Dignity Therapy Protocol: riaffermare la dignità nel contesto di cura

La Dignity Therapy è una psicoterapia breve e personalizzata, che è stata elaborata per i pazienti (e le loro famiglie) che vivono con malattie potenzialmente letali o limitanti, con lo scopo di farli parlare delle cose più importanti per loro e così aiutare a rafforzare la loro dignità e affrontare la loro sofferenza.

Usando il protocollo della Dignity Therapy e seguendo gli spunti del rispondente, un terapista addestrato facilita l’espressione di pensieri, sentimenti e ricordi che vengono inseriti in un documento narrativo che il paziente può condividere con un amico o una persona cara.

Il progetto Dignity in Care si basa su quindici anni di studio di Harvey Max Chochinov e dell’unità di ricerca sulle cure palliative del Manitoba, in collaborazione con ricercatori australiani, inglesi e statunitensi, da cui è emerso che:

  • I professionisti sanitari possono influire enormemente sulla dignità dei propri pazienti.
  • Una buona comunicazione è un ingrediente essenziale per fornire una assistenza di alta qualità.
  • Una migliore interazione tra curanti e pazienti può portare i primi a una maggiore soddisfazione lavorativa e i secondi a risultati migliori.

Il lavoro di Dignity in Care mostra l’importanza di rendere la dignità un obiettivo consapevole dell’assistenza sanitaria, e in particolare nel fine-vita.

Riportiamo di seguito la traccia del Dignity Therapy Question Protocol:

Mi racconti della sua vita; in particolare, quali parti ricorda maggiormente, o pensa siano le più importanti? Quando si è sentito più vivo?

Ci sono cose specifiche che vuole che la sua famiglia sappia o ricordi?

Quali sono i “ruoli” più importanti che lei ha assunto nella sua vita (familiari, di vocazione, a servizio della comunità, ecc.)? Perché sono così importanti per lei, e cosa pensa di aver raggiunto con essi?

Quali sono i suoi più importanti traguardi, e di quali si sente più orgoglioso?

Vi sono cose particolari che vorrebbe ancora dire ai suoi cari o per cui vorrebbe prendersi ancora tempo?

Quali speranze e sogni ha per i suoi cari?

Cosa ha imparato sulla vita che vorrebbe fosse trasmesso ad altri? Quali consigli o parole “di guida” vorrebbe tramandare (figli, coniuge, parenti, altri)?

Vi sono parole o “istruzioni” che vorrebbe dare alla sua famiglia per prepararla al futuro?

Vi sono altre cose che vuole includere in questo documento permanente?

Alessandra Fiorencis

Laurea magistrale in Scienze Antropologiche ed Etnologiche presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzata nel campo dell’antropologia medica, ha condotto attività di formazione a docenti, ingegneri e medici operanti in contesti sia extra-europei che cosiddetti “multiculturali”. Ha partecipato a diversi seminari e conferenze, a livello nazionale e internazionale. Ha lavorato nel campo delle migrazioni e della child protection, focalizzandosi in particolare sulla documentazione delle torture e l’accesso alla protezione internazionale, svolgendo altresì attività di advocacy in ambito sanitario e di ricerca sull’accesso alle cure delle persone migranti irregolari affette da tubercolosi. Presso l’Area Sanità di Fondazione ISTUD si occupa di ricerca, scientific editing e medical writing.

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