La Medicina Narrativa nell’ASST di Mantova: esperienze e risultati

Presentiamo una significativa esperienza di applicazione della medicina narrativa in una struttura sanitaria italiana. Dall’analisi dei ricorsi ed encomi pervenuti all’URP (Ufficio Relazioni con il Pubblico), è nato un progetto formativo intitolato “La relazione di cui avere cura. La relazione che cura”, che coinvolge in maniera multidisciplinare gli operatori sanitari in un processo di integrazione delle competenze relazionali e cliniche, per la definizione di azioni finalizzate al miglioramento globale dei servizi di cura offerti. Elena Miglioli, Responsabile dell’ufficio stampa, comunicazione e URP dell’ASST di Mantova, spiega che l’iniziativa è uno dei punti nevralgici di un percorso costruito negli anni, che mira a trasformare il sistema di ascolto del cittadino in una leva strategica per il cambiamento.

 

Come entrano la narrazione e la medicina narrativa in un’azienda sanitaria?

I temi legati alla comunicazione fra professionista e paziente sono fra i più rappresentati nei reclami e negli encomi che arrivano all’URP. Il paziente chiede di essere ascoltato, di dialogare con l’operatore, di ottenere risposte. Ha l’esigenza di raccontarsi: per attenuare le tensioni, per trovare conferme. Per sentirsi trattato da ‘persona’ e non da ‘malattia’. Occorre quindi avere cura di questa relazione spesso trascurata, proprio perché si tratta di una ‘relazione che cura’, che ha cioè in sé un enorme potenziale.

Da queste constatazioni, frutto di dati analizzati e condivisi con la Direzione Strategica, è nato il progetto formativo che abbiamo pensato di costruire per aiutare i professionisti dell’ASST di Mantova a migliorare l’aspetto comunicativo, parte integrante della cura e della loro professionalità. Il titoloLa relazione di cui avere cura. La relazione che curasottolinea emblematicamente quella che può considerarsi una sfida. Integrare l’approccio della medicina basata sull’evidenza tenendo conto dei vissuti e delle emozioni dei malati e dei loro familiari rende le decisioni clinico-assistenziali più complete, personalizzate e appropriate.

Abbiamo scelto di combinare il linguaggio del teatro, per la sua forza espressiva, con la medicina narrativa, grazie alle competenze dei professionisti di ISTUD. L’originalità del percorso formativo sta nel fatto che abbiamo sceneggiato reclami ed encomi realmente pervenuti all’URP, rappresentandoli sul palcoscenico con l’intervento della Compagnia Teatrale Campogalliani di Mantova. Contestualmente, si farà riferimento ai testi delle narrazioni originali per intraprendere un percorso formativo che fornisca ai professionisti strumenti utili a migliorare le relazioni di cura nella pratica clinica quotidiana. Questa iniziativa è una delle più complesse e significative che abbiamo costruito negli ultimi anni sulla scorta dei risultati forniti dal sistema di ascolto del cittadino.

 

Si possono migliorare i servizi sanitari partendo dai reclami?

A mio avviso è l’obiettivo strategico che ogni sistema di ascolto dovrebbe porsi, diventando uno strumento che consente al cittadino di partecipare alla costruzione di una buona sanità. La voce dei pazienti è una risorsa preziosa, anche perché viene dall’esterno e proprio per questo risulta spesso più efficace nel riscontrare criticità che magari non balzano all’occhio di chi opera in azienda. Offre spunti di riflessione e ci aiuta a focalizzare meglio lo sguardo sulla nostra attività. Per questo negli anni abbiamo dato vita a indagini qualitative mirate e personalizzate per alcune strutture, partendo proprio dai dati dei reclami o dei questionari standard di customer satisfaction richiesti dalla Regione Lombardia. Un passo ulteriore è stato compiuto l’anno scorso con l’istituzione di un gruppo di lavoro multiprofessionale stabile, che ha appunto lo scopo di analizzare i risultati messi in luce dal sistema di ascolto e tradurli in azioni di miglioramento. Del gruppo fanno parte, oltre all’URP, i referenti della Direzione Sanitaria e Socio Sanitaria, della Gestione Amministrativa dei Servizi Sanitari, della Qualità Accreditamento e Appropriatezza.

 

Le testimonianze di encomio possono essere valorizzate ed essere utili per la prevenzione del burn out dei professionisti sanitari?

Gli encomi servono da stimolo e incoraggiamento ai professionisti, che hanno bisogno di feedback rispetto al loro operato. Per questo abbiamo scelto di studiarli in modo approfondito, suddividendoli per nuclei tematici, e inserirli nei report che mettiamo a disposizione della dirigenza. Sull’onda di sentimenti legati a un’esperienza negativa, il cittadino è spesso più orientato a lamentarsi, sottolineando le note dolenti. Tuttavia, gli ultimi riscontri ci dicono che il numero degli encomi è aumentato e ha superato i reclami. Questa inversione di tendenza è certamente significativa. Da quest’anno Mantova Salute,  il periodico di informazione dell’ASST, prevede una rubrica che ospita ‘storie di buona sanità’: invitiamo chi è stato assistito nelle nostre strutture a condividere la sua esperienza positiva di cura, di malattia, di guarigione. Un’opportunità in più di fare conoscere ciò che funziona, anche in contrasto con la tendenza delle testate giornalistiche a dare spazio a notizie sensazionalistiche e di malasanità o presunta tale.

Inoltre, nell’ambito di una campagna di sensibilizzazione che abbiamo promosso sull’uso appropriato del Pronto Soccorso, abbiamo decorato le pareti della struttura riportando alcune parole chiave registrate negli encomi, al fine di creare un rapporto di collaborazione tra l’utente e il professionista. Cosa ti offriamo? Professionalità, accoglienza, ascolto. Cosa ti chiediamo? Pazienza, rispetto, collaborazione. In quell’occasione, era stata attivata un’apposita iniziativa on line, ‘Racconta la tua storia al Pronto Soccorso’, che puntava a raccogliere testimonianze dalle quali sono state tratte le parole riportate poi nei corridoi.

 

Quali riscontri avete avuto all’interno dell’organizzazione sanitaria dalle attività di  utilizzo della narrazione?

La narrazione punta il faro su alcune tematiche che denotano criticità da approfondire o, al contrario, eccellenze delle quali andare fieri e magari migliorare ulteriormente.

Avvieremo a breve il percorso formativo già citato, che per la prima volta coinvolgerà i professionisti sanitari in maniera multidisciplinare; valuteremo i riscontri di tale iniziativa, ma intanto è già un risultato l’essere arrivati a strutturare una formazione specifica sugli aspetti relazionali, con la condivisione della Dirigenza Strategica.

Oltre che nell’ambito delle iniziative già menzionate, abbiamo fatto ricorso allo strumento della narrazione nel corso di un’indagine approfondita in Ostetricia e Ginecologia all’Ospedale di Mantova, chiedendo alle mamme di raccontare per iscritto la loro vicenda prima e dopo il parto. Al termine dell’indagine sono state proposte varie azioni di miglioramento tra le quali il potenziamento dei corsi pre e post-partum, la progettazione di percorsi formativi sulla relazione terapeutica e sulla comunicazione efficace, la revisione degli aspetti organizzativi e burocratici. A quel punto è intervenuta la struttura Qualità Accreditamento e Appropriatezza per attivare un percorso di miglioramento.

Attualmente stiamo sviluppando un lavoro molto articolato che coinvolge la struttura di Ortopedia e Traumatologia. Anche in questo caso si è puntato sulla raccolta di testimonianze scritte e su interviste faccia a faccia. I risultati dei questionari di customer satisfaction parlano già di un netto miglioramento degli aspetti comunicativi in reparto, ancor prima di aver terminato il progetto e di avere introdotto correttivi. Solo per il fatto che il parere dei cittadini viene tenuto in debita considerazione e per una maggiore attenzione nei loro confronti.

 

Se avesse carta bianca, che tipo di narrazione vorrebbe raccogliere dai fruitori della sua struttura di riferimento?

Penso a uno scambio di ruolo tra professionisti e pazienti…Chiederei a un professionista di mettersi nei panni di un malato, di entrare idealmente nel suo letto, di trovarsi alle prese con visite, esami, interventi chirurgici, colloqui. E quindi, in questa nuova veste, di raccontare cosa si aspetterebbe dal personale del reparto in cui ‘è stato ricoverato’. Proporrei lo stesso esperimento a un malato: lo inviterei a immedesimarsi nella giornata tipo di un medico o di un infermiere e a descrivere l’atteggiamento che dovrebbero avere nei suoi confronti. Ci proviamo?…

Paola Chesi

Laurea in Scienze Naturali presso l’Università degli Studi di Torino. Project manager e docente dell’Area Sanità di ISTUD dal 2010. Esperta nella realizzazione di ricerche organizzative in ambito sanitario, in particolare attraverso l’approccio della Medicina Narrativa, applicata a progetti di respiro nazionale e internazionale per l’analisi dell’organizzazione e qualità dei percorsi di cura. Tra i temi di riferimento, l'inclusione delle persone con disabilità, e il benessere organizzativo. Coordina percorsi formativi accreditati ECM sulla Medicina Narrativa rivolti a professionisti sanitari, svolgendo attività di docenza applicata e tutoraggio. Coordina progetti europei finanziati nell’ambito dei Lifelong Learning Programme, con particolare riferimento alle metodologie formative basate sullo storytelling. Collabora con la Società Italiana di Medicina Narrativa e con referenti di università internazionali. Partecipa in qualità di relatrice a convegni promossi da società scientifiche e Aziende Sanitarie.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.