Intervista a Paolo Banfi

Paolo Banfi
Paolo Banfi

Paolo Banfi è Responsabile del Reparto di Malattie Neuromuscolari presso la Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus. Esperto di Medicina Narrativa, è membro del Comitato del progetto “Le parole del respiro”: obiettivo del progetto è la raccolta delle Cartelle Parallele – ossia le narrazioni delle esperienze dei pazienti – da parte dei medici, per far emergere il vissuto della persona con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) nel suo contesto globale, tra cura, casa, lavoro, famiglia, affetti, amici, emozioni, pensieri e attività.

D. Quali effetti ha avuto la Medicina Narrativa nella vita del paziente, nella sua esperienza?

PB. La Medicina Narrativa, nella mia esperienza, è stata estremamente importante: ha messo una vera e propria “pietra miliare” sul mio comportamento nei confronti dei pazienti. Il fatto di stare ad ascoltare, di interagire in senso positivo, di cercare di capire anche i risvolti che prima non consideravo, ha cambiato totalmente il mio approccio verso il paziente. E penso che la cosa sia avvenuta anche in senso inverso. Nel mio reparto, per esempio, abbiamo avuto molti contenziosi relativi a un discorso di mancanza di empatia e di colloquio col paziente: il fatto di aver introdotto dei colloqui sistematici coi pazienti ha fatto sì che i contenziosi si riducessero notevolmente. E ritengo che questo sia, come ho detto, una pietra miliare nel comportamento del medico. Il paziente viene finalmente considerato una persona, e non una malattia.

D. Tra gli strumenti in uso c’è la cartella parallela, ossia la narrazione scritta della relazione tra il medico e il paziente. Ha provato a utilizzarla, e se sì, con quali risultati? 

PB. Noi non abbiamo una vera e propria cartella parallela, ma utilizziamo un sistema simile. Abbiamo una case manager – una figura di riferimento, formata e assunta appositamente – che segue tutto il percorso del paziente. Nel caso dei cosiddetti “pazienti fragili” (ad esempio, pazienti con BPCO, SLA e problemi di decision-making) noi facciamo, almeno una volta alla settimana, delle riunioni col paziente e con i caregivers, e da queste riunioni emergono le criticità. Questo ci serve perché scriviamo e mettiamo in cartella le criticità emerse, e da lì viene il ruolo del medico e il ruolo della case manager: capire come possiamo seguire il paziente perché non si senta solo, ma senza influenzarlo nella sue scelte, e fare in modo che paziente non percepisca solo il lato negativo del ricovero, ma anche quello del beneficio personale.

D. Comunque questo può considerarsi un tipo di applicazione di cartella parallela. Quali sono le maggiori problematiche che incontra nei pazienti che lei ha in cura, come persone con BPCO, SLA e SMA, e come la Medicina Narrativa può essere di aiuto?

PB. La problematica maggiore, essenzialmente, è la solitudine. La Medicina Narrativa è di aiuto perché ci permette di accompagnare il paziente nel percorso di scelta.

D. Quanto tempo ci vuole per utilizzare un approccio narrativo? Possiamo dire che il tempo investito nella comprensione di un paziente è un tempo risparmiato dopo?

PB. La domanda è molto importante. Di fatto, il medico è temporizzato: le visite devono durare pochi minuti, i colloqui col paziente deve durare tot minuti – siamo regolati non da un’etica, ma da un orologio. Il fatto di lasciar parlare il paziente è estremamente importante, perché emerge già metà della diagnosi. Grazie a questo facciamo meno esami, siamo meno portati a usare la medicina difensiva, inoltre si instaura una alleanza terapeutica, si crea una condivisione di percorsi. È ovvio che c’è anche un risparmio di costi. Il paziente non viene “sbattuto” per fare vari esami, che spesso si rivelano non necessari. Diciamo che “si perde” tempo all’inizio, ma questo tempo viene assolutamente recuperato nel tempo di diagnosi. Abbiamo visto che riusciamo a fare diagnosi in tempi ridotti, e questo viene tutto a vantaggio del medico e del paziente.

D. Alcuni considerano la Medicina Narrativa come medicina preventiva. Lei cosa ne pensa?

PB. Oltre che come “medicina preventiva”, considero la Medicina Narrativa soprattutto come “medicina della persona”: finalmente si enfatizza il concetto di cura della persona e non di cura della malattia.

 

 

 

 

Questo articolo ha 3 commenti.

  1. Rosa Aura

    Quanto trovo veritiero e semplice nella sua complessità quanto espresso dal Dott. Banfi. Molto importante è anche questa figura del case manager che andrebbe ad affiancare proprio l’attività del medico in un team costituito da tutti i destinatari del servizio. Mi piacerebbe sapere di più in merito. Infine il concetto della Medicina narrativa =medicina della persona lo trovo assolutamente innovativo niente a che fare con la medicina difensiva causa solo di sprechi.
    Un concetto da allargare sicuramente ad altri ambiti del vivere quotidiano e non solo della medicina.
    Grazie per queste schegge di riflessione

  2. Manuela Testa

    Il Dott.Banfi è una gran bella persona e un ottimo professionista!!
    Fossero tutti così i medici andrebbero meglio molte cose!!

  3. antonia

    Il dr Banfi fa parte di quelle persone belle dentro, svolge il suo lavoro con passione, è paziente, preparato nel suo lavoro specifico, corre in lungo e in largo per curare i suoi malati, e un mito, è un medico che ispira fiducia, ci auguriamo che tanti giovani medici imparino da lui che tutti gli ammalati non sono numeri, ma, persone da tenere in considerazione .Complimenti al dr Banfi e a tuttti i suoi collaboratori per la preparazione lavorativa, la disponibilita’ e l’organizzazione nel reparto di pneumologia.

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