Il “fado” dell’European Society of Health and Medical Sociology a Lisbona

Le origini del Fado, un triste canto esistenziale, risalgono all’inizio del XIX secolo, a Lisbona, proprio nella stessa città dove si è svolto dal 6 all’8 giugno il congresso della ESHMS – Società Europea di Salute e Sociologia Medica. Oggi il Fado è comunemente considerato come una  forma di canto, che può riguardare qualsiasi cosa ma che deve necessariamente seguire una certa struttura tradizionale. Nella credenza popolare, il Fado è una forma di musica caratterizzata da melodie e testi luttuosi, spesso sul mare o sulla vita dei poveri, e infusa in un sentimento di rassegnazione, fatalità e malinconia. Tuttavia, se le vecchie canzoni Fado erano basate più spesso sull’amore disperato e la morte, le nuove versioni sono più legate al “modo con cui trovare” la via, “alla ricerca”: i Fadisti odierni dicono che si possono ottenere risposte alle questioni esistenziali anche solo cantando fado.

Il congresso dell’ ESHMS è andata ben oltre l’essere europeo: vi sono stati molti partecipanti dal Brasile, e questo è abbastanza naturale dal momento che il Portogallo ha un filo aperto con questo paese, ma meno naturale è stata la massiccia partecipazione da parte dell’Australia, del Canada e degli Stati Uniti.

Il titolo del congresso “Old tensions, Emerging Paradoxes in Health: Rights, Knowledge and Trust” (“Vecchie tensioni, paradossi emergenti nella salute: Diritti, Conoscenza e Fiducia”) si è basato sui temi dell’ingiustizia, dei paradossi nei concetti di salute e malattia tipici dei cosiddetti paesi occidentali, o meglio definiti come ‘quelli che seguono un modello biomedicale’, i paesi ricchi di tecnologia e in qualche modo iper-medicalizzati, e di quelli tipici di altri paesi, come l’Africa e il Sudamerica, in cui sono principalmente le ONG (organizzazioni non governative) a fornire l’assistenza sanitaria, dettando le regole e suscitando a volte reazioni contraddittorie: alcuni sono loro grati mentre altri – come ha detto l’antropologo Levi Strauss già 60 anni fa – hanno chiaramente affermato che le ONG sono patrocinate dai capitalisti di ventura e dovrebbero lasciare liberi i paesi in via di sviluppo di intraprendere i propri progetti, e di fornire da soli l’assistenza sanitaria.

La Vulnerabilità era il tema al centro del congresso, così come lo era per i cantanti Fado, con i temi delle donne sfruttate, dei marinai e delle persone a basso reddito sociale, ed esprimeva un certo approccio fatalista alla vita: qui la Vulnerabilità era rappresentata dai poveri che muoiono prima dei ricchi anche nei paesi con il Servizio Sanitario Nazionale. Sì, perché è stato dimostrato che l’accesso alle cure è una delle cause minori sulla  morte precoce; la relazione causale più elevata per una vita più breve è dovuta ai traumi che la vita comporta per le persone meno istruite, quando sono adulte, in famiglia, al lavoro e come causa multifattoriale,  un’infanzia pesante.

Le donne sono più vulnerabili, in un torneo difficile da capire se le ragioni siano dovute alla genetica, epigenetica o entrambi. I migranti, come sempre nel corso dei secoli, sono più vulnerabili. Ma la vulnerabilità nasce anche dal passaggio da un Servizio di Sanità Sociale, come quello dell’ex URSS, all’attuale, che  prevede il pagamento  dei servizi da parte dei cittadini per ottenere una salute migliore: attualmente ci sono due culture contrapposte nei paesi dell’ex URSS, una prima più votata ad un “modo lento, pigro, poco tecnologico, patriarcale di curare i pazienti, ancora di età comunista”, l’altra, “una cultura basata sulla tecnologia, sul denaro, sulle nuove competenze, più orientata al cliente”. Sembra che una terza via, la competenza senza avidità di denaro, non sia pervenuta.

La Scelta è stato un’altro  tema del congresso: i cantanti del Fado hanno scelto di cantare il tema della loro vita? Avevano argomenti limitati, perché la loro vita era limitata … “O fado nasceu um dia, quando o vento mal bulia e o ceu o mar prolongava Na amurada dum Veleiro.  No peito dum Marinhero, Que estando triste cantava, que, estando triste, cantava”. (‘Il Fado è nato un giorno, quando il vento si muoveva impetuoso e il cielo il mare si allungava verso la parete di una barca a vela. Nel petto di un marinaio che era triste, cantava, chi era triste, cantava.’). “Un de otro assim  perdido, somos dois gritos calados, dois fados desencontrados, dois amantes desunido”.  (‘Noi entrambi insieme, siamo due urla basse, due destini tenuti separati, – Fados – due amanti disuniti.’). Sono canti tristi di migrazioni e di relazioni impossibili. L’amore che si sceglie è troppo spesso quello sbagliato. Parallelamente, discutere in merito a dove poter discutere della libera scelta del paziente e, se vi sia: i protocolli chemioterapici che, nonostante gli elevati effetti collaterali, hanno dimostrato di prolungare la vita di soli sei mesi. Il paziente è libero di scegliere se continuare o meno questo prolungamento della vita? La ricerca narrativa ha dimostrato che le donne con cancro al seno dichiarano di accettare queste terapie non tanto  per sè stesse, ma perché vogliono essere “buone” pazienti con i loro medici, e desiderano farlo per i loro parenti o figli.

Screening mammografico: mi è stato aperto un nuovo mondo.  I dati delle pubblicazioni sono  incoerenti sui benefici dello screening: si dice ufficialmente che prevengano 8 decessi su 1000 donne. Tuttavia, i dati sono inconcludenti  e fino a un terzo di essi non sono inclusi nella metanalisi e non vengono riportati. In  Australia, i politici hanno appena parlato dei risultati sulla mortalità, non dicendo nulla sull’incoerenza. Stesse notizie provenienti dalla Norvegia, lo screening mammografico è stato inserito in un’epoca di ottimismo e ora i dati epidemiologici non concordano sul valore dello screening mammografico. C’è il rischio di sovra-diagnosi e di falsi positivi, quindi di trattare le donne con chemioterapia aggressiva quando non hanno il cancro. Lo screening obbligatorio è contro il concetto di personalizzazione della terapia ed è una produzione di conoscenza globale/internazionale. E’ come un destino dato, un Fado.

La scelta sembra limitata, non è stato sollevato alcun punto importante sulla vaccinazione al congresso, malgrado i dati  incoerenti: e c’è, tuttavia, una responsabilità morale per l’appartenenza a una comunità che obbliga le vaccinazioni prima del periodo di scolarità in quasi tutti i paesi. Il problema della scelta riguarda il “profondo sé” dell’Essere Umano, in un mondo che spinge la biotecnologia medica, e che dice che il corpo è una macchina da riparare con strumenti per tubi rigidi, e gli hacker per entrare nel cervello che altro che non è se non un computer. Un mondo che sta fatalmente perdendo l’anima, assieme  all’arte del canto.

Un altro tema toccato del congresso è stato la FIDUCIA: la fiducia tra medici e pazienti, che è cambiata nei Paesi europei e in Italia, negli ultimi decenni, passando da una sorta di Fiducia Cieca (Blind Trust) dei pazienti verso i medici, a una più Critica (Critical Trust), in quanto i pazienti si ritengono più competenti. E alcuni lo sono davvero: non solo vedono chiaramente i legami dei medici tra le aziende farmaceutiche private e le aziende tecnologiche – e per legami non intendo il giusto tipo di informazione e il meraviglioso nuovo progresso della tecnologia – ma la spinta verso un uso insensato di test, visite e prescrizioni di farmaci. Inoltre, la medicina difensiva è un fattore importante per l’erosione della FIDUCIA; i medici hanno paura di essere processati e processati così da preferire in modo  la Medicina Basata sull’Evidenze rispetto alla Medicina Basata sull’Esperienza, senza tenere conto di entrambe le opzioni.

Che cosa hanno a che fare le scienze umane e la medicina narrativa con questo? Hanno a che fare con l’empowerment- il potenziamento- della FIDUCIA, basato su uno stile empatico intelligente, hanno a che fare con la SCELTA, per un migliore allineamento con i bisogni e i desideri dei pazienti. I pazienti difficili sono stati definiti per la prima volta non come quelli che non sono conformi alle terapie, ma come i pazienti con i quali è molto difficile stabilire una relazione. In una sorta di amicizia, come dice il Fado, “si dà senza aspettare nulla in cambio“. Questa è  vera amicizia, che potrebbe essere l’ideale di un allineamento puro. Cosa a che fare la medicina narrativa ha a che fare con tutta questa medicina sociale? La ricerca narrativa è così potente da rilevare, insieme ai dati quantitativi, i diversi punti di vista delle persone, dei loro parenti, delle loro professioni e carriere, dei loro datori di assistenza sanitaria. La ricerca narrativa dovrebbe essere  incoraggiata di più e non ridotta alle “citazioni” di  pochi pazienti, ma condotta con una metodologia approfondita, secondo le Linee guida Europee della WHO.

E per quanto riguarda l’educazione – come ha detto il Prof. Brian Hurwitz, King’s College, nel suo discorso di 12 minuti (questo è stato l’unico limite importante del congresso, i relatori hanno avuto un tempo troppo breve per parlare e il tempo per le domande è stato molto limitato, imitando un congresso medico, perché?) per cercare di non de-frammentare donne e uomini come nei “case reports”. quei  casi clinici pubblicate su riviste scientifiche, come ha fatto Samuel Beckett nei suoi romanzi,nel  decostruire la donna amata e altri esseri umani. Le case histories. i casi studio, pubblicati sulle riviste scientifiche  usano un linguaggio che Beckett ha usato deliberatamente e in modo ironico per descrivere la situazione assurda di una persona frammentata. I clinici che scrivono così invece lo fanno inconsciamente, perché questo è stato il loro imprinting universitario, e perché questo è troppo spesso il modo di scrivere “case report”  per essere accettati in pubblicazione dalle riviste scientifiche. L’anima dei pazienti è tolta nei casi clinici, che rimangono un elenco preciso e dettagliato di segni e sintomi in gergo medico.

Infine, il Fado dà anche un consiglio per prepararsi per il breve periodo della vita, perché il rammarico del tempo passato è lì nascosto dietro un pilastro:

Vida vivida

Volta atras vida vivida

Para eu tornar a ver

Aquela vida perdida

Que nunca soube viver.

Voltar de novo quem dera

A tal tempo, que saudade

Volta sempre a primavera

So nao volta a mom cidade…

O tempo vai se- passando

E a gente vai – se illudendo

Ora rindo, ora chorando

Ora chorando, ora rindo.

Meus deus, como o tempo passa.

Dizemos de quando em quando

Afinal o tempo fica

A gente e que vai passando.

Vita Vissuta

Ritornando alla vita vissuta alle spalle,

perchè io possa vedere di nuovo

che ho perso la vita

Che non ho mai saputo come vivere.

Ritornare di nuovo al tempo passato,

Il tempo, che malinconia

ritorna sempre in primavera

ma non  ritorna nella mia città.

Il tempo lascia – passando

E la gente passa, illudendosi,

A volte ridendo, altre volte piangendo

A volte piangendo, altre volte ridendo.

Dio mio, come passa il tempo.

Diciamo di tanto in tanto

Dopo tutto il tempo è per la gente

e che sta passando.

Al di là delle donne, delle razze, dei poveri, dei migranti, un fantasma importante è dietro di noi e già canta nel Fado: gli anziani, coloro che hanno già vissuto una vita, o vivono i loro ultimi anni di vita, che oggi devono sforzarsi non solo di prolungare la loro esistenza ma  anche di aggiungere qualità alla quantità di aspettativa di vita. Una cosa è emersa chiara dal congresso: l’accesso medico è importante per salvare la vita, ma non è sufficiente per portare gioia alla vita, in modo da allontanarsi dalla modalità luttuosa del Fado, che è pertinente a un certo tempo della vita, e molto valido come esempio di condivisione del dolore, qualcosa che in questa società è visto come un tabù, – nessuno dovrebbe soffrire, ma vivere  solo indossando la maschera del sorriso. Però esistono nuove canzoni, in cui il FADO si espande in chiavi maggiori, non più con malinconia, ma imparando la gioia di essere lì, in un rapporto caloroso. Al Cafe De Fado, a Lisbona, tutti cantano accompagnati  dalle melodie della chitarra, e condividono non solo “vite sbiadite”, ma anche “nuove possibilità” per attraversare l’oceano e scoprire nuove terre.

Riportiamo una interpretazione di un Fado dal titolo “Madredeus – Ainda”, invitiamo in particolare a soffermarsi sulle parole della canzone.

Maria Giulia Marini

Epidemiologa e counselor - Direttore Scientifico e dell'Innovazione dell'Area Sanità e Salute di Fondazione Istud. 30 anni di esperienza professionale nel settore Health Care. Studi classici e Art Therapist Coach, specialità in Farmacologia, laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche. Ha sviluppato i primi anni della sua carriera presso aziende multinazionali in contesti internazionali, ha lavorato nella ricerca medica e successivamente si è occupata di consulenza organizzativa e sociale e formazione nell’Health Care. Fa parte del Board della Società Italiana di Medicina Narrativa, Insegna all'Università La Sapienza a Roma, Medicina narrativa e insegna Medical Humanities in diverse università nazionali e internazionali. Ha messo a punto una metodologia innovativa e scientifica per effettuare la medicina narrativa. Nel 2016 è Revisore per la World Health Organization per i metodi narrativi nella Sanità Pubblica. E’ autore del volume “Narrative medicine: Bridging the gap between Evidence Based care and Medical Humanities” per Springer, di "The languages of care in narrative medicine" nel 2018 e di pubblicazioni internazionali sulla Medicina Narrativa. Ha pubblicato nel 2020 la voce Medicina Narrativa per l'Enciclopedia Treccani e la voce Empatia nel capitolo Neuroscienze per la Treccani. E' presidente dal 2020 di EUNAMES- European Narrative Medicine Society. E’ conferenziere in diversi contesti nazionali e internazionali accademici e istituzionali.

Questo articolo ha un commento

  1. Giuseppe Marchese

    Geniale e profonda questa interpretazione del fado come espressione di vita.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.