Apprendere il dialogo e la compassione in un mondo polarizzato – di JOHN LAUNER

Può l’ascolto delle narrazioni personali aiutare i professionisti della salute a mantenere relazioni di cura durante periodi di tensioni politiche, locali o globali? Questa è la domanda che io e un collega abbiamo approfondito nel servizio sanitario britannico negli ultimi due anni, durante la guerra tra Israele e Palestina.

Sono ebreo e formatore in ambito medico. Ho lavorato con una collega musulmana, la professoressa Sabena Jameel, anche lei formatrice medica, per sviluppare tipologie di formazione per i nostri colleghi, che li incoraggino ad ascoltare le narrazioni personali di sofferenza degli altri, anche se provengono da contesti diversi o hanno opinioni opposte – e a saperle ascoltare senza sentire il bisogno di rispondere in modo polemico. Crediamo che questo sia necessario sia per costruire buone relazioni professionali, sia per garantire una cura adeguata ai pazienti.

Io e Sabena abbiamo iniziato scrivendo un editoriale per la rivista medica The Lancet.1 L’abbiamo intitolato “A call for education against hatred” (Un appello all’educazione contro l’odio). In esso abbiamo espresso la nostra preoccupazione per l’aumento crescente di odio che sentivamo intorno a noi dopo gli eventi brutali avvenuti in Israele il 7 ottobre 2023 e successivamente a Gaza. Abbiamo raccontato le nostre esperienze personali di insegnamento sia in Israele che in Palestina. Abbiamo descritto come colleghi, studenti e persone comuni incontrate da entrambe le parti fossero sorprendentemente simili, condividendo molte cose anche con noi. Abbiamo espresso il nostro allarme per il modo in cui la guerra stava provocando un’escalation di manifestazioni di islamofobia e antisemitismo non solo tra le nostre comunità, ma in modo più ampio.

Abbiamo scritto: “Siamo preoccupati dal fatto che, a volte, sembra quasi che ogni persona palestinese o musulmana debba essere ritenuta responsabile della violenza del 7 ottobre 2023, mentre ogni persona israeliana o ebrea debba essere colpevole della distruzione a Gaza. Mantenere una visione complessa – l’idea che individui da entrambe le parti siano coinvolti in un vortice di diversi atteggiamenti differenti, contraddittori e negoziabili – sembra essere diventato quasi impossibile.”Abbiamo sostenuto che i formatori in campo medico dovrebbero creare spazi dove i professionisti sanitari di ogni provenienza possano parlare delle loro esperienze personali e familiari di guerra, persecuzione, sfollamento e trauma, affinché i colleghi possano comprendere come nasce l’odio, come viene vissuto e come influenza la percezione del mondo. Abbiamo proposto che gli educatori aiutino gli studenti ad acquisire umiltà culturale, attraverso lo sforzo di ascoltare e rispettare ciò che porta gli altri ad avere una visione del mondo diversa, anche quando la reazione iniziale è di rabbia o dolore.

Abbiamo dato seguito al nostro articolo organizzando un workshop dal vivo durante la conferenza annuale dell’Association for the Study of Medical Education all’Università di Warwick. Durante l’evento, ognuno di noi ha raccontato la propria storia personale di fronte a un pubblico di colleghi. Io ho parlato della mia storia come figlio di rifugiati ebrei negli anni ‘30, la cui famiglia fu quasi interamente sterminata dai nazisti. Sabena ha raccontato come la sua famiglia fosse arrivata dall’India, come molti immigrati provenienti dalle ex colonie britanniche, alla ricerca di lavoro e di un futuro migliore nel Regno Unito. Ha parlato degli ostacoli che hanno dovuto affrontare per potersi stabilire e costruire un futuro in questo Paese. Entrambi abbiamo condiviso il disagio provato nell’ascoltare opinioni cariche di pregiudizi all’interno delle nostre stesse comunità religiose – ciascuna timorosa dell’altra o incline ad evitarne il contatto – e di come ciò ci abbia influenzato.

Per la maggior parte delle persone presenti, era la prima volta che sentivano un collega ebreo e uno musulmano parlare apertamente e con comprensione degli avvenimenti attuali e del loro impatto personale. Abbiamo poi offerto ai partecipanti l’opportunità di confrontarsi sulle loro esperienze di lavoro tra confini di fede, nazionalità e altre identità, e di condividere idee su come promuovere il dialogo e il rispetto reciproco, anche quando le persone vivono situazioni di disagio a causa di conflitti politici o di altra natura. Dopo questo workshop, abbiamo organizzato diversi eventi simili con formatori in ambito medico, aiutandoli a riflettere su situazioni difficili che stavano affrontando, ad esempio situazioni di ostilità e sospetto tra studenti di medicina ebrei e musulmani o palestinesi.

Successivamente siamo venuti a conoscenza di un’altra iniziativa simile: un gruppo di discussione composto da membri attuali ed ex membri del personale della Tavistock Clinic, il principale istituto di formazione di Londra per le terapie psicologiche. Il gruppo si riuniva mensilmente ed era formato da persone di origini ebraiche, musulmane, cristiane e di altri background. I partecipanti utilizzavano questi incontri per raccontare le proprie storie personali, scambiarsi opinioni sugli eventi in Medio Oriente, ascoltare prospettive diverse sulla storia e la politica della regione, ed esprimere le proprie paure per il futuro. Il gruppo ha anche deciso di pubblicare un libro sulle loro interazioni e riflessioni, intitolato “How do we even begin to talk about Palestine and Israel?” (Come possiamo anche solo iniziare a parlare di Palestina e Israele?). È stato un progetto coraggioso, in cui ognuno ha descritto le proprie difficoltà nel riconoscere le narrazioni degli altri, le cui esperienze personali, familiari e religiose erano così diverse dalle proprie.

Anche se non facevo parte del gruppo, sono stato invitato, come ex membro del personale della Tavistock, a scrivere il capitolo finale del libro. In quel capitolo ho descritto la mia educazione in una famiglia ebrea, dove la lealtà verso Israele era data per scontata, e poi il crescente senso di distacco che ho provato nel corso degli anni, man mano che la situazione politica nella regione peggiorava, soprattutto dopo aver insegnato a medici in Palestina. Ho scritto dell’importanza del dialogo con persone dalle opinioni profondamente diverse, pur mantenendo una chiarezza morale sia sulle atrocità commesse da Hamas sia sul genocidio in corso a Gaza.2

La convergenza dei nostri due progetti ha portato alla decisione di organizzare un simposio nazionale di una giornata, per ispirare i professionisti della salute di tutto il Regno Unito a sperimentare modi creativi per affrontare i conflitti non detti e irrisolti tra colleghi, che possono compromettere i rapporti di lavoro e l’assistenza ai pazienti. Abbiamo ottenuto un finanziamento da un ente benefico educativo per realizzare l’evento. Il simposio si è tenuto all’Università di Birmingham a settembre. L’abbiamo intitolato: “Learning how to create dialogue and compassion in a polarised world” (Imparare a creare dialogo e compassione in un mondo polarizzato). Abbiamo invitato educatori sanitari senior, tra cui i responsabili della formazione in materia di uguaglianza, diversità e inclusione di varie scuole di medicina. Abbiamo trascorso la giornata ascoltando presentazioni – tra cui quella del progetto condotto da me e Sebena e quella del gruppo della Tavistock – e partecipando a intense discussioni in piccoli gruppi, per esplorare nuovi approcci formativi che permettano ai partecipanti di “rompere il silenzio” su questioni difficili o controverse legate all’identità personale. Abbiamo affrontato non solo i conflitti geografici, ma anche quelli legati all’identità di genere e ad altri “trigger” capaci di generare forti divergenze emotive. Abbiamo dedicato la giornata a proporre modalità di dialogo di gruppo che siano sicure dal punto di vista psicologico e che promuovano una maggiore consapevolezza delle posizioni di colleghi e pazienti, anche quando risultano difficili da ascoltare. Ora intendiamo redigere un rapporto consultivo basato sull’evento, che speriamo possa essere utilizzato come guida dalle organizzazioni educative in tutto il Regno Unito.

Tutto questo lavoro è stato per noi sia impegnativo che toccante, ma a volte anche emotivamente estenuante. Tuttavia, crediamo fermamente che non si possa evitare questo impegno. Non esiste luogo più importante dei servizi sanitari per resistere e contrastare l’ondata crescente di odio nel Regno Unito, in Europa e nel mondo. Come professionisti della salute, dobbiamo fare tutto il possibile per preservare e sostenere i valori dell’ascolto e della tolleranza.


Bibliografia:

  1. Jameel S, Launer J. A call for education against hatred. Lancet 2024; 403: 2684-2685 
  2. Dabbagh NT, Freeman M, Hollins K, Troupp C. How do we even begin to talk about Palestine and Israel? London: TWG books, 2025. 

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.