“Poseidone era in collera con noi perché noi siamo i felici accompagnatori di tutti”. “Hai da sapere che non ci sono piloti tra i Feaci, e non ci sono timoni, come hanno le altre navi: ma esse da sole conoscono i pensieri e le intenzioni degli uomini, e conoscono le città e i fertili campi di tutte le genti e varcano rapidissime l’abisso del mare, avvolte da una nuvola di nebbia”: “Non hanno in mente i Feaci l’arco o la faretra ma sempre alberi e remi e navi ben equilibrate”…
L’augurio che mi sono posta scrivendo queste poche righe sui Feaci è contribuire perché tra le persone comuni si possa recuperare la capacità di stare assieme per ascoltare le proprie Odissee a vicenda, senza giudicare, in un vicendevole aiuto per ritrovare se stessi: vi sono periodi in cui la mente è sgombra e nitida come quella dei Feaci e periodi in cui si è e ci si sente oudos, nessuno. L’incontro tra umani va ben oltre l’ospitalità superficiale e sta proprio nella conoscenza reciproca, quella che si svela, in un ambiente di fiducia da costruire lentamente e tale da permettere di dire la verità dietro la maschera, per esprimere dolori e tempi felici. Per permettersi di ritrovare, attraverso il racconto ad altri, chiarezza di navigazione e guidare da soli la propria nave verso il luogo desiderato. Ecco a che serve l’isola dei Feaci, la cassa di risonanza della narrazione delle vicende umane.