Guardare opere d’arte genera nel cervello le stesse reazioni d’essere innamorati

La cattedrale di Salisbury di J. Constable
La cattedrale di Salisbury di J. Constable

Il professor Semir Zeki, neurobiologo all’University College of London, ha dimostrato che il nostro cervello reagisce in maniera molto simile quando siamo innamorati e quando osserviamo una magnifica opera d’arte. La ricerca si è concentrata sull’analisi dell’eccitazione di determinate parti del cervello umani, scoprendo che nelle due diverse situazioni si attivano le medesime aree. Si tratta di una delle molte prove di quanto l’arte possa risultare utile all’interno di terapia per combattere gravi patologie come la depressione.

Nello studio sono state evidenziate vere e proprie componenti chimiche, rinomate per il loro coinvolgimento in contesti di desiderio e di piacere profondo, come ad esempio la dopamina nella corteccia orbito-frontale del cervello. Sostanze spesso associate al sentimento amoroso o all’assunzione di stupefacenti.

Il professor Semir Zeki ha analizzato le reazioni cerebrali di alcuni volontari mentre venivano loro sottoposte 28 immagini. Tra queste la Nascita di Venere di Botticelli, i Bagnanti a La Grenouillère di Claude Monet e la Cattedrale di Salisbury di Constable. Come ha sottolineato Zeki:

Vi sono stati dei grandi passi avanti nella nostra comprensione di cosa succede all’interno del nostro cervello quando guardiamo opere d’arte. Abbiamo recentemente scoperto che quando osserviamo cose che consideriamo stupende, vi è un incremento dell’attività nei centri di riconoscimento del piacere del cervello. C’è un grosso apporto di dopamina in quest’area, conosciuta anche come il trasmettitore “feel-good”. Essenzialmente i centri feel-good sono stimolati, similmente agli stati di amore e desiderio. La reazione è stata immediata.

Matteo Nunner

Laureato in Lettere all'Università del Piemonte Orientale, si sta specializzando in Scienze Antropologiche ed Etnologiche all'Università di Milano-Bicocca. Giornalista e scrittore vercellese, ha collaborato con molte testate locali e nel 2015 ha pubblicato il romanzo d'esordio "Qui non arriva la pioggia". Nel 2017 ha poi pubblicato "Il peccato armeno, ovvero la binarietà del male".

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