UNA PAROLA IN QUATTROCENTO PAROLE – GIUSTIZIA

Ius, propriamente «diritto», deriva da un nome protoindoeuropeo che significa “forza vitale, eternità”. Vi è un legame con il sanscrito yoh (salute), yos (della vita) e ayus (durata della vita). Queste ultime indicano una temporanea espressione di energia e esistenza destinata a decadenza e distruzione, insomma qualcosa che è necessariamente finito. Anche ius reca la stessa suggestione di finitezza del sanscrito: esprime, infatti, l’idea di un insieme di regole (e dunque limitazioni) per la vita e i premi e le punizioni per chi segue o infrange le stesse. 

«Giustizia» viene dal latino iustitia, parola a sua volta formata dall’aggettivo iustus e dal suffisso –itia che esprime “la condizione di essere”: iustitia significa “la qualità di essere iustus”. Iustus, derivato da iusin combinazione con il suffisso –tus, esprime “l’essere provvisto di”, in questo caso di ius. Giustizia vuol quindi dire “la condizione di essere provvisti di ius”; è qualcosa di dato che una volta ricevuto determina uno stato o condizione diversa da prima in ciò che lo riceve.

L’iconografia tradizionale occidentale della Giustizia è una donna bendata con una bilancia e una spada. La sua cecità artificiale e l’uso dello strumento di misura legato all’equilibrio (aequus «uguale» e libra «peso, bilancia») e alla misura suggeriscono una connotazione ponderata e disinteressata (e pertanto non discriminante) del principio raffigurato. Per avere un’applicazione equa della giustizia è necessario equilibrare (letteralmente, dare il giusto peso) le norme all’oggetto in questione.

Si prenda il caso delle vaccinazioni. Nel momento in cui sono state disponili le dosi, nell’impossibilità di vaccinare tutta la popolazione italiana in contemporanea, è giusto che si stili una lista di priorità così da ridurre il pericolo di morte o malattia grave delle fasce più a rischio. Un simile modo di procedere può configurarsi come esempio di giustizia, ossia di un’azione imposta dallo iusche cambia lo stato d’essere delle persone. Lo ius, infatti, si presenta come l’applicazione di regole che agiscono sulla (e per la) vita.

Tuttavia, bisogna prestare attenzione a come si stabiliscono le priorità: la benda della Giustizia non prevede una scelta cieca e casuale; al contrario, il suo accostamento con la bilancia suggerisce una valutazione oggettiva delle singole situazioni. Se il fine è quello di salvare più vite possibili, il criterio di priorità, dunque, non dovrebbe essere altro che il rischio di fragilità fisica delle singole categorie.

Lasciaci, per favore, una parola per il tuo «sentimento della giustizia».

Enrica Leydi

Milanese di nascita, ha conseguito la laurea triennale in Lettere Moderne presso l'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna. Sta attualmente completando il corso di laurea magistrale in Italianistica, sempre presso la medesima università emiliana. Collabora con ISTUD da aprile 2021 in qualità di coordinatrice della rivista «Cronache di Sanità e Medicina Narrativa».

Questo articolo ha 3 commenti.

  1. Rake

    Chi si appella alla giustizia ha bisogno di essere ascoltato. La giustizia è bendata perché dovrebbe essere imparziale, ma non è sorda! La giustizia non giudica nel totalitarismo di un pensiero, per questo la bilancia, per questo l’equità e la proporzionalità! Il corpo è INVIOLABILE !!

  2. Filosofia ed etimologia possono trovare qui un buon accordo. Giustizia significa essere provvisti di rispetto per la vita o per la forza vitale. C’è un indiretto richiamo al pensiero elementare che dà fondamento all’etica. Essere nel rispetto per la vita è un concetto chiave del pensiero di un grande medico, Albert Schweitzer, che fu molto attento al rispetto per la natura, per certi versi ecologista ante litteram.
    Temo che tra pandemia e guerre sarebbe anche lui come tanti molto amareggiato oggi, che l’ingiustizia tende a dominare ed uniformare le relazioni politiche,sociali,umane.

    1. Enrica Leydi

      Grazie per il commento e il bello spunto, Franco!

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