. Quel Paradiso Perduto di cui non ne conoscevamo il valore: siamo in una postura di nostalgia e rimpianto. E allora per riavere quell’abbraccio, ci facciamo vaccinare sì, indossiamo la mascherina, anche se il mondo, come scrive Frank, è ipermedicalizzato. 

E ora mentre scrivo queste righe, leggiamo le narrazioni dei giornalisti sono sulla guerra e quanti di noi stanno rimpiangendo, pur cercando soluzioni, quel nostro piccolo mondo antico che forse non ci sarà più e non ci verrà restituito?

Ho amato tanto Frank quando ha descritto cosa vuol dire narrazione di Caos: scrive di sopravvissuti all’Olocausto, sfuggendo da qualsiasi luogo comune, “la guerra è finita”, “andiamo in pace”, ma anzi afferma che leggendo le narrazioni dei sopravvissuti è proprio lì che inizia il Caos: un caos perenne, dove malgrado gli intervistatori volessero mettere in evidenza le cose positive, la fine dei campi di concentramento, l’essersi salvati (e non essere stati sommersi) le narrazioni ricavate erano brandelli di vita rimasti. Senza senso e piene di sensi di colpa proprio per essere sopravvissuti. E qui Frank è geniale: ci dà il permesso di non trovare un senso nelle cose storiche che accadono, rispettando il Caos nella sua immensa atrocità, di guerra, malattia, ingiustizia. 

Leggiamo dunque “Il narratore ferito” di Frank tradotto con cura da Christian Delorenzo, con grande curiosità e piacere,  sapendo che l’autore è stato un pioniere e un innovatore,  che scriveva in un momento di grande turbolenza storica  per il conflitto  tra la medicina paternalistica e quella basata sul consenso di quasi trent’anni fa in medicina e nella sua terra, l’Alberta in Canada. Scorriamo le sue pagine sapendo che nel frattempo quell’approccio paternalistico di cui scrive è andato a scemare (non a scomparire) nel tempo e che l’impero dei numeri delle evidenze è sempre più affiancato dalle storie di un popolo di narratori feriti, non più solo pochi scrittori e intellettuali. Anche poeti senza laurea a cui abbiamo dato diritto di parola.

Maria Giulia Marini

Epidemiologa e counselor - Direttore Scientifico e dell'Innovazione dell'Area Sanità e Salute di Fondazione Istud. 30 anni di esperienza professionale nel settore Health Care. Studi classici e Art Therapist Coach, specialità in Farmacologia, laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche. Ha sviluppato i primi anni della sua carriera presso aziende multinazionali in contesti internazionali, ha lavorato nella ricerca medica e successivamente si è occupata di consulenza organizzativa e sociale e formazione nell’Health Care. Fa parte del Board della Società Italiana di Medicina Narrativa, Insegna all'Università La Sapienza a Roma, Medicina narrativa e insegna Medical Humanities in diverse università nazionali e internazionali. Ha messo a punto una metodologia innovativa e scientifica per effettuare la medicina narrativa. Nel 2016 è Revisore per la World Health Organization per i metodi narrativi nella Sanità Pubblica. E’ autore del volume “Narrative medicine: Bridging the gap between Evidence Based care and Medical Humanities” per Springer, di "The languages of care in narrative medicine" nel 2018 e di pubblicazioni internazionali sulla Medicina Narrativa. Ha pubblicato nel 2020 la voce Medicina Narrativa per l'Enciclopedia Treccani e la voce Empatia nel capitolo Neuroscienze per la Treccani. E' presidente dal 2020 di EUNAMES- European Narrative Medicine Society. E’ conferenziere in diversi contesti nazionali e internazionali accademici e istituzionali.

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