Epilessia e occupazione: un binomio possibile

Sin dalla prima fase della ricerca narrativa ERE – gli Epilettologi Raccontano le Epilessie, realizzata tra il 2017 e il 2019, il tema dell’occupazione per la persona con epilessia era emerso come una criticità da affrontare con urgenza, per il miglioramento della qualità di vita degli interi nuclei familiari che convivono con questa condizione. I risultati delle 91 narrazioni degli epilettologi erano stati condivisi attraverso un Consensus Meeting svolto nel 2019 con alcuni dei professionisti che hanno partecipato al progetto, iniziativa che si era conclusa con la richiesta di avviare un tavolo di lavoro che potesse integrare alla parte clinica anche quella sociale, istituzionale, medico-legale e imprenditoriale. L’aspetto lavorativo, infatti, non è slegato dal percorso di cura: può interferire con le scelte terapeutiche della persona con epilessia, e pone i curanti di fronte a questioni etiche nel fornire indicazioni e consulenze alle tante famiglie che chiedono aiuto e risposte.

Sembrava una richiesta utopistica, eppure l’Area Sanità e Salute della Fondazione ISTUD, l’impegno e patrocinio della Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE) e il supporto non condizionato di BIAL, hanno reso possibile la realizzazione di questo tavolo, forti di una motivazione che non si è fermata neanche davanti alla pandemia.

E così nella primavera del 2020, in piena emergenza sanitaria, sono stati organizzati una serie di incontri e attività a distanza che hanno riunito per la prima volta, non attorno ad un tavolo fisico ma virtuale, i clinici epilettologi con i referenti del mondo delle associazioni tra i quali la Federazione Italiana Epilessie (FIE), esperti in diritto del lavoro, rappresentanti del Ministero della Salute, referenti di agenzie per il lavoro, tra le quali Manpower, con la supervisione esterna dell’Associazione Nazionale Medici d’Azienda (ANMA).

L’obiettivo è stato quello di condividere e scrivere a più mani un Position Paper per la condivisione delle direttive e delle buone pratiche di integrazione, mantenimento e supporto lavorativo per le persone con epilessia e loro familiari. Le esigenze erano molteplici, ma gli intenti erano principalmente due:

  • iniziare a parlare del tema dell’occupazione con l’epilessia, ancora molto taciuto e soggetto ad un forte stigma da parte dei datori di lavoro, di chi si occupa di risorse umane, talvolta anche dei colleghi;
  • avviare un percorso per uniformare le linee guida e mettere a sistema le buone pratiche per accompagnare le persone con epilessia ad inserirsi e integrarsi nel mondo del lavoro, mantenerlo nelle migliori condizioni possibili, e supportare anche i caregiver, spesso genitori di bambini e ragazzi con epilessia grave, ma non solo.

Partendo da una raccolta sistematica di casi reali, si sono affrontati tre macro-temi specifici:

  • L’orientamento e inserimento nel mondo del lavoro dei giovani con epilessia
  • Il mantenimento o riadattamento del lavoro per gli adulti con epilessia
  • I supporti lavorativi per i familiari e caregiver di persone con epilessia grave.

Tante le azioni concrete e i soggetti individuati per affrontare questi aspetti in maniera integrata, multidisciplinare ed efficace, consultabili nel documento disponibile al link https://www.medicinanarrativa.eu/wp-content/uploads/Position-Paper-Epilessia-e-Occupazione.pdf.

Tra le figure e le relazioni chiave, quella tra il medico epilettologo e il medico competente, per una valutazione costantemente condivisa e oggettiva dello stato di salute e idoneità lavorativa della persona con epilessia. Nella rete di cura multidisciplinare, lo psicologo e l’infermiere domiciliare esperto in epilessia, figura presente all’estero ma non ancora strutturata in Italia, possono supportare in maniera concreta le famiglie. Tra i referenti del mondo occupazionale, le agenzie per il lavoro svolgono un ruolo di riferimento nel traghettare, preparare e orientare le persone con epilessia verso le occupazioni più adatte e soddisfacenti. Ai datori di lavoro, il compito ma anche l’opportunità di utilizzare le misure di welfare aziendale a disposizione, come le soluzioni di accomodamento, il lavoro da remoto o lo smart working – peraltro rivelatisi soluzioni chiave per tutti i lavoratori in questi mesi di pandemia – e altre forme di lavoro flessibile, con lo scopo di mettere la persona nella condizione migliore possibile per lavorare con soddisfazione e, conseguentemente, efficienza. Infine, le istituzioni possono intervenire in questa rete a supportare e facilitare, ad esempio, la gestione delle crisi epilettiche o delle terapie nelle scuole, formare gli insegnanti e l’intera società a conoscere l’epilessia.

Alla base di tutti gli elementi di criticità affrontati e condivisi, infatti, c’è lo stigma nei confronti di una condizione ancora poco conosciuta nelle sue caratteristiche effettive e spesso ingigantita da una visione “leggendaria e misteriosa”, da cui, nel dubbio, rifuggire.

L’occupazione delle persone con epilessia è una questione complessa per la molteplicità di fattori che concorrono, dalla condizione clinica, al contesto familiare e sociale di riferimento, alla tipologia di azienda e rischio lavorativo correlato. Inoltre, gli stakeholder chiamati a intervenire per migliorare l’occupabilità di chi ha l’epilessia sono diversi e agiscono su più livelli, clinico, sociale, giuridico, istituzionale. Non esiste pertanto una soluzione univoca che possa essere applicata a tutte le situazioni di epilessia, e non è certamente sufficiente un tavolo di lavoro di alcuni mesi per cambiare dall’oggi al domani lo scenario attuale. Eppure, un primo importante passo è stato fatto, per porre prima di tutto il tema all’attenzione della comunità scientifica e degli interlocutori sociali, istituzionali e giuridici, e per creare una rete virtuosa e integrata tra entità che oggi sembrano agire più singolarmente che coralmente.

Il prossimo passo potrebbe essere quello di uniformare gli interventi secondo delle linee di indirizzo condivise e di riferimento tanto per l’epilettologo quanto per il medico competente e i membri delle Commissioni di invalidità, per citare alcuni dei referenti chiamati in causa nei lavori di questo tavolo. L’uniformità e la condivisione delle prassi di intervento, aiuterebbero le persone con epilessia a prendere decisioni più ponderate e consapevoli in merito all’opportunità di dichiarare la propria condizione in un colloquio di lavoro, o nel contesto lavorativo in cui si opera già; e aiuterebbe i curanti ad avere risposte ai dubbi, che talvolta diventano veri e propri dilemmi, sul loro ruolo di affiancamento e supporto fornito ai propri pazienti, che non può limitarsi al solo aspetto clinico, perché c’è un’inevitabile reciprocità tra l’impatto delle cure sulla qualità di vita di chi convive con l’epilessia, e l’impatto degli eventi della vita sui percorsi di cura.

Chiamare in causa “il welfare” può sembrare un’operazione astratta e generalista, ma se si scompone questo termine negli attori e azioni di riferimento, diventa strutturare delle linee di intervento mirate, integrate ed efficaci.

Infine, un ringraziamento speciale va a tutti coloro che hanno sostenuto con forza ed entusiasmo questa iniziativa, in un periodo difficile e di incertezza: la LICE, rappresentato dal Presidente Prof. Mecarelli, gli 11 clinici epilettologi, la FIE e l’Associazione Fuori dall’Ombra – Insieme per l’epilessia, il Ministero della Salute – Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria, il giuslavorista Luca Barbieri, le agenzie per il lavoro Manpower e AFOLMET, e l’azienda BIAL per il supporto non condizionato. Con l’augurio che questo lavoro svolto tenacemente possa integrarsi in maniera proficua con gli sforzi già messi in atto da tutti loro e possa traghettare verso uno sforzo più corale.

Paola Chesi

Laurea in Scienze Naturali presso l’Università degli Studi di Torino. Project manager e docente dell’Area Sanità di ISTUD dal 2010. Esperta nella realizzazione di ricerche organizzative in ambito sanitario, in particolare attraverso l’approccio della Medicina Narrativa, applicata a progetti di respiro nazionale e internazionale per l’analisi dell’organizzazione e qualità dei percorsi di cura. Tra i temi di riferimento, l'inclusione delle persone con disabilità, e il benessere organizzativo. Coordina percorsi formativi accreditati ECM sulla Medicina Narrativa rivolti a professionisti sanitari, svolgendo attività di docenza applicata e tutoraggio. Coordina progetti europei finanziati nell’ambito dei Lifelong Learning Programme, con particolare riferimento alle metodologie formative basate sullo storytelling. Collabora con la Società Italiana di Medicina Narrativa e con referenti di università internazionali. Partecipa in qualità di relatrice a convegni promossi da società scientifiche e Aziende Sanitarie.

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