L’incessante ciclo di violenza e cooperazione dell’essere umano come causa di benessere e malessere – pt. 1: La nostra epoca contemporanea

La nostra età contemporanea, dalla prima guerra mondiale sino ad oggi, è un periodo in cui l’essere umano, con un’accelerazione incredibile, ha prodotto e sta continuamente  portando aventi una rivoluzione tecnologica che ha avuto conseguenze spaventose per il benessere di pochi – il 10% della popolazione totale sulla terra detiene il 75% delle ricchezze,  abbiamo una popolazione difficilissima da sfamare e a cui dare salute e ospitalità sulla terra (7,96 miliardi di abitanti ad agosto 2022 rispetto alla popolazione di  1 e 7 miliardi stimati nel 1910), e danni, molto probabilmente  irreversibili al nostro pianeta, causati dal surriscaldamento globale con conseguente desertificazione e impossibilità di sfruttare il terreno per trarre alimentazione.  

L’era storica dell’Antropocene: l’antropos al centro ma non come crocevia tra arte e scienza, come visto nell’umanesimo, bensì nella peggiore accezione con un sistema sociale che distrugge il pianeta e che crea iniquità nella distribuzione delle ricchezze; le “magnifiche sorti progressive”, già descritte causticamente da Leopardi hanno ammesso la verità del limite machiavellico “Ipse faber fortune suae”, ognuno è artefice della propria fortuna. 

L’egoismo individuale del successo e del benessere di pochi non può più giustificare il dramma dei più. Possiamo dire che il neuroscienziato Iain Mc GilChrist ha purtroppo ragione quando afferma che siamo schiavi del nostro emisfero sinistro del cervello – magari fosse solo quello logico e razionale – e invece è quello della avidità e della visione a breve termine, avendo tradito il nostro emisfero destro, quello dell’umanesimo, dell’arte e delle scienze come intuizione, e dell’empatia con gli altri. Insomma, abbiamo tradito l’Humanitas e l’umanesimo, almeno apparentemente, dai grandi numeri demografici e dagli indicatori di benessere o di malessere.

freud

Parallelamente all’evoluzione delle scoperte scientifiche e tecnologiche, Freud ipotizza, sulla base di casi empirici, come è fatta la nostra mente e ne scopre il “lato mostruoso”, non tanto identificato nell’ES, quel principio del piacere che ci riporta allo stato di natura perduta, ma nella perdita del principio di realtà, l’Io, e soprattutto nel Super-Io, che crea il disturbo nevrotico, potenzialmente degenerante in psicosi.  

Il medico Sigmund Freud opera a Vienna a fine ‘800 e primi ‘900, in un ambiente molto restrittivo però anche determinato da forze sotterranee, come quelle sulla sessualità, che vogliono uscire allo scoperto – direi togliere lo stucco bianco e d’oro asburgico- assieme ai tanto conflitti interiori, le molteplici facce dell’essere umano.

Accanto alla gioia di vivere dell’ES, Freud con il SuperIo, nel sui libro magistrale, il Disagio della Civiltà dà anticipatamente una spiegazione a quello che accadrà e che accade generalmente nelle civiltà iper gerarchizzate dove viene tolta facoltà di pensiero alle persone: as esempio,  sarà proprio quel  Super-Io che farà “banalmente”- riprendo il titolo di Hannah Arendt, la Banalità del Male –  eseguire gli ordini di mandare nelle camere  a gas sei milioni di ebrei, come riportato dai gerarchi nazisti  nel processo di Norimberga. “Eseguivamo gli ordini”: e Arendt commenta stupita, “ma possibile che non pensassero? Non si ponessero questioni etiche?” e i gerarchi rispondevano “Un ordine è un ordine”.

Ed è il Super-Io della norma, anche la più terribile, interiorizzata, fino a far sparire i sensi di colpa per quanto compiuto.  L’etica del principio di realtà, “la compassione”, “l’humanitas”, bruciate da quel totalitarismo e gli altri totalitarismi del XX secolo. 

L’uomo a una dimensione

Mentre  attraverso le vaccinazioni, la potabilizzazione delle acque,  la scoperta degli antibiotici, la creazione di ricchezza in alcuni paesi allungava la vita, in altri furono commessi genocidi, e stragi: gli Armeni nel 1912, il grande Balzo in Avanti promosso da Mao tra il 1949 e il 1976 che ha causato lo stermino di 40 milioni di morti, in Cina, l’Holodomor (1932-1933) causato da Stalin in Ucraina, che poi con i suoi gulag e deportazioni  ha soppresso circa 30 milioni di persone,  l’inutilità del Vietnam, le guerre in Medio Oriente,  i Desaparecidos  in Argentina e Cile, gli Hutu e Tutsi in Ruanda fino al genocidio dei Serbi nelle fosse comune di Milosevic. Ora siamo di fronte a un’altra guerra, stavolta quasi a casa nostra, o almeno nel nostro continente, in Europa tra Russia e Ucraina.

Migliora non solo la tecnologia della Salute ma anche la tecnologia per produrre morte. Ed è statocosì che Freud, che all’inizio dei suoi studi aveva contemplato solo l’istinto del piacere, dopo la prima guerra mondiale aggiunge un istinto prima impronunciabile per il genere umano: l’istinto di morte. Accanto a questo, l’homo come ha dichiarato Marcuse è tenuto a freno solo attraverso i consumi:  nasce l’Uomo a una Dimensione (Herbert Marcuse), che prende molto di più di quello che dà al pianeta, e butta via: illuminante e preveggente il racconto di Calvino scritto nel 1972 nelle sue Città Invisibili di una città, Leonia, che continua ogni giorno a consumare a oltranza: ci vedo molto della condizione esistenziale di alcuni paesi benestanti che poi vanno a esportare la propria immondizia fuori, in altre regioni, perché non sanno che farsene. 

“La città di Leonia rifà sé stessa tutti i giorni: ogni mattina la popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate dall’involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascoltando le ultime filastrocche che dall’ultimo modello d’apparecchio. Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti di Leonia d’ieri aspettano il carro dello spazzaturaio. Non solo i tubi di dentifricio schiacciati, lampadine fulminate, giornali, contenitori, materiali d’imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie, pianoforti, servizi di porcellana: più che dalle cose di ogni giorno vengono fabbricate vendute comprate, l’opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove. Tanto che ci si chiede se la vera passione di Leonia sia davvero come dicono il godere delle cose nuove e diverse, o non piuttosto l’espellere, l’allontanare da sé, il mondarsi d’una ricorrente impurità. Certo è che gli spazzaturai sono accolti come angeli, e il loro compito di rimuovere i resti dell’esistenza di ieri è circondato d’un rispetto silenzioso, come un rito che ispira devozione, o forse solo perché una volta buttata via la roba nessuno vuole più averci da pensare. Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori dalla città, certo; ma ogni anno la città s’espande, e gli immondezzai devono arrestare più lontano; l’imponenza del gettito aumenta e le cataste s’innalzano, si stratificano, si dispiegano su un perimetro più vasto. Aggiungi che più l’arte di Leonia eccelle nel fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intemperie, a fermentazioni e combustioni. È una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne. Il risultato è questo: che più Leonia espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta sé stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature d’ieri che s’ammucchiano sulle spazzature dell’altroieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri. Il pattume di Leonia a poco a poco invaderebbe il mondo, se sullo sterminato immondezzaio non stessero premendo, al di là dell’estremo crinale, immondezzai d’altre città, che anch’esse respingono lontano da sé le montagne di rifiuti. Forse il mondo intero, oltre i confini di Leonia, è ricoperto da crateri di spazzatura, ognuno con al centro una metropoli in eruzione ininterrotta. I confini tra le città estranee e nemiche sono bastioni infetti in cui i detriti dell’una e dell’altra si puntellano a vicenda, si sovrastano, si mescolano. Più ne cresce l’altezza, più incombe il pericolo delle frane: basta che un barattolo, un vecchio pneumatico, un fiasco spagliato rotoli dalla parte di Leonia e una valanga di scarpe spaiate, calendari d’anni trascorsi, fiori secchi sommergerà la città nel proprio passato che invano tentava di respingere, mescolato con quello delle altre città limitrofe, finalmente monde: un cataclisma spianerà la sordida catena montuosa, cancellerà ogni traccia della metropoli sempre vestita a nuovo. Già dalle città vicine sono pronti coi rulli compressori per spianare il suolo, estendersi nel nuovo territorio, ingrandire sé stesse, allontanare i nuovi immondezzai.”

L’uomo a una dimensione, l’homo abitante di Leonia, che sta facendo della terra un’immensa pattumiera, soggetto alla plutocrazia e dunque alla tirannide (o totalitarismo?) del denaro e del consumo risponde a quel SuperIo omologato: benessere, consumo a tutti costi, o seguendo l’attuale locuzione, l “effetto wow”, che si brucia nel tempo di una notte nella soggettività dell’essere umano, ma impatta quasi irreversibilmente nel nostro pianeta. Eppure questa forza ha un suo vettore diametralmente opposto che convive, la richiesta continua di libertà (non di liberalismo), di democrazia, di espressione del sé, di creazione del sé, esplicitati nei grandi diritti umani che vengono scritti proprio nel XX secolo. 

Organizzazione Mondiale della Sanità

Dopo la seconda guerra mondiale, le persone sopravvissute agli orrori sia della prima che della seconda guerra mondiale avevano sperato di poter cambiare il corso degli eventi, e in parte ci sono riusciti. Nel 1948, anno dei più grandi ideali, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization), organismo peraltro fondato proprio per fronteggiare la pandemia di Spagnola nel 1918.

La OMS definisce la salute come non mera assenza di malattia ma come intero benessere biologico psicologico e sociale.

Qui capiamo che non è possibile separare la salute dal benessere: salute è benessere, e sono sinonimi. Non basta quindi “salvarsi”, “sopravvivere”, in salute da “salvus”, per l’OMS salute significa “esistere bene”. Alle tre dimensioni bio-psico e socio, si aggiunge negli ultimi quarant’anni una quarta dimensione, quella esistenziale e spirituale. 

Non tutti nell’OMS sono concordi nell’aggiungere la spiritualità al benessere in quanto per molti studiosi questo nasce dall’intreccio delle tre dimensioni precedenti ma sentiamo di includerla  come voce a sé stante, uno scrigno di valori e attitudini che la persona, o un gruppo di persone possiedono: non necessariamente ricadono o derivano dalle religioni rivelate, ma in una forma di spiritualità laica, che forse ci porta a ricercare valori anche nelle tradizioni del passato che potevano avere un proprio senso: prendere quanto dare, cosa che l’homo faber e ad una dimensione ha smesso di fare. Prende molto più di quanto dà all’ecosistema.

Maria Giulia Marini

Epidemiologa e counselor - Direttore Scientifico e dell'Innovazione dell'Area Sanità e Salute di Fondazione Istud. 30 anni di esperienza professionale nel settore Health Care. Studi classici e Art Therapist Coach, specialità in Farmacologia, laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche. Ha sviluppato i primi anni della sua carriera presso aziende multinazionali in contesti internazionali, ha lavorato nella ricerca medica e successivamente si è occupata di consulenza organizzativa e sociale e formazione nell’Health Care. Fa parte del Board della Società Italiana di Medicina Narrativa, Insegna all'Università La Sapienza a Roma, Medicina narrativa e insegna Medical Humanities in diverse università nazionali e internazionali. Ha messo a punto una metodologia innovativa e scientifica per effettuare la medicina narrativa. Nel 2016 è Revisore per la World Health Organization per i metodi narrativi nella Sanità Pubblica. E’ autore del volume “Narrative medicine: Bridging the gap between Evidence Based care and Medical Humanities” per Springer, di "The languages of care in narrative medicine" nel 2018 e di pubblicazioni internazionali sulla Medicina Narrativa. Ha pubblicato nel 2020 la voce Medicina Narrativa per l'Enciclopedia Treccani e la voce Empatia nel capitolo Neuroscienze per la Treccani. E' presidente dal 2020 di EUNAMES- European Narrative Medicine Society. E’ conferenziere in diversi contesti nazionali e internazionali accademici e istituzionali.

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