La Medicina Narrativa come intervento di cura: intervista a Giorgio Bert

Giorgio Bert
Giorgio Bert

Giorgio Bert è medico e libero docente di Semeiotica Medica presso l’Università di Torino. Bert prese parte al movimento che, dagli anni Settanta, ha sottolineato la centralità di una rinnovata formazione del medico, della prevenzione, degli aspetti sociali e ambientali della salute, proponendo una medicina più attenta al paziente in quanto persona, ai suoi diritti e ai suoi bisogni. Fondatore della SICIS (Società Italiana di Counselling Sistemico) e dell’Istituto CHANGE di Counselling Sistemico (Torino), è co-fondatore di Slow Medicine.

D. Come definirebbe oggi la Medicina Narrativa?

GB. Non è semplice definire la Medicina Narrativa oggi: è diventata talmente di moda, e talmente inflazionata… Probabilmente la migliore messa a punto sull’argomento è quella emersa nella Consensus Conference del 2014 presso l’Istituto Superiore di Sanità (“Linee di indirizzo per l’utilizzo della Medicina Narrativa in ambito clinico-assistenziale”). La Medicina Narrativa è – appunto – medicina, un intervento che si ritiene abbia un effetto di cura: non è un mero lavoro letterario, è un intervento terapeutico, oltre che relazionale. E se può avere un effetto di cura, è quello che andrebbe valutato. Il paziente ha diritto di essere presente a pieno titolo nella relazione di cura. Questo permette una visione sistemica del paziente in quanto elemento di un contesto più ampio: familiare, sociale, ambientale. Nella storia clinica classica, l’anamnesi, il medico racconta la storia del paziente in funzione della diagnosi. In una forma narrativa aperta, compaiono i sistemi di riferimento del paziente. Compare il paziente come persona vera e propria, e non come malato. Ma il medico deve sapere usare la Medicina Narrativa in una visione sistemica e non medico-centrica. Spesso il fatto stesso di narrare produce benessere: narrare aiuta a mettere ordine nel caos, e nel caos si sta male. Tutti questi aspetti hanno fatto della Medicina Narrativa uno strumento di cura completo. La Medicina Narrativa è nata come intervento di cura, e per me continua a essere quello.

D. Che cosa l’aveva portata alla Medicina Narrativa?

GB. Ho avuto pochissime occasioni di sperimentare la Medicina Narrativa nella pratica, almeno con quel nome, perché ero già vicino alla pensione quando essa è nata. Ho avuto invece occasione di sperimentarla indirettamente, grazie ai corsi che tengo ai giovani medici sull’uso della narrazione. Al termine di questi corsi, chiedo ai medici quali vantaggi hanno osservato nella relazione col paziente usando lo strumento narrativo, e per molti medici è stata sicuramente una scoperta inattesa. Per quello che ho potuto vedere di persona, ho potuto constatare che facilitava molto la relazione col paziente – è anche vero che mi occupavo di comunicazione medico-paziente già da qualche decennio, quindi ero in qualche modo già predisposto ad accoglierla. Anche Slow Medicine rappresenta per me un buon osservatorio. E quello che posso vedere da questo osservatorio e dai corsi che tengo, è che una migliore comunicazione inizia molto lentamente a comparire nella pratica medica, ma siamo ancora lontani dall’averla: il rapporto medico-paziente è ancora lasciato alla spontaneità. Comincia, però, a essere qualcosa di cui si sente il bisogno, anche da parte degli stessi professionisti: professionisti che escono dall’università e non sanno come rapportarsi col malato, tantomeno come farlo narrare.

D. Perché Slow Medicine?

GB. Slow Medicine nasce dall’incontro di persone che si sono chieste se e come sia possibile cambiare l’aspetto ipertecnologizzato e ipermedicalizzato della cura. Concentrarsi sulla diagnosi è importante, ma a patto di non perdere di vista gli aspetti sociali, ambientali, sistemici della malattia: quelli che fanno sì che ogni malato sia diverso dall’altro anche se la diagnosi è la medesima. Tanto più se, come spesso accade, la diagnosi manca. Generalmente, la salute è talmente medicalizzata che la prevenzione viene identificata con le attività di screening (che non è “prevenzione”, ma diagnosi anticipata) e non con gli interventi sull’ambiente e sullo stile di vita. Slow Medicine si è proposta di spostare la prospettiva dalla medicalizzazione alla promozione della salute, che richiede di lavorare insieme al paziente. Siamo partiti cercando di definire sinteticamente le parole-chiave in cui ci riconoscevamo, riassunte poi da medicina sobria, rispettosa, giusta. Dove “rispettosa” è la parte centrale, perché indica la parità del paziente rispetto al medico: il professionista ha competenze mediche, ma il paziente ha competenze sul proprio corpo. Le competenze del medico sono diverse, ma, in tema di promozione della salute, non valgono più di quelle del paziente.

Alessandra Fiorencis

Laurea magistrale in Scienze Antropologiche ed Etnologiche presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Specializzata nel campo dell’antropologia medica, ha condotto attività di formazione a docenti, ingegneri e medici operanti in contesti sia extra-europei che cosiddetti “multiculturali”. Ha partecipato a diversi seminari e conferenze, a livello nazionale e internazionale. Ha lavorato nel campo delle migrazioni e della child protection, focalizzandosi in particolare sulla documentazione delle torture e l’accesso alla protezione internazionale, svolgendo altresì attività di advocacy in ambito sanitario e di ricerca sull’accesso alle cure delle persone migranti irregolari affette da tubercolosi. Presso l’Area Sanità di Fondazione ISTUD si occupa di ricerca, scientific editing e medical writing.

Questo articolo ha 2 commenti.

  1. Carissima Alessandra, siamo una associazione che mira al benessere dei pazienti talassemici. Abbiamo letto con molta attenzione l’intervista che Lei ha condotto sul Dott. Giorgio Bert ed in noi ha suscitato una curiosità indescrivibile oltre alle interessanti testimonianze. Ci chiedevamo dove poter leggere le sensazioni di quei pazienti che hanno deciso di intraprendere la medicina narrativa come terapia aggiuntiva. Anche noi poco tempo fa, sul nostro sito abbiamo pubblicato un articolo riguardante la medicina narrativa. Chissà, magari a qualche nostro paziente potrebbe anche essere un buon motivo per iniziarla.
    http://www.talassemiabologna.it/2016/05/16/valore-della-medicina-narrativa/

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