Raccontare la maternità: BISOGNI E SENTIMENTI – Project Work della X edizione del Master in Medicina Narrativa Applicata

[Project Work a cura della dottoressa Serena Gomirato, medico neonatologo presso l’Ospedale Ca’ Foncello, Treviso (Italia), e della dottoressa Federica Vagnarelli, medico neonatologo presso il Danat Al Emarat Hospital, Abudhabi (Emirati Arabi Uniti) – Master in Medicina Narrativa Applicata ISTUD X edizione] 

Un ringraziamento speciale va alla dr.ssa Francesca Intini, Neonatologa di grande capacità professionale e di sorprendenti doti umane che ci ha lasciato in eredità la sua enorme passione per la Medicina Narrativa e ci ha spronato a intraprendere questo fantastico viaggio, tramite l’unione di realtà diverse e distanti migliaia di chilometri. Grazie Francesca con tutto il cuore!

Questo project work nasce dal desiderio di conoscere più a fondo il mondo delle donne che diventano mamme cercando anche di capire se l’appartenere a culture diverse – lavoriamo in due Paesi diversi, l’Italia e gli Emirati Arabi – incida sul vissuto. Abbiamo voluto interpellare alcune nostre neomamme in cura, consegnando loro una traccia semi-strutturata con una prima parte di raccolta di dati sociodemografici e una seconda parte con stimoli narrativi che potessero aiutarle a raccontare i propri Bisogni e Sentimenti durante la Gravidanza e dopo il parto, sia in caso di nascita pretermine che a termine. In questa fase preliminare del nostro lavoro, ancora in corso, abbiamo esaminato le prime 20 narrazioni, 12 provenienti da madri italiane e 8 straniere (di cui 4 arabe e 2 provenienti dall’Est Europa), con un’età media complessiva di 34,5 anni; i bimbi di 17 di queste mamme erano già stati dimessi.

Iniziando dalle EMOZIONI in Gravidanza e al Parto, sia nelle gravidanze fisiologiche sia in quelle che terminano prima del tempo, esiste sempre un fortissimo senso di Paura nei confronti dell’esito (che è sempre potenzialmente incerto) oltre a tanta Fatica fisica:“i primi giorni dopo il parto sono stati i peggiori… invece che sentirmi felice, ero così traumatizzata ed impaurita dalla possibilità che le potesse accadere qualcosa di brutto …”; “vorrei più energia. Dopo il cesareo il mio livello di energia è andato molto giù”. La Fatica fisica si fa a volte per la Donna vero e proprio Trauma fisico nel vedere il proprio corpo modificato: “a volte avevo l’impressione che il bambino prendesse troppo dal mio corpo … le smagliature … il peso che aumentava”; “Mio marito dice che sudavo, che avevo la bocca aperta, le labbra molto screpolate e gli occhi completamente rossi e sbarrati …”.

Al senso di Meraviglia per il nuovo arrivato – “il primo momento in cui ho visto la mia bambina … era Bellissima!” – si accompagna spesso, sullo sfondo, una sensazione di Solitudine, o perché ci si sente incomprese, o perché la Famiglia è rimasta lontana, ad esempio per le restrizioni dovute alla Pandemia: “ora che sono a casa, mi sento stanca e a volte sola”; “ero lontana dalla mia Famiglia e da quella di mio marito … e questa ha fatto sì che mi sentissi ancora più impaurita e sola. Online non è la stessa cosa …”.

La Pandemia non è in realtà stata nelle nostre interviste una protagonista, come invece ci saremmo aspettate in questo periodo, a conferma di quanto la Gravidanza ed il Parto siano eventi più personali che sociali. 

BISOGNI in Gravidanza espressi più frequentemente vanno di pari passo con le emozioni. La Necessità di Riposo è espressa da quasi tutte le intervistate a sostenere i momenti di Paura e Fatica fisica: “tutto è centrato sul bambino e la mamma passa in secondo piano ma se la mamma non sta bene, se non si sente supportata, se non ha un’ora per sé al giorno per allentare la fatica… non può accudire il bambino nel modo migliore…”; “nelle prime settimane a casa avevo bisogno di riposare … che qualcuno si prendesse cura della casa al posto mio …”.

Nelle narrazioni si legge anche del bisogno di Intimità delle donne sia in gravidanza che dopo il parto, e vengono riportate le domande inopportune, i gesti non richiesti, le affermazioni superficiali: “nei primi giorni a casa, sentivo la necessità di stare sola con il mio bambino, avevo bisogno di conoscerlo e di farmi conoscere …”“ La mia pancia era la mia, non ho mai gradito che qualcuno me la toccasse… solo al personale sanitario lo consentivo senza sentire un brivido di fastidio e di allerta lungo la schiena …”. 

Nel periodo successivo al Parto poi, sono emersi come Bisogni fondamentali il sostegno all’Allattamento e anche, interessantissimo, il non sentirsi stigmatizzate dalla società in caso non si sia riuscite a partorire naturalmente e/o non si riesca ad allattare al seno: “c’è voluto del tempo … mesi … prima che capissi davvero di poter stare tranquilla se mio figlio avesse avuto bisogno di latte artificiale nel caso io “non ne avessi avuto abbastanza …”; “all’inizio ero triste perché’ non ero in grado di procurare al mio bambino abbastanza latte”.

Tra gli stimoli narrativi inseriti nella traccia narrativa, abbiamo inserito lo spunto riguardante la famiglia, che nella maggioranza dei casi è considerata un sostegno importante, ma in altri si rivela un’entità che fatica a capire la situazione, e in 3 delle 20 narrazioni non viene nominata. Anche il marito/compagno, talvolta è un riferimento, altre volte è a margine della narrazione, come a sottintendere una scarsa presenza e vicinanza.

Esaminando il linguaggio utilizzato nelle narrazioni, abbiamo trovato una variabilità tra stili più didascalici e descrittivi, altri più tragici-drammatici – “La mia bambina è nata prematura con peso basso alla nascita. Quando l’ho vista per la prima volta, mi sono messa a piangere, avevo paura che non ce l’avrebbe fatta. I primi giorni dopo la sua nascita sono stati i peggiori”; “il bambino nacque … e dopo … ancora contrazioni … terribili… mi sono spezzata i denti dallo sforzo. Terribile”– altri ancora più spirituali: “Il pensiero più bello che ho sulla mia gravidanza è pensare a che benedizione sia la possibilità che un corpo dia vita ad un altro perfetto essere umano”; “sono veramente benedetta ad avere una bambina che sta bene”. 

Talvolta le storie contenevano delle metafore interessanti e molto evocative: “Faccio immersioni da professionista ed ho sempre pensato che nascere sia per un bambino un po’ come emergereda una fantastica immersione in notturna …”; “sentivo il mio corpo strattonato da tutte le parti, come se mi trovassi su una nave in un mare in tempesta dove è impossibile stare in equilibrio”.

Tra le parole ed espressioni più ricorrenti, l’utilizzo dell’aggettivo possessivo mio (mia, miei), il verbo sentire (nel senso di percepire), gli avverbi non e prima, il sostantivo momento e il pronome qualcuno.  

L’analisi attraverso alcune classificazioni della medicina narrativa ha confermato queste nostre prime osservazioni, integrandole con nuovi spunti. Secondo la classificazione di Kleinmann, abbiamo ritrovato sia elementi di Disease, ossia di descrizione dettagliata degli eventi strettamente clinici –“All’inizio il mio bambino aveva livelli bassi di zucchero. Prima del parto mi avevano chiesto di raccogliere del colostro da portare con me al momento del parto. Quella quantità (160 ml) è stata subito somministrata al bambino dopo il parto” – sia elementi di Illness, più aperti al vissuto emozionale– “Durante il ricovero mi sono sentita persa, con molta ansia e paura costante, pensieri terribili. Stavo bene solo quando andavo a trovarla” – e sia elementi di Sickness, rappresentativi di un vissuto influenzato dalla società sul tema della maternità– “una buona cosa nel mio caso sarebbe stato avere qualcuno che educasse il Marito a dare il massimo supporto alla Moglie…che spiegasse al Marito cosa prova una Donna quando partorisce due gemelli e si ritrova a casa da sola a accudirli”; “Ci si dimentica che la madre è anche una donna con delle proprie ambizioni, aspirazioni, desideri, voglie, che vanno oltre la cura dei figli. Che la madre ha assolutamente bisogno di avere del tempo per sé. Il rischio è che a volte la donna e la professionista vengano sacrificate sull’altare della maternità e non è giusto”.

Abbiamo anche utilizzato la classificazione narrativa di Frank , riscontrando nelle narrazioni elementi di Chaos – “Inizialmente mi sono sentita persa nei miei pensieri più bui, fatti di preoccupazione, paura, sensi di colpa per non aver portato a termine la gravidanza, dolore”; “Mi sono sentita triste, sconvolta, non capita dall’esterno, non madre”; di Restitution, ossia aspettativa di una risoluzione – “Mi sento molto fiduciosa che tutto vada a buon fine dalla sera del terzo giorno in TIN”; “Per il domani vorrei tutto il meglio per la mia piccola e che torni a casa presto”; e di Quest, che rappresenta l’elemento della riflessione, ricerca e acquisizione di nuova conoscenza- “Siamo diventati più forti; sappiamo come affrontare ogni problema con lei. È un miracolo che Dio ci ha inviato per spiegarci bene cosa significa la parola “Madre” e cosa significa la parola “Figlia”; “Quella tristezza e quel dolore è servita a me come crescita e come ulteriore conoscenza del mio essere donna e ora anche madre, aspetto utile per la crescita anche dei miei figli”.

Al termine della narrazione, abbiamo invitato le mamme a fare un disegno per loro rappresentativo. Non tutte lo hanno fatto, ma tra quelli ricevuti, abbiamo trovato il Sole, il Cuore (come unico grande disegno, tra due elefantini-gemelli, pulsante su una mamma che fa kangaroo-care, dentro una pancia che pero’ potrebbe essere anche un seno…), la Casa (con la bambina in giardino sollevata da due palloncini chiamati “speranza” e “famiglia”). 

Raccogliendo queste interviste ci siamo sentite onorate nell’accogliere umilmente storie preziose che raccontano aspetti intimi e riflessioni prima mai condivise. Ci siamo sentite scosse dalla solitudine che emerge da molti racconti anche per Donne che, durante la gravidanza, hanno avuto di fianco un compagno o la famiglia. 

Interessante notare che le Donne di cultura araba appaiono molto più reticenti a raccontarsi rispetto alle Donne europee.  Bellissimo accorgersi comunque come, nei due Gruppi, i Bisogni e le Emozioni in Gravidanza e al Parto siano le stesse indipendentemente dalla educazione e dal substrato culturale

La Gravidanza non è apparsa come evento sociale ma estremamente intimo. Pur sentendosi sola, però, la Donna non appare mai nelle nostre storie come “fragile”, ma come un essere meravigliosamente consapevole dei propri bisogni e determinato a mettere in campo tutte le proprie risorse fisiche e mentali. Ci siamo rese conto dell’importanza che ha per la Famiglia il supporto dello staff TIN: la paura per l’inatteso e la preoccupazione per il non detto sono sempre presenti, indipendentemente dalla gravità delle condizioni cliniche del bambino. 

Molte proposte concrete scaturiscono dall’analisi delle nostre interviste. Tra queste

  1. la necessità di continuare la raccolta delle storie, in modo da dar voce a quante più Donne possibili di diversa cultura e provenienza;
  2. la necessità di formare Medici ed Infermiere ad una cura più attenta della Comunicazione al Parto e in Terapia Intensiva Neonatale, non lasciando nulla al sottinteso o non detto;
  3. la necessità di organizzare Gruppi di ascolto per le Mamme, Gruppi di sostegno per l’allattamento, Gruppi di Aiuto in generale per il periodo post-partum. L’evento Nascita, specie se riguarda un bambino prematuro, appare dalle nostre Interviste come un evento “naturalmente complesso”, le cui innumerevoli sfaccettature vanno conosciute e ri-conosciute con rispetto dagli Operatori della Cura e dai Rappresentanti delle Istituzioni. 

Nel Reparto TIN di Treviso è stato avviato da qualche anno un progetto che prevede la consegna ai genitori dei piccoli bimbi ricoverati di un Diario che può essere da loro riempito con racconti, emozioni, disegni e che possono decidere di condividere o meno con il personale. Ci piace così concludere con una frase tratta dalla testimonianza di una mamma: “SCRIVERE MI HA SALVATO…IL MIO DIARIO MI HA TENUTO COMPAGNIA E ME LA TIENE TUTTOR…”

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