Bellezza e paura al tempo della pandemia: un contributo di Weronika Madryas

“Da qualche parte in profondità, dormiente, la memoria delle pandemie giace dentro di noi. La peste nera, la lebbra, il vaiolo, la tubercolosi, l’influenza spagnola hanno segnato la storia umana. La peste, conosciuta anche come la morte nera (…) ha consumato – come un incendio – città dopo città in Europa. (…) Città e villaggi si svuotarono. Orde di persone si misero sulle strade – in fuga. Sui mari, come fantasmi, le navi vuote andavano alla deriva, con gli equipaggi morti. Non ci furono soccorsi. (…) Finché all’improvviso la peste, dopo aver seminato il caos, cominciò a balbettare e, come un fantasma molte volte prima – svanì, indugiando solo nei ricordi di coloro che sopravvissero”. 

Andrzej Szczeklik, “Catarsi. Sui poteri curativi della scienza e dell’arte”, Cracovia 2003

Ho salutato il 2020 in stile veneziano, ad un ballo in maschera tenuto nei romantici dintorni di un palazzo del 19° secolo situato nel cuore di Wroclaw. I giardini del palazzo confinavano con il Parco Sud. Seppellito nel verde, il cancello del parco ricordava quello del racconto noto a molti, il Giardino Segreto. 

Quella sera, le sale del palazzo frusciavano di abiti da ballo e l’aria era piena del profumo dei fiori e del caffè. Al caldo bagliore delle candele, tutto sembrava così bello. Finalmente, ai tavoli rotondi, coperti da lunghe tovaglie bianche, gli ospiti, con i volti nascosti dietro le maschere, presero posto. Chi avrebbe immaginato che le maschere sarebbero rimaste per molti mesi, forse anche anni? 

Gaiamente e gioiosamente, ho guardato contenta le quattro statue di marmo di donne che simboleggiano le quattro stagioni, che decorano elegantemente una finestra semicircolare. Non immaginavo allora che quel Capodanno avrei dato l’addio al mondo che conoscevo e nel quale ero cresciuta. 

            Certo, avevo già sentito parlare del Covid-19. Con preoccupazione, ho guardato le immagini di coloro che soffrono in Cina, mostrate qui al telegiornale. Eppure, anche se le immagini erano tristi e la malattia spaventosa, ho mantenuto la convinzione altamente illusoria che non avrebbe raggiunto l’Europa. Solo l’inverno del 2020 mi ha fatto capire che di fronte a tali incognite, anche l’uomo moderno con tutte le sue conoscenze, rimane impotente. La scienza non ama la fretta. L’inventore ha bisogno di tempo, e non di pressioni incessanti. L’esercito di scienziati, medici, infermieri, paramedici e volontari, mobilitato in stile militare, ha combattuto un nemico invisibile e doppio, diffondendo paura, malattia, solitudine e morte nell’isolamento. 

            La paura si è insinuata anche nella mia esistenza. La sua presenza, come le maschere sui nostri volti e i guanti usa e getta sulle nostre mani, mi accompagna ogni giorno. Paura per i miei cari, madre, padre, marito. Ho paura per il futuro di mia figlia di sette anni, Anna Marianna, sulla cui infanzia è calata l’ombra del Covid. Tuttavia, la pandemia ci ha insegnato a trovare la gioia e la bellezza nel quotidiano, nelle piccole cose, nella natura. Nel maggio dell’anno scorso, quando i campi di colza erano in fiore, un tappeto dorato come li ho poeticamente chiamati, Anna ed io abbiamo fatto una gita a Dolny Śląsk. Avevamo fatto lo stesso in Gennaio, quando il gelo metteva ghiaccioli qua e là, copriva gli alberi e faceva luccicare la neve, e ho mandato mia figlia con il nonno, mio padre, a fare una gita nel bosco fiabesco e invernale.

            Con grande preoccupazione, penso alla mia povera nonna di 95 anni, alla quale il destino non ha risparmiato momenti difficili. Eppure, nonostante tutte le sue esperienze dolorose, quando ci incontriamo, il suo viso brilla. Per un breve momento è di nuovo quella giovane donna forte che è sopravvissuta alla guerra, al comunismo e alla legge marziale. A volte, durante le nostre conversazioni telefoniche quotidiane, la voce della nonna risuona con la sua forza di un tempo, così io credo ancora una volta che la nonna sarà lì per il pranzo della domenica quando la pandemia se ne sarà andata. 

            Insieme al vaccino, è tornata la speranza. Il vaccino, come un raggio di sole in una giornata grigia e piovigginosa, ha illuminato la cupa oscurità. Ho fiducia che tornerà un tempo di incontri familiari e amichevoli, di vacanze itineranti, di andare davvero a scuola o al lavoro. Questa speranza ci permette di prevalere. 

Aspetto il ritorno di maggio e il tappeto dorato, con il suo profumo inebriante, e il cui splendore toglie il respiro. Non abbiamo forse bisogno di tali emozioni e delizie ora più che mai? 

Poesie 

Nell’autunno del 2020, la pandemia prese con sè l’amico di mio padre, un vero medico umanista. Già molto prima afflitto da una malattia grave, cronica e raramente incontrata, era diventato invalido. Nonostante ciò, continuò a curare la gente finché visse. Malato di cCovid-19, morì in un giorno nuvoloso e piovigginoso, quando il vento rafficato scuoteva le foglie e increspava le cime degli alberi…

Weronika Madryas

Silenziosi come foglie che cadono

E c’erano quelli che se ne andavano in silenzio

come se facessero un salto al negozio all’angolo per dei panini

o il giornale del mattino, ancora profumato di stampa…

Senza far rumore, sempre umili…

Con il loro solito tatto e discrezione

passarono dall’altra parte…

Non volevano

lacrime, sofferenza o tristezza…

Silenziosi come foglie che cadono

Bella come una scena autunnale…

Il loro desiderio di passare inosservati

anche se mancato…

Allora perché non posso arginare

Questo pozzo di lacrime?

Qualche tempo dopo, quando gli alberi spogli erano coperti da uno spesso strato di neve, ho perso un amico, un editore e un uomo di lettere tutto in uno. 

Weronika Madryas. Wrocław, 13.01.2021. 

La morte al tempo della peste

A Marta Iskierka e Mieczysław Mączka

Sì al tempo della peste

dominante e onnipresente

ha preso il signor Mieczysław.

È passato da solo,

in silenzio,

senza sguardi teneri

o mani intrecciate…

Il signor Mieczysław

era uno dei poeti di Cracovia.

Ben versato,

immerso nella poesia

fino alla fine dei suoi giorni…

Il signor Mieczysław

cuciva libri su misura,

con pazienza e perseveranza

come un ragno tesse

producendo il suo filo.

Il signor Mieczysław

ha lasciato la sua città

in inverno.

È rimasto orfano di una Miniatura[1],

Società dei poeti dalla barba grigia,

versi scritti e non scritti

e le mie favole non pubblicate…

La morte al tempo della peste

diede alla poesia un colpo doloroso…

[1] Miniatura Publishing House

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