Grazie a Umberto Veronesi: un rivoluzionario della medicina contemporanea

 

Umberto Veronesi - Fonte: Fondazione Umberto Veronesi
Umberto Veronesi – Fonte: Fondazione Umberto Veronesi

Il professor Umberto Veronesi sarà ricordato con gratitudine per l’immenso contributo reso allo sviluppo di una cura per il cancro, in particolare per aver ridato dignità e benessere alle donne affette da tumore al seno attraverso la creazione di un rivoluzionario intervento chirurgico molto più mirato della mastectomia – l’intera rimozione del seno – e per le sue numerose battaglie per la salute, come la lotta contro il fumo e l’educazione ad una corretta alimentazione.

Ma vi sono altre “campagne” per cui dobbiamo essergli grati e che forse sono più nascoste e da scoprire: la prima della serie consiste, l’avere spinto in Italia l’adozione del “consenso informato” da parte del paziente. Qui, l’alterità e il rispetto del paziente si estrinsecano proprio con la cessazione dell’ignoranza in cui è tenuta la persona malata rispetto alla propria condizione di vita- la gravità di un tumore, i rischi connessi ad una procedura, il tempo che rimane da vivere- perché sia proprio il paziente stesso che, aiutato dai professionisti sanitari possa decidere cosa fare e  come passare il tempo residuo di vita. Da Umberto Veronesi, attraverso il consenso informato è arrivato un chiaro invito a dismettere quell’approccio paternalistico- non Le dico la verità perché non sarebbe in grado di gestirla-  legato alle “bugie bianche”,  quelle che sono troppo spesso permesse poiché verità occultate a fin di bene.

Sta proprio nel grande rispetto per il paziente che si trova ad affrontare una situazione come la scoperta che il suo corpo l’ha tradito, sviluppando un tumore, che Veronesi ha insistito sulla trasparenza dell’informazione, purché non diventasse mai brutalità. E’ il paziente che deve essere libero di scegliere come curarsi e che quindi ha bisogno delle informazioni necessarie che riguardano il proprio percorso medico. E una conseguenza di questo massimo rispetto dell’opinione del paziente si è esplicata nel “testamento biologico“, che Veronesi ha portato avanti come emancipazione della persona nella società: il diritto di voler decidere, arrivati al “fine vita”, le proprie cure mediche sino alla sedazione terminale- che Lui ha chiamato a pieno titolo Eutanasia. E ancora la lotta alla sofferenza, e quindi l’introduzione della terapia del dolore, per la cura dei pazienti oncologici. L’Istituto Europeo di Oncologia è stato progettato da architetti che hanno tenuto i piani bassi -evitando il palazzone monoblocco spersonalizzante e alienante- e portato i giardini dentro la struttura ospedaliera, secondo il Feng Shui, una disciplina orientale che cura le relazione tra abitazione, natura e persona, perché Veronesi era convinto che “il bello” fosse anch’esso un fattore di cura fondamentale nella guarigione.

Ma la rivoluzione copernicana l’ha condotta proprio all’interno della sua specialità, l’oncologia, dove quando alla fine degli anni 90 si era scatenato l'”Affaire Terapia Di Bella“; il professore anziché dare subito all'”untore” come grande parte degli oncologi italiani si è chiesto “come mai tanti pazienti si rivolgono a Lui?“, evidenziando nel medico Di Bella, quei tratti gentili e umani che l’Oncologia stava perdendo. Da Di Bella il paziente riacquistava il suo nome e non diventava un numero di protocollo ospedaliero. Fino in fondo ha creduto nella necessità, anzi nel dovere dei professionisti sanitari a essere “trasparenti” e “gentili” -oggi diremmo- “umani con i pazienti“.

E a parlare in modo semplice, senza nascondersi dietro “il medichese”. Mai rinnegando le linee guida cliniche  in oncologia e il valore della ricerca contro il cancro, che comunque hanno saputo trasformare molto spesso i tumori da malattie ad esito fatale a condizioni croniche, ne ricordiamo un ultimo editoriale su Corriere della Sera di metà settembre 2016 in cui il Professore commentava le scelte di due giovani donne italiane – una ragazza diciasettenne che era poi morta a 21 anni e una donna di 34 anni anch’essa scomparsa- che avevano rifiutato la chemioterapia per rivolgersi al metodo Hamer.  Anche qui, non ha mai cercato lo scontro aperto con il medico tedesco e la nuova medicina germanica, ma piuttosto la riflessione pacata, con la sua usuale autocritica che poneva ancora una volta il problema dell’essere più bravi da parte degli oncologi a informare i pazienti perché possano veramente scegliere vedendo non solo l’oggi della chemioterapia, ma anche l’orizzonte allargato del domani.

Con Gratitudine ricordiamo questi suoi insegnamenti, portando avanti il suo pensiero di umanizzazione attraverso la medicina narrativa, che si basa proprio su un senso e sentimento di relazione tra curante e curato.

Maria Giulia Marini e l’Area Sanità e Salute

Maria Giulia Marini

Epidemiologa e counselor - Direttore Scientifico e dell'Innovazione dell'Area Sanità e Salute di Fondazione Istud. 30 anni di esperienza professionale nel settore Health Care. Studi classici e Art Therapist Coach, specialità in Farmacologia, laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche. Ha sviluppato i primi anni della sua carriera presso aziende multinazionali in contesti internazionali, ha lavorato nella ricerca medica e successivamente si è occupata di consulenza organizzativa e sociale e formazione nell’Health Care. Fa parte del Board della Società Italiana di Medicina Narrativa, Insegna all'Università La Sapienza a Roma, Medicina narrativa e insegna Medical Humanities in diverse università nazionali e internazionali. Ha messo a punto una metodologia innovativa e scientifica per effettuare la medicina narrativa. Nel 2016 è Revisore per la World Health Organization per i metodi narrativi nella Sanità Pubblica. E’ autore del volume “Narrative medicine: Bridging the gap between Evidence Based care and Medical Humanities” per Springer, di "The languages of care in narrative medicine" nel 2018 e di pubblicazioni internazionali sulla Medicina Narrativa. Ha pubblicato nel 2020 la voce Medicina Narrativa per l'Enciclopedia Treccani e la voce Empatia nel capitolo Neuroscienze per la Treccani. E' presidente dal 2020 di EUNAMES- European Narrative Medicine Society. E’ conferenziere in diversi contesti nazionali e internazionali accademici e istituzionali.

Questo articolo ha un commento

  1. Andrea Guarini

    Cara Maria Giulia, bellissimo contributo. Ricorderei Veronesi con il titolo di un suo libro, scritto qualche anno fa con Mario Pappagallo: “Una carezza per guarire”. Mi sembra sia tutto lì dentro.

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