Due parole in quattrocento parole: PARTENARIATO E SUSSIDIARIETÀ

L’aggettivo ‘sussidiario’ deriva dal latino subsidiarius che nell’antica Roma indicava la retroguardia dell’esercito. Solo in un secondo momento la parola assume il significato di rinforzo, soccorso. Tale etimologia evidenzia la logica di integrazione, ma tuttavia gerarchica che la parola sottintende: la riserva integra l’esercito, ma non è la prima scelta o l’elemento più importante in partenza.

Invece, il sostantivo ‘partner’, da cui ‘partenariato’, è un anglicismo ormai di uso comune nella nostra lingua. La parola inglese, passata per l’antico francese, vine dal latino pars, ossia ‘parte’ o meglio ancora ‘partito’. La logica che sta dietro al partenariato è, pertanto, una logica di divisione ma paritaria: due elementi distinti ma sullo stesso piano cooperano per un fine comune.

Da queste brevi osservazioni etimologiche, si capisce come la sussidiarietà e il partenariato siano due modelli validi di organizzazione, ognuno con i suoi pregi e difetti. E nel caso della sanità italiana, i due modelli sono spesso richiamati, ora dal pubblico ora dal privato, per celebrare o denunciare questa o quella situazione.

L’articolo 32 della Costituzione Italiana sancisce:

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Il suo sviluppo è la legge 833 del 1978, dove sono fissati i tre principi: l’universalità, l’uguaglianza e l’equità. Tutta la popolazione ha diritto ad accedere alle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale, senza distinzioni di condizioni individuali, sociali, economiche. Quello che emerge è che lo Stato si fa garante del diritto alla salute di tutti e che tutti gli enti pubblici o privati convenzionati con l’SSN, sono caricati di una responsabilità sociale nei confronti dei cittadini.

Proprio in questo spazio, tra Stato e Mercato, tra pubblico e privato, si colloca il cosiddetto terzo settore, ossia quegli enti che si affiancano al pubblico e al privato, interagendo con entrambi nell’interesse della comunità.

Quale che sia o dovrebbe essere l’effettivo rapporto tra pubblico e privato, quelle che vanno garantite (e tutelate) sono l’universalità, l’uguaglianza e l’equità. E dato che è lo Stato a farsi da garante di questi principi fondamentali, appare logico e necessario che il ruolo di programmazione e controllo della qualità delle prestazioni erogate debba essere mantenuto dal pubblico. Allo stesso modo però, come la pandemia ha tragicamente dimostrato, il pubblico non ha i mezzi per farsi carico di tutta la richiesta. Il privato non ha un ruolo né sussidiario, né paritario nei confronti del pubblico. Il privato è subordinato allo Stato, ai suoi principi e alle sue leggi, di cui si fa rappresentante una parte del pubblico, ma è (o potrebbe essere) concomitante al pubblico nella produzione dei servizi sanitari.

Quale parola meglio esprimerebbe il vostro sentimento riguardo il rapporto tra sanità pubblica e privata?

Enrica Leydi

Milanese di nascita, ha conseguito la laurea triennale in Lettere Moderne presso l'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna. Sta attualmente completando il corso di laurea magistrale in Italianistica, sempre presso la medesima università emiliana. Collabora con ISTUD da aprile 2021 in qualità di coordinatrice della rivista «Cronache di Sanità e Medicina Narrativa».

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