Oliver Sacks: gratitudine a un maestro

Oliver Sacks“Gratitudine” è il titolo della newsletter che Oliver Sacks ha inviato questo 14 agosto, ringraziando i suoi lettori per tutte le lettere, le storie, i ricordi che lo hanno sostenuto nella sua battaglia “con” il cancro (e non “contro” il cancro). Ha pensato di salutarci, in modo indipendente dal titolo di studio conseguito, ma tutti legati dalla passione nell’aiutare l’individuo e la società a stare bene, dalla sfida quotidiana dell’accoglienza della diversità fisica e psichica, e dal desiderio che ci porta a cercare di unire le discipline, i saperi, e le arti – tenuti separati, nei secoli, per comodità politiche e organizzative.

Come correttamente sostiene Brian Hurwitz, i fondatori della Medicina Narrativa si perdono nella notte dei tempi: probabilmente quando, per la prima volta, l’essere umano si è interrogato riguardo la vita, la morte, la salute, la malattia.

Ma se volessimo rintracciare, nel secolo scorso, una possibile “genitorialità” che abbia recuperato la Medicina Narrativa, l’abbia fatta uscire dalla psicanalisi di Freud e Jung, e l’abbia applicata alla neurologia (specialità che supera i confini della psiche e che si concentra parimenti anche sul corpo), questo merito lo dobbiamo a Sacks.

L’etichetta di Medicina Narrativa è stata messa successivamente, forse per dare ordine e risalto scientifico a questa metodologia, dalle scuole della Columbia University e del King’s College di Londra.

A Sacks va il grande merito di aver studiato non solo il “testo” dei pazienti, ma anche il contesto, l’ambiente in cui vivono, e di avere diffuso, senza alterarle, queste narrazioni nella società, in modo da avvicinare qualsiasi individuo alla cultura della malattia, e di avere rispettato le straordinarie risorse messe in campo da chi si trova in questa condizione.

A Sacks va il grande merito di essersi “inimicato” parte dell’opinione clinica e scientifica, così rigida nei suoi protocolli di cura e di pubblicazione, e di aver proseguito per la sua strada di grande divulgatore di come vivono i pazienti neurologici: senza pregiudizi, ha studiato – rispettandole e non considerandole una forma di pazzia – le allucinazioni; si è occupato di inserire la musica tra gli strumenti terapeutici, dopo aver osservato che i pazienti che non riuscivano a parlare potevano cantare, e che il ritmo poteva ridare stabilità motoria ai pazienti col Parkinson.

Sacks ha saputo anche scrivere dei suoi fallimenti, quando ha creduto nel miracolo della L-Dopa per i pazienti con post-encefalite letargica, per poi vedere che questa terapia – dopo aver “risvegliato” queste persone – diventava inutile e inefficace. Pochi scienziati avrebbero saputo parlare, pubblicare, ed essere messi in scena (si veda il film “Risvegli”) dopo un fallimento così eclatante. Ma proprio accettando la fallibilità del sapere medico, ne ha definito i limiti, togliendo il curante dal piedistallo del ruolo.

E come ha superato il fallimento? La sua vita ce l’ha insegnato fino all’ultimo istante: continuando a studiare, insegnare, scrivere, appassionarsi, e condividere idee, fino a poco prima di lasciarci.

Further readings: 

New York Times – “Oliver Sacks, Casting Light on the Interconnectedness of Life”.

The Guardian – “Clinician of compassion: Oliver Sacks opened a window to the extraordinary”.

Il primo articolo di Oliver Sacks per la London Review of Books – “Witty Ticcy Ray”.

Maria Giulia Marini

Epidemiologa e counselor - Direttore Scientifico e dell'Innovazione dell'Area Sanità e Salute di Fondazione Istud. 30 anni di esperienza professionale nel settore Health Care. Studi classici e Art Therapist Coach, specialità in Farmacologia, laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche. Ha sviluppato i primi anni della sua carriera presso aziende multinazionali in contesti internazionali, ha lavorato nella ricerca medica e successivamente si è occupata di consulenza organizzativa e sociale e formazione nell’Health Care. Fa parte del Board della Società Italiana di Medicina Narrativa, Insegna all'Università La Sapienza a Roma, Medicina narrativa e insegna Medical Humanities in diverse università nazionali e internazionali. Ha messo a punto una metodologia innovativa e scientifica per effettuare la medicina narrativa. Nel 2016 è Revisore per la World Health Organization per i metodi narrativi nella Sanità Pubblica. E’ autore del volume “Narrative medicine: Bridging the gap between Evidence Based care and Medical Humanities” per Springer, di "The languages of care in narrative medicine" nel 2018 e di pubblicazioni internazionali sulla Medicina Narrativa. Ha pubblicato nel 2020 la voce Medicina Narrativa per l'Enciclopedia Treccani e la voce Empatia nel capitolo Neuroscienze per la Treccani. E' presidente dal 2020 di EUNAMES- European Narrative Medicine Society. E’ conferenziere in diversi contesti nazionali e internazionali accademici e istituzionali.

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