Vantaggi e svantaggi della ricerca quantitativa e qualitativa

La ricerca è definibile come un’attività dinamica che ha l’obiettivo di costruire un patrimonio crescente di conoscenze. Il metodo scientifico è la modalità con cui la scienza indaga sulla realtà ed è la modalità più affermata nel processo di definizione della conoscenza.

Sin dalla prima metà del XIX secolo, la corrente di pensiero del positivismo, caratterizzato da esaltazione del progresso scientifico, ha conferito particolare slancio alla ricerca scientifica, attraverso l’uso di test standardizzati, osservazioni sistematiche, esperimenti, misurazioni e raccolta dati, analisi statistiche (applicazione del metodo quantitativo) (Kroeze, 2012). Tuttavia, in anni più recenti nuovi approcci al metodo scientifico si sono affermati e l’interpretativismo, che analizza significati soggettivi quali problematiche di tipo sociale, eventi o pratiche (attraverso la raccolta di dati non standardizzati come testi, immagini, più che numeri e statistiche), si apre sempre più la strada anche in applicazioni più prettamente scientifiche. In accordo con l’approccio interpretativista, nessuno è in grado di predire azioni nè avanzare generalizzazioni in virtù del fatto che è impossibile il distacco fra l’oggetto di studio, ovvero il mondo osservato, e lo studioso stesso (applicazione del metodo qualitativo) (Hammerslay & Traianou, 2012). La Grounded Theory, una metodologia appartenente a questo secondo approccio, differisce dal metodo quantitativo in quanto non assume alcuna ipotesi da verificare attraverso la perturbazione volontaria di un sistema da studiare (esperimento scientifico), bensì si propone di osservare senza pregiudizio e alterazioni sul sistema indagato per ricavare delle informazioni. La Medicina Narrativa si colloca dunque fra le modalità di ricerca qualitativa, seguendo i principi della Grounded Theory.

Da queste definizioni si deducono non solo differenze fra i due approcci ma anche alcuni importanti punti in comune, che costituiscono le basi metodologiche della ricerca scientifica in sé. Innanzitutto, la ricerca deve portare innovazione in quei campi dove ancora l’uomo non si è spinto. Esiste, infatti, un sottile confine ideologico, che prende il nome di frontiera della scienza, quel luogo di domande ancora senza risposta, che i massimi esperti in un determinato campo di ricerca cercano di esplorare. La scienza ha anche l’obbligo di rinnovare sé stessa, e ciò che è considerata una verità scientifica oggi, può essere smentita domani da nuovi dati e nuove scoperte. L’alfabeto scientifico è fatto, infine, di numeri: dati, misurazioni e statistiche che guidino e dimostrino le conclusioni dello studio o del progetto.

Sebbene sia la ricerca quantitativa-Evidence based medicine, sia l’approccio qualitativo-narrativo abbiamo pari dignità dal punto di vista scientifico, spesso l’estremismo cieco di alcuni membri della comunità scientifica fomenta la polarizzazione e il distacco dal metodo narrativo poiché, a torto, la considerano priva di scientificità e i risultati influenzabili dalla soggettività del ricercatore. La verità è che la soggettività, per quanti sforzi facciamo, è intrinseca della natura umana e non è pertanto eliminabile, nemmeno attraverso l’applicazione dei metodi quantitativi. Si pensi ad esempio, al caso del Prof. Heisenberg, padre della chimica moderna e autore del principio di indeterminazione per il quale,  per una particella non sia possibile misurare (nello stesso istante temporale o in tempi successivi), e quindi conoscere, un definito valore della posizione e della quantità di moto con precisione assoluta, ovvero con incertezza nulla. Secondo questo principio, infatti, nel momento in cui il ricercatore tenta l’osservazione di un elettrone, attività che richiede molta energia, l’elettrone stesso assorbe l’energia dello strumento di misurazione modificando la propria traiettoria o velocità. Questo è solo un esempio di molti da cui si deduce che ogni tentativo di perturbare il mondo, oggetto dell’indagine scientifica, non può essere privo di errori e che, in fondo, l’oggettività tanto vantata dalla comunità scientifica, non è veramente possibile a nessun livello, indipendentemente dalla metodologia quantitativa o qualitativa scelta.

Fra i principali vantaggi del metodo quantitativo, la possibilità di raggiungere numerosità più elevate di campioni randomizzati certamente primeggia. In questo modo, infatti, si ritiene di poter generalizzare conclusioni più attendibili e robuste. Inoltre, software di analisi statistica possono ridurre notevolmente il tempo del data analysis e ottenere misurazioni focalizzate su poche e specifiche variabili di interesse (Carr, 1994). Tuttavia, il metodo quantitativo generalmente non considera il profondo significato dei fenomeni sociali, né è in grado di misurare le modalità con cui una società si forma e si mantiene o le modalità con cui le persone interpretano le proprie azioni e quelle del prossimo. Esistono infatti delle variabili che non possono essere misurate numericamente – risulta arduo ad esempio misurare il profondo significato educativo di un corso formativo. In breve, il metodo quantitativo produce un’istantanea immobile di un fenomeno, privo di qualsiasi dinamicità e povero di dettagli (Schofield, 2007).

Tutto ciò che può essere ‘misurato’ non necessariamente è qualcosa che ‘conta’; tutto ciò che non può essere ‘misurato’ non necessariamente è qualcosa che ‘conta’

A. Einstein

Al contrario, l’approccio di ricerca qualitativa ha il vantaggio di produrre una ricca quantità di dettagli che non è facile ottenere attraverso il metodo quantitativo, quali emozioni, opinioni, esperienze e prospettive dei partecipanti, attraverso l’interpretazione delle loro azioni in significati; è ottimo per il confronto fra diverse prospettive di un medesimo fenomeno, come l’indagine del percepito, del vissuto di malattia da parte non solo della persona che soffre per quella determinata patologia, ma anche del medico curante, dei famigliari, di eventuali badanti o insegnanti (nel caso di pazienti più giovani)… Si può dunque affermare che la metodologia qualitativa è olistica, dal momento che comprende l’analisi del contesto sociale, culturale, valoriale e personale del fenomeno indagato, aggiungendo significato al valore quantitativo. In conseguenza della flessibilità e libertà dell’analisi qualitativa, è inoltre possibile rendere anche fenomeni particolarmente complessi, come la relazione di cura fra medico e paziente, più facilmente comprensibili ai molti (Denzin, 1989). La Medicina Narrativa in questo frangente, può essere dunque un valido strumento per aggiungere significato, dettagli e ampliare l’orizzonte d’indagine medico-scientifica su temi di difficile esplorazione quantitativa quali il vissuto di malattia, con focus sugli aspetti emotivi e relazionali, oppure la relazione di cura, con maggiore focus sul contesto culturale e sociale.

Nonostante i numerosi pro descritti, è doveroso riportare anche alcune delle possibili limitazioni di questo approccio: prima fra tutti, la metodologia qualitativa è particolarmente diffusa e apprezzata in settori di ricerca sociali e psicologici, ma non è ancora molto conosciuta in ambito sanitario, dove gli Stakeholders sono spesso sostenitori accaniti del metodo Evidence-Based (EBM). Una delle maggiori critiche che viene indirizzata a questo metodo dal mondo EBM riguarda la numerosità del campione di dati raccolto, spesso più ridotto rispetto al metodo quantitativo. Infatti, l’analisi di un così ricco e dettagliato campione richiede generalmente molto più tempo e i software attendibili in questo caso sono spesso scarsi o inesistenti. Un ulteriore osservazione rivolta al metodo qualitativo è la soggettività dell’interpretazione dei dati, che a loro dire mal si combina con la formulazione di conclusioni e generalizzazione. Tuttavia, la ricchezza in dettagli che caratterizza in modo specifico la modalità qualitativa può colmare il limitato numero di dati di partenza e l’analisi in triplo cieco conferisce l’oggettività dell’interpretazione (Silverman, 2010). Dunque, attraverso la Medicina Narrativa, è possibile, seppure con un lungo e meticoloso lavoro, ad ottenere dati quantitativi e oggettivi, quali pattern ricorrenti nelle narrazioni, e certificare (e quantificare) un sentito, un vissuto, un’emozione, un bisogno dei vari attori coinvolti in una malattia, pazienti, famiglie e curanti, senza perturbare l’oggetto, ma limitandoci all’osservazione inerme (La ricerca narrativa si deve fare!).

In conclusione, abbiamo in questo articolo voluto affrontare un’analisi critica, distaccata sui pro e i contro delle due metodologie d’indagine che al giorno d’oggi si contendono il mondo scientifico, la ricerca quantitativa e l’approccio qualitativo. Sebbene non possiamo affermare che una modalità sia “migliore” di altre, è comunque evidente che il mondo del Life Science abbia per troppo tempo tralasciato uno dei due in favore dell’altro, rischiando in questo modo però di perdere dati importanti del mondo osservato. Solo l’integrazione dei due approcci potrà dunque colmare i ‘buchi’ lasciati vuoti in questi anni.

Silvia Napolitano

Ricercatrice dell’Area Sanità e Salute di Fondazione ISTUD. Laurea Magistrale in Biotecnologie Industriali presso l’Università di Milano-Bicocca, Master Scienziati in Azienda presso Fondazione ISTUD. Esperta di Medical Writing con una declinazione nelle aree di ricerca qualitativa e Medicina Narrativa. Collabora su progetti di ricerca, formazione e sviluppo aventi per oggetto il miglioramento della qualità di vita e di cura di pazienti affetti da patologie genetiche o croniche.

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