Il luogo di cura ideale: intervista con l’architetto Emanuela Valle

L'architetto Emanuela Valle
L’architetto Emanuela Valle

Seguendo il tema del luogo di cura ideale, abbiamo realizzato un’intervista con l’architetto Emanuela Valle, cofondatrice dello Studio Valle 3.0 e specializzata in strutture sanitarie.

Qual è il luogo ideale di cura per i pazienti?

Sicuramente il luogo in cui l’attenzione e il rispetto diventano materia concreta. In questo luogo ogni componente è rivolta alla situazione del paziente, essere umano che si trova in condizione di difficoltà sia che si tratti di pazienti ambulatoriali sia che si tratti di pazienti di terapia intensiva. Lo standard del confort dovrebbe essere inteso non tanto di tipo alberghiero, ma in una certa maniera “casalingo”. Una particolare attenzione ai colori, agli arredi, alle visuali, la stessa posizione sdraiata ad esempio, il poter vedere fuori dalla finestra tramite vetrate più basse. Addirittura delle terrazze dove possibile. Un’attenzione alla condizione a trecento sessanta gradi insomma.

E per i professionisti sanitari?

L’ospedale è una struttura complessa, quasi una città, essendoci un’utenza molto variegata. Secondo me anche in questo caso l’attenzione va data alla qualità dello spazio. Qualità che viene data anche dalla possibilità di illuminare gli spazi di lavoro con luce naturale, come i corridoi, molte volte veri spazi d lavoro, devono avere riferimenti verso l’esterno, senza muri ciechi con solo luce artificiale a disposizione. Anche in tutti i punti di concentrazione, dove magari si prepara un documento o un medicinale. Bisognerebbe domandarsi quanti passi fanno i professionisti sanitari ogni giorno e ci si accorgerebbe che i percorsi dovrebbero essere i più brevi possibili non solo per la velocità di intervento.

E per i familiari?

Qui si parla di modelli organizzativi, dell’apertura delle visite, degli orari, ecc. Si parla di locali dedicati al colloquio medico-paziente e medico-familiare, non completamente chiusi anche qui. Sembra che quando si riceve una brutta notizia si tenda a guardare fuori, verso l’esterno. La luce naturale fa da padrone, così come i giardini, il molto verde.

Che fattibilità c’è oggi?

La fattibilità e la possibilità ci sono dappertutto. Non vedo cosa lo possa impedire e questo si può fare sotto varie forme e sotto vari aspetti. Prendiamo ad esempio il pronto soccorso che è sempre più come imbuto, un collo di bottiglia, oggi si configura come porta di accesso alla struttura sanitaria. Bisognerebbe guardare alle case della salute, la cui presenza sul territorio potrebbe aiutare a risolvere in maniera differente l’accesso alla struttura. Punti nei quali vengono prestati dei servizi, anche di base, alle quali uno si può rivolgere. Svuoterebbe un minimo le problematiche di accesso e sovraffollamento dei pronto soccorsi. Anche i medici di famiglia si stanno organizzando per restare aperti ventiquattr’ore su ventiquattro, proprio per questo motivo.

Ultimamente abbiamo visitato ospedali fatiscenti del nord, centro e sud Italia. Si può fare qualcosa?

Assolutamente sì, anzi si deve. Si dovrebbe: compatibilmente con i vari fondi. Ci sono cose che sono proprio inaccettabili. Anche solo sveltire le procedure per evitare che un ospedale venga inaugurato già “vecchio”. Per questo motivo a noi architetti viene domandato poi di progettare un ospedale flessibile, bisogna però capire il grado di questa flessibilità. Passa decisamente troppo tempo dallo stanziamento dei fondi alla decisione effettiva di sviluppare quella struttura, anche quindici anni. Da progetto alla sua realizzazione c’è un vuoto, sempre troppo vasto.

Matteo Nunner

Laureato in Lettere all'Università del Piemonte Orientale, si sta specializzando in Scienze Antropologiche ed Etnologiche all'Università di Milano-Bicocca. Giornalista e scrittore vercellese, ha collaborato con molte testate locali e nel 2015 ha pubblicato il romanzo d'esordio "Qui non arriva la pioggia". Nel 2017 ha poi pubblicato "Il peccato armeno, ovvero la binarietà del male".

Questo articolo ha un commento

  1. Pino Fiumanò

    Buon giorno
    mi presento sono il Do.re Pino Fiumanò operatore di teatro sociale e di comunità, ideatore ed il projct manager dell’azione progettuale comunitaria:Umanizzazione dei luoghi della cura. Costruire luoghi e spazi di ben-essere per curati e curanti.
    Un progetto ed un nuovo format che utilizza Cultura Arte Teatro Partecipazione per costruire processi di Ben-essere e salute per curati e curanti.
    Vi invitiamo a venirci a conoscere sulle pagine del nostro sito
    http://www.salutearte.it
    Il progetto è attualmente nella fase di disseminazione per cui vi chiediamo se volete condividerlo con noi.
    Sempre a disposizione per incontrarvi e approfondire metodologia obiettivi e azioni.
    Vi ringraziamo.

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