Il linguaggio del corpo nello sviluppo dei bambini: i danni di una “still face”

Edward Tronick è un ricercatore molto famoso nell’ambito della ricerca sulla regolazione emotiva. Uno dei massimi esponenti dell’Infant Research, negli anni ‘70 mise a punto il paradigma sperimentale dello still face. Ha dedicato gran parte della sua vita allo studio dell’interazione madre-bambino, cominciò a studiare le interazioni face to face: con l’ausilio di una videocamera, riprendeva ed analizzava i vari momenti dell’interazione, cercando di cogliere non solo la comunicazione verbale, ma anche tutto il sottinteso che attraverso il gioco, il non detto, la gestualità, poteva venir fuori. Ed Tronick voleva comprendere, attraverso la procedura face to face, il funzionamento dello sviluppo della personalità umana.

Si rese conto ben presto che la comunicazione non avviene a senso unico, anche quando il piccolo è un neonato: lo scambio avviene sempre, il neonato è attivo durante le interazioni ed è co-responsabile del tono affettivo della comunicazione. Ed Tronick mette poi a punto un ulteriore strumento di ricerca: lo still face. La procedura consiste nel filmare una normale interazione madre-bambino in cui una madre partecipe cognitivamente e affettivamente gioca con il suo bambino. Ma cosa accade se improvvisamente la madre “sparisce” affettivamente? Cosa succede se il suo volto rimane improvvisamente immobile, impassibile ed inespressivo interrompendo, così, la comunicazione con il piccolo? L’obiettivo della ricerca è quello di comprendere se e cosa un bambino mette in atto per riconquistare lo sguardo della madre, per riprendersi la madre e lo scambio emotivo che fino a qualche minuto prima aveva avuto con lei e quali processi affettivi spianano la strada verso lo sviluppo di un tipo di personalità piuttosto che un altro.

Quando un piccolo si ritrova improvvisamente con una mamma immobile e impassibile, mette innanzitutto in atto meccanismi di auto consolazione che, non sufficienti a compensare la frustrazione, vengono seguiti immediatamente da tentativi di recuperarsi la madre. Il bambino cerca di ritornare lì dove la relazione si è interrotta, cerca di riparare il misunderstanding, l’incomprensione nella comunicazione, cerca di riparare il fallimento nella relazione della diade. Quando il sé del bambino riesce a riparare la relazione, allora riesce anche ad investire in questa, ma quando la riparazione del misunderstanding non avviene, il rischio è un ritiro profondo del sé, un ritiro autistico in meccanismi auto consolatori.

 

Fonte

Matteo Nunner

Laureato in Lettere all'Università del Piemonte Orientale, si sta specializzando in Scienze Antropologiche ed Etnologiche all'Università di Milano-Bicocca. Giornalista e scrittore vercellese, ha collaborato con molte testate locali e nel 2015 ha pubblicato il romanzo d'esordio "Qui non arriva la pioggia". Nel 2017 ha poi pubblicato "Il peccato armeno, ovvero la binarietà del male".

Questo articolo ha un commento

  1. Stefania porcaro

    Splendido esempio dell’importanza dell’interazione comunicativa…prima di ogni altra cosa o riflessione. Grazie

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