Approcciarsi alle nuove tecnologie: tra fake news e telemedicine.

Le nuove tecnologie rivestono un ruolo sempre più di primo piano in ogni spazio della nostra vita e della nostra quotidianità. Ovviamente la sfera della salute e della cura non sfuggono alla rapida evoluzione di mezzi e strumenti al servizio del nostro benessere. Ma ci sono anche dei rischi da cui guardarsi quando si parla, ad esempio, di trasmissione di conoscenza a distanza.

Ne sono un lampante monito le fake news, le quali hanno spesso trovato terreno fertile per quanto concerne la materia medica. Si tratta di un fenomeno importante nella nostra società da lunga data, basti pensare al crollo della borsa all’annuncio fasullo sulla morte di Napoleone o alla trasmissione radiofonica di Orson Welles sull’invasione aliena. Nel solo 2016, 20 articoli condivisi con maggiore frequenza su Facebook avevano la parola “cancro” nei loro titoli, e più della metà erano basati su affermazioni dubbie e informazioni errate, secondo uno studio sbalorditivo dell’Independent. Sono molte le guide e i consigli sorti per fortuna in soccorso, ne raccogliamo per i nostri lettori alcuni punti:

– Considerare l’affidabilità della pubblicazione.

– Ricordate, le scoperte sono eventi di grande importanza.

– Solo perché sembra che possa essere vero, non significa che lo sia.

– Controlla la credibilità delle riviste di ricerca citate

– Occhio a miti e truffe

– Non sostenere le teorie del complotto

– Il numero di condivisioni non è indice di veridicità.

Luca Landucci, contributore di Wikipedia dal 2005, esperto di web marketing e della gestione di contenuti di usi sul web, ha così ricordato in un’intervista:

“Paradossalmente, è semplice: mai fidarsi di una sola fonte. Incrociare le risposte che si ottengono e soprattutto confrontarle sempre con le fonti validate. È una questione però delicata perché investe il piano culturale, e la diffusione di cultura digitale non è a un livello ancora sufficiente”.

L’Istituto Superiore di Sanità ha svolto un eccellente lavoro nella lotta contro la disinformazione, raccogliendo all’interno del proprio sito numerosi dei più diffusi miti, luoghi comuni e fake news con le relative correzioni. Ad esempio alla voce “Se non conosci qualcuno in ospedale non ti curi”, rispondono con “l’Italia è uno dei paesi europei che garantisce maggior tutela del diritto alle cure. Hanno accesso alle cure, infatti, oltre a tutti i cittadini italiani, anche tutti i cittadini europei ed extraeuropei regolari o irregolarmente presenti sul nostro territorio”. O ancora, alla voce “I vaccini fanno venire l’autismo”, la risposta è “nel 2013, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha affermato che l’insorgenza dell’autismo dipende dall’associazione di diversi fattori, genetici e ambientali, ancora in parte sconosciuti e dimostrato ampiamente la mancanza di connessione con i vaccini”.

Quindi, come appurato da questi brevi spunti, le tecnologie, in base all’uso che ne facciamo, possono essere sia il male (le fake news), che la cura (guide e informazioni supportate da fonti serie).

Un altro possibile uso virtuoso delle tecnologie in ambito sanitario si può poi riscontrare nell’ambito comunemente definito “telemedicine”, ovvero l’uso delle telecomunicazioni e delle tecnologie dell’informazione per fornire assistenza sanitaria clinica a distanza.

Ancora una volta è il contesto dei paesi in via di sviluppo a fornire uno sfondo a queste vicende, come ricordato dallo studio italiano intitolato “Telemedicine for Developing Countries”. La ricerca mostra come i paesi in via di sviluppo abbiano bisogno di applicazioni della telemedicina che aiutino in svariate situazioni, come quando i medici sono pochi rispetto alla popolazione, quando i medici specializzati non sono disponibili, quando i pazienti e i medici dei villaggi rurali hanno bisogno di assistenza nella fornitura di cure sanitarie. Inoltre, i requisiti delle applicazioni di telemedicina per i paesi in via di sviluppo sono un po’ più esigenti che per i paesi sviluppati. Infatti, ulteriori aspetti sociali, organizzativi e tecnici devono essere presi in considerazione per il successo delle applicazioni di telemedicina nei paesi in via di sviluppo. Questi i propositi dell’approfondimento scientifico:

“Consideriamo tutti i principali progetti di telemedicina, dedicati ai paesi in via di sviluppo. Vogliamo definire una tassonomia specifica che permetta una corretta classificazione e una rapida visione d’insieme dei progetti di telemedicina nei paesi in via di sviluppo. Inoltre vogliamo completare questa panoramica discutendo alcune questioni progettuali da prendere in considerazione nello sviluppo di sistemi software di telemedicina”.

Infine l’articolo intitolato “Personalized Telehealth in the Future: A Global Research Agenda” dimostra quanto la telemedicine giochi un ruolo sempre più importante nell’erogazione di assistenza sanitaria globale e quanto sia sempre più importante sviluppare una solida base di soluzioni telesanitarie innovative e di successo che possano portare a programmi sostenibili:

“Non esiste un approccio unico per gestire la cura dei pazienti con la telemedicine, perché la gestione delle malattie croniche è diversa. Affinché le nuove tecnologie abbiano successo, devono soddisfare una serie di esigenze degli utenti. La tecnologia deve coinvolgere i pazienti nelle loro cure e migliorare la collaborazione con il sistema sanitario, altrimenti sono destinati a fallire. I pazienti hanno bisogno di competenze e strumenti per applicare in modo proattivo le informazioni tecnologiche vitali. Inoltre, i pazienti hanno bisogno che il loro uso delle nuove tecnologie sia personalmente significativo (cioè, in termini di cura di sé) perché questi dispositivi possano servire come un’irruzione nella vita quotidiana del paziente e possano servire a mettere a fuoco la loro salute a livello personale, non a definirli in base al loro stato di malattia”.

Matteo Nunner

Laureato in Lettere all'Università del Piemonte Orientale, si sta specializzando in Scienze Antropologiche ed Etnologiche all'Università di Milano-Bicocca. Giornalista e scrittore vercellese, ha collaborato con molte testate locali e nel 2015 ha pubblicato il romanzo d'esordio "Qui non arriva la pioggia". Nel 2017 ha poi pubblicato "Il peccato armeno, ovvero la binarietà del male".

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