Una parola in quattrocento parole – ADOLESCENZA

L’Efebo di Crizio e Nesiote

La parola adolescenza deriva dal latino adolescens, participio presente del verbo adolescere (crescere). 

Nel quarto libro del Convivio il nostro Dante divide l’esistenza umana in quattro fasi: 

Dico che la umana vita si parte per quattro etadi. La prima si chiama Adolescenza, cioè ‘acrescimento di vita’; la seconda si chiama Gioventute, cioè ‘etade che puote giovare’, cioè perfezione dare, e così s’intende perfetta – ché nullo puote dare se non quello ch’elli ha; la terza si chiama Senettute; la quarta si chiama Senio. 

Dante Alighieri, Convivio, IV, 24.1

L’adolescenza per Dante comprenderebbe tutta quella porzione di vita che va dagli otto anni (alcuni critici leggono addirittura mesi) al compimento dei venticinque. Quello che accumunerebbe età della vita così differenti è la necessità di una guida. Infatti, Dante scrive poco oltre: 

È dunque da sapere che, sì come quello che mai non fosse stato in una cittade, non saprebbe tenere le vie sanza insegnamento di colui che l’hae usata; così l’adolescente che entra nella selva erronea di questa vita, non saprebbe tenere lo buono cammino, se dalli suoi maggiori non li fosse mostrato. 

Dante Alighieri, Convivio, IV, 24.12

Adattando le osservazioni del fiorentino ai nostri tempi, non possiamo che concordare con lui. Nel contesto della pandemia da covid-19, è ormai stato dimostrato come tra coloro che hanno maggiormente sofferto ci sono gli adolescenti e i giovani adulti (fino ai 25 anni ca.).  

Ciò che ha accumunato età così diverse è stato un sentimento di spaesamento e demotivazione che è nato dalla cancellazione dei luoghi di società, ma anche dal fatto che le “guide” di tutti i giorni – genitori, insegnanti, professori, persone di riferimento – sono a loro volta stati investiti dall’onda d’urto di incertezza che il virus ha comportato. Anche le “guide” si sono trovate disorientate nella loro stessa città. 

Si è così progressivamente costituito quello che il professor Claudio Mencacci chiama «fiume carsico» di sofferenza di una generazione che ha provato in tutti i modi a reagire, ma cui troppo spesso sono mancati il supporto o anche solo l’attenzione che avrebbe richiesto. Dei giovani si parla sempre, ma raramente si lasciano parlare: Ginevra, Stefano e Luigi ci hanno invece raccontato qual è stata la loro personale esperienza col virus, aprendosi anche a parlare di un prima e un dopo che segnalano come i nostri giovani abbiamo più che mai bisogno di recuperare, se non acquisire, gli strumenti per costruire una narrazione di uscita da una condizione ormai innegabilmente allarmante.  

Lasciateci per favore una parola per il vostro sentimento dell’adolescenza. 

Enrica Leydi

Milanese di nascita, ha conseguito la laurea triennale in Lettere Moderne presso l'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna. Sta attualmente completando il corso di laurea magistrale in Italianistica, sempre presso la medesima università emiliana. Collabora con ISTUD da aprile 2021 in qualità di coordinatrice della rivista «Cronache di Sanità e Medicina Narrativa».

Questo articolo ha 2 commenti.

  1. Valeria

    Io non sono una adolescente.
    Ma ne ho 2 a casa.
    La femmina, più intraprendente, curiosa, ora vive a Torino, hactrovato un ulteriore gruppo di amiche, r sivsta organizzando positivamente.
    Il maschio, un nerd che studia artificienea artificiale., con i suoi aggeggi infiniti, tranne qualche rara uscita è sempre in casa.
    Sono entrambi brave persone. Hannobavito brutti incontri con la scola dellobboigo, mqa nei look down, nonostente i mestiri di noi genitori credo divessere criuscita a non coinvolgerli⁰
    .ma manrecla femmina, 20 anni.
    Il ragazzo di 33mi impenierisce.
    Il lockdown ha cancellato la naturale voglia di scoperta dei giovani.
    E mi chiedo cosa posso farre, per aiutarli⁰.
    Adasso pure l a guerra⁰….
    Cche ñobdodo

  2. Mariolina

    Carissimi, che bello avervi scoperto oggi! Io sono una pensionata di 73 anni con un marito malato di Alzheimer. Alle spalle un lavoro come medico di famiglia, una specialità (Allergologia e Immunologia Clinica) e molti master, tutti quelli che potevano giovare a una migliore “cura”dei malati. Tanto lavoro in ospedale. Pessimi rapporti coi colleghi. Non mi fido più di nessuno. Mia figlia è morta di leucemia a 19 anni, dopo un trapianto di midollo eseguito a Seattle, Il midollo donato dal fratello. Questo ha naturalmente segnato la mia vita professionale, regalandomi una totale sfiducia nelle varie pratiche chemioterapiche e cosiddette scientifiche. Però non ho smesso di fare il medico, come avrei voluto. È nel mio DNA. Bene. Ora L adolescenza. Periodo difficilissimo e doloroso , anche in condizioni ottimali. Figurarsi viverla con una malattia che sfigura e cambia connotati e identità! Figurarsi con una pandemia e una guerra! Facciamoli parlare questi ragazzi. Ascoltiamoli e aiutiamoli come possiamo, nonostante le nostre ferite e i nostri limiti. Un grande abbraccio. Per favore , non deludeteci. Mariolina Salvini

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