Scrittura impulsiva-compulsiva sui Social Network e scrittura riflessiva-efficace manuale: una proposta per raccogliere storie nell’ambito della cura

table-narrative-medicineTabella curata da Maria Giulia Marini, Luigi Reale, Paola Chesi.
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Bisogna ammettere che nei social network – come Facebook, Twitter e alcune “nuove app avanzate” – c’è una netta tendenza allo sfogo. Lo sfogo compulsivo va a includere diversi ambiti: l’amore, la politica, il lavoro, e la malattia – un innesco compulsivo per lamentarsi su cosa non sta funzionando. Nel momento in cui riguarda il sistema di cura, questo può essere molto pericoloso: si possono incolpare pubblicamente medici, curanti e istituzioni, senza alcuna possibilità di controllare se le accuse siano o meno fondate. Alcuni ricercatori delle università della California, San Diego, Yale, e dalla Facebook Inc., hanno dimostrato che i sentimenti “sfogati” su Facebook possono essere contagiosi, come emerge dall’analisi condotta, da gennaio 2009 a marzo 2012, nelle cento più popolose città degli Stati Uniti.

Se una persona visita i Social Network, deve essere preparata al fatto che sarà sommersa da un groviglio di lamenti e tonnellate di identità egocentriche in cerca di riconoscimento. Senza voler dare alcun giudizio morale, questo inevitabile e inarrestabile uso dei Social Network, parte del progresso tecnologico, potrebbe avere come risultato l’isolamento fisico e la solitudine.

Quanto riflettiamo prima di “postare” le nostre brevi storie sul web? Quanto ci concentriamo, quanta attenzione prestiamo? È solo un atto compulsivo e narcisista, che nasce dall’urgenza di prendere immediatamente un “like”?

Daniel Goleman, nel suo ultimo libro“Focus”, studia i Social Network e prova a comprendere quale parte del cervello sia attivata da questi strumenti se avviene uno stimolo di gratificazione. È il “paleoencefalo”, quello che include l’amigdala, il centro delle nostre emozioni basiche. Vi è un meccanismo di bottom-up, attivato dal piacere, non di top-down – appartenente questo alla neocorteccia, attivato da uno sforzo di concentrazione, attenzione, e riflessione. Goleman sostiene che nella nostra società le virtù dell’attenzione e della concentrazione, in qualche modo, si stanno perdendo, e di conseguenza la virtù dell’empatia, che include non solo l’abilità a capire meglio gli altri, ma anche il raggiungimento di una miglior consapevolezza su se stessi. La società multitasking è divenuta realtà, ma insieme a una mancanza di serenità. Fare troppe cose insieme, partecipando con un orecchio a un incontro mentre occhi e mani sono occupati su Facebook, non ci permette di raggiungere performance adeguate. L’equilibrio tra questi nasce dall’alchimia armonica tra il meccanismo di bottom-up e quello di top-down.

Il web può diventare una meravigliosa fonte di informazioni, o un luogo dove condividere i propri sentimenti, le proprie storie e vite: ma cosa riceviamo? Come siamo compensati? Continueremo, compulsivamente, a condividere sempre più storie sulle malattie, diventando scrittori veloci, pensatori superficiali, usando la lingua delle emoticon. Ritorno all’infanzia?

Riguardo alle storie di salute e malattia sui Social Network, proviamo a vedere i pro e i contro. I pro sono la comunità aperta, gli effetti di massa, la nascita di un movimento globale che può combattere, ad esempio, per il diritto a terapie più adeguate. I contro potrebbero essere il debole pensiero che c’è dietro, lo sfogo e le accuse contro i medici, le catene di sentimenti negativi e contagiosi, i venditori di rimedi miracolosi che non funzionano.

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Nella tabella qui presentata, proponiamo una suddivisione per età di come raccogliere le storie di salute e malattia. Dobbiamo operare una distinzione tra due possibili fattori: la facilità di raggiungere le persone e l’efficacia e la qualità delle loro storie. Se consideriamo persone giovani, è evidente che il modo più veloce per raggiungere le loro storie di salute e malattia è il web. Lo stesso vale per gli adulti che vogliono esprimere i loro pensieri, sentimenti e azioni sul web. Qui, siamo affascinati dall’efficacia del potere di raggiungere in fretta il numero desiderato di storie da analizzare: non solo una storia singola, ma centinaia di storie facilmente raccolte. Comunque, se vogliamo andare più a fondo, per analizzare meglio come i pazienti vivono la malattia, quali sono le loro convinzioni ed emozioni, in un ambiente meno contaminato, carta e penna rimangono ancora gli strumenti preferiti. Il digitale può non esserci. Si raggiungono le riflessioni di curanti e pazienti usando una narrazione guidata, un diario aperto. O almeno, lasciando fuori il web nello scrivere o nel raccontare la propria esperienza. Più avanti uno può pubblicarlo, ma dopo, quando le emozioni legate allo sfogo sono meno forti.

Le associazioni di pazienti, i medici e gli infermieri possono avere un ruolo fondamentale nell’offrire al paziente la bellezza dello scrivere a mano i loro percorsi di salute, o la loro convivenza con la malattia. Uso una parola forte, “bellezza”, perché la scrittura a mano dovrebbe davvero essere una esperienza estetica – e dai nostri dati, l’85% delle persone è contento di scrivere. Dopo aver scritto, le persone si sentono meglio: hanno attivato il meccanismo cerebrale top-down, si sono concentrati sullo scrivere, si sono lasciati andare sui sentimenti difficili grazie alla pressione della penna sulla carta, ed eventualmente la consapevolezza, con una visione più profonda sul presente e sul futuro. È una scrittura solitaria, un dialogo interiore. Se vogliamo migliorare davvero il sistema di cura, o preservarlo, e comprendere globalmente i pazienti, allora raggiungiamoli non solo attraverso lo sfogo superficiale su internet, ma “offline”, in uno spazio tranquillo. Nelle loro storie, rimangono da scoprire gemme luminose di strategie positive di coping.

Maria Giulia Marini

Epidemiologa e counselor - Direttore Scientifico e dell'Innovazione dell'Area Sanità e Salute di Fondazione Istud. 30 anni di esperienza professionale nel settore Health Care. Studi classici e Art Therapist Coach, specialità in Farmacologia, laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche. Ha sviluppato i primi anni della sua carriera presso aziende multinazionali in contesti internazionali, ha lavorato nella ricerca medica e successivamente si è occupata di consulenza organizzativa e sociale e formazione nell’Health Care. Fa parte del Board della Società Italiana di Medicina Narrativa, Insegna all'Università La Sapienza a Roma, Medicina narrativa e insegna Medical Humanities in diverse università nazionali e internazionali. Ha messo a punto una metodologia innovativa e scientifica per effettuare la medicina narrativa. Nel 2016 è Revisore per la World Health Organization per i metodi narrativi nella Sanità Pubblica. E’ autore del volume “Narrative medicine: Bridging the gap between Evidence Based care and Medical Humanities” per Springer, di "The languages of care in narrative medicine" nel 2018 e di pubblicazioni internazionali sulla Medicina Narrativa. Ha pubblicato nel 2020 la voce Medicina Narrativa per l'Enciclopedia Treccani e la voce Empatia nel capitolo Neuroscienze per la Treccani. E' presidente dal 2020 di EUNAMES- European Narrative Medicine Society. E’ conferenziere in diversi contesti nazionali e internazionali accademici e istituzionali.

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