Conferenza di Spiritualità e Recupero

durham

 

a maria giulia

La Spiritualità è un’ “arte/disciplina/topic” compresa all’interno del Servizio Sanitario Nazionale inglese. Ed è valorizzata a tal punto da avere un vero e proprio congresso a cadenza annuale che si svolge a Durham ed è appoggiato dal NHS (National Health Service). Non abbiamo niente di simile in Italia per quanto riguarda la Spiritualità in casi di disabilità mentale e fisica, non c’è alcuna istituzione ufficiale del nostro servizio sanitario nazionale, e vorrei aggiungere anche la maggior parte dei servizi sanitari privati. La spiritualità è lasciata all’interpretazione dei singoli individui, delle associazioni di pazienti, degli hospice, ma ciò che per me suona più pericoloso è che sia lasciato all’ala della medicina complementare, quella molto distante dalle attuali impostazioni cliniche e dalla pratica quotidiana.

In ogni caso, il bisogno di spiritualità nell’impostazione clinica è fondamentale: ci scostiamo finalmente dal modello bio-psico-sociale per raggiungere un modello spirituale bio-psico-sociale. Alcuni anni fa l’EORTC (European research on cancer and treatment) ha pensato un questionario sulla spiritualità. Ѐ fallito. Perché? Io ritengo che l’errore fosse nella struttura stessa dello strumento; c’era una domanda con una scala di valutazione da 1 a 5 che chiedeva ai pazienti “Quanto credi in una forza suprema?”. Bene, questo non è il giusto genere di domanda per studiare la spiritualità.

Cos’è la spiritualità? Il reverendo Colin Jay, il principale organizzatore della conferenza ha impostato la scena: la spiritualità appartiene alle cose invisibili? Nel business English diremmo che si tratta di un bene immateriale, un intangible assett. Le parole potrebbero essere ridondanti o non adeguate a spiegarle ma le narrazioni possono essere i fattori chiave per promuovere la spiritualità.

Ad esempio in un dipartimento di salute mentale, una ragazza ha detto: “Mi spiace, non credo in Dio…ma amo gli animali”: questa ragazza è spirituale senza avere qualcosa di sostenuto dalla religione istituzionale..

Si può riferire a quelle qualità invisibili ma reali che formano una persona o una comunità come l’amore, la speranza, la pace, la verità. Anche nel NHS tutto dev’essere basato sulle evidenze: perciò, forse, la spiritualità è stata un’invenzione degli anni ‘50 e ‘60 per portare la religione all’interno degli ospedali.

- Relazioni d'amore con gli altri e con se stessi, dando e ricevendo un senso d'appartenenza; - Vivere il momento attuale; - Dare un significato e uno scopo reale nelle cose che valorizziamo; - La ricerca di una libertà interiore, il benessere e la pace della mente; - Un'esperienza di vita che fa fiorire e trova speranza in mezzo alle difficoltà
– Relazioni d’amore con gli altri e con se stessi, dando e ricevendo un senso d’appartenenza;
– Vivere il momento attuale;
– Dare un significato e uno scopo reale nelle cose che valorizziamo;
– La ricerca di una libertà interiore, il benessere e la pace della mente;
– Un’esperienza di vita che fa fiorire e trova speranza in mezzo alle difficoltà

Il fiore della spiritualità riportato sopra non dev’essere inteso come una definizione unica. Il fiore può essere utilizzato ad un primo livello: semplicemente appeso come un poster nei luoghi di cura, dona visibilità ai pazienti, ai curanti, alla gente e genera un linguaggio comune, crea una distinzione con la religione. Il secondo livello è che da ogni tema proposto nei petali cresce una domanda possibile per fornire una propria risposta. Vi è poi un terzo livello in azione: il fiore è vuoto, così che ognuno sia in grado di riempirlo nei cinque petali con le caratteristiche esistenziali

Ora ci spostiamo verso il benessere e la salute mentale. Cos’è la salute mentale?

La Salute Mentale, stando alla World Health Orgnaization, è la resilienza emotiva e spirituale che ci permette di goderci la vita e di sopravvivere al dolore, alla delusione e alla tristezza. Si tratta di un senso di benessere positivo e una credenza sottostante al tuo stesso valore e nella dignità e nel valor altrui. Perché abbiamo bisogno della salute mentale? Siamo tutti come dei secchi: se l’acqua, lo stress, straborda…siamo sopraffatti, così abbiamo bisogno di buchi per poterci disfare del secchio. Come fare? Attraverso il recupero, che permette alle persone di vivere meglio di stare meglio. Il recupero personale non è il recupero clinico, si concentra su ciò che è importante e significativo.

Possiamo aiutarci utilizzando i fattori CHIME:

  • Connessione
  • Speranza
  • Identità
  • Significato
  • Rafforzamento

La psicoterapeuta al convegno Allison Parish ha detto che “Recupero è un altro nome per benessere”. Il recupero clinico è nel passato, il bisogno di trovare una cura. C’era e c’è ancora un focus sulla diagnosi, il bisogno di questa diagnosi, di trovare il giusto trattamento. In ogni caso spesso, specialmente nei servizi mentali, non va nel modo in cui i provider sanitari fissano le cose. Il recupero personale è oltre i sintomi, è una vita significativa, soddisfacente, malgrado i sintomi.

Come la popolazione definisce la salute positiva? I provider sanitari vanno per il fisico, lo psicologico e il sociale, mentre i pazienti parlano di spiritualità. La piramide di Maslow è ancora fondamentale, tutto ciò di cui abbiamo bisogno è accettazione e autorealizzazione…Amare ed essere amati. Ryan e Deci dicono che vi sono tre bisogni innati: interdipendenza, autonomia e competenza. All’opposto troviamo sconnessione/ isolamento/ alienazione, e questo è ciò che opprime lo spirito umano.

La chiave della connessione: quelli che hanno il più forte senso di amore e di appartenenza credono d’essere degni dell’amore…quelli che fanno fatica a connettersi, non ritengono d’essere degni d’essere amati e di amare. La vergogna è vista come paura di rifiuto/isolamento. La causa della vergogna è: Non sono abbastanza bravo, non abbastanza attraente, non abbastanza intelligente o forte, mi sento inadeguato. Vi è un’idea impossibile di perfezione, dato che la perfezione non è di questo mondo.

Per ottenere un personale senso di amore e di appartenenza si parte da un personale senso di merito, “Sono abbastanza bravo” e questo molte volte richiede un coach per un rafforzamento. Dobbiamo trovare il coraggio d’essere imperfetti e la confidenza per essere visti per quello che siamo e abbiamo bisogno di gentilezza e compassione per noi stessi e per accettare noi stessi: consapevoli delle nostre criticità interne, con il coraggio di fallire, con il coraggio d’essere rifiutati, con il coraggio d’affrontare i tempi difficili.

La dr.ssa Parish continua illustrando le due strategie di sopravvivenza, che portano a dolore:

  • Perfezionismo: chirurgia plastica, auto, status del telefono, parlare solo del successo dei figli;
  • Annullamento: alcool, dipendenze, esercizio compulsivo.

Provare dolore significa che siamo tutti esseri umani ed è una buona cosa. Se non proviamo dolore, non possiamo connetterci…questo dolore ci apre alla gioia e all’amore. Nei servizi di salute mentale, ma anche nella maggior parte delle impostazioni cliniche, vi è un’etichetta “sei disturbato personalmente”, un muro tra le persone sale e quelle malate: Berne avrebbe semplicemente detto “Sono okay – tu non sei okay,” e questo genera una grande differenza fra me e te…”.

Ecco che ci ritroviamo nel circolo della vergogna – dell’isolamento – delle strategie di afflizione e sopravvivenza – lo stigma “sono pazzo” – c’è qualcosa di sbagliato in me – e ancora vergogna.

Cosa desiderano gli utenti dei servizi?

  • Essere ascoltati
  • Provare esperienze ed emozioni validate (prese sul serio)
  • Essere una persona e non un insieme di sintomi
  • Che sia data loro speranza
  • Che sia data loro una scelta…

Questi cinque fattori sono correlati ai fattori CHIME…come nel caso in ci il dottore ha detto ad una ragazza affetta da schizofrenia “non andare all’università, la tua schizofrenia è permanente” o come nel caso di un uomo con il cancro “non fare figli, morirai presto”.

I nostri valori di ricovero dovrebbero essere un credo costante che ognuno abbia il potenziale per vivere una vita piena di significato, nonostante sintomi e diagnosi; e questo va a sfidare la visione fondamentale di molti clinici “noi sappiamo ciò che è meglio”, specialmente basati sulle EBM. Come conseguenza i pazienti si sentono più vulnerabili, perché condividere il potere può essere spaventoso.

Tutti coloro che lavorano e aiutano all’interno del servizio sanitario hanno bisogno di sviluppare fiducia nel potere delle relazioni: ascoltare, convalidare, accettare, aver compassione, comprendere, avere il coraggio di fallire. Lavorare su decisioni condivise può essere una strategia per spingerci nella giusta direzione con i pazienti.

Il reverendo June Boyce-Tillman ha detto:

Così come per la differenza tra religione e spiritualità, la chiesa ha da sempre considerato la malattia legata più ai peccati che alla connessione: e adesso la spiritualità deve aggiustare questo peccato della chiesa e della religione.

L’evento prosegue con molti interessanti interventi e si conclude con due concetti principali: l’organizzazione dell’apprendimento e la gentilezza intelligente. (intervista John Ballatt)

Personalmente ho imparato molto, ho utilizzato il fiore della spiritualità per raggruppare e analizzare migliaia delle nostre storie.

Come nota finale, belle persone, multidisciplinarietà, dottori, manager del NHS, infermieri, psicologi, filosofi, preti e cappellani. E ciò che ho più apprezzato, molte perspicaci e intelligenti preti donne..un sogno per il nostro futuro italiano.

 

Scarica la presentazione “Religion and Spirituality as coping factors for recovery in illness time” di Maria Giulia Marini – Durham, 14 Luglio 2017

Maria Giulia Marini

Epidemiologa e counselor - Direttore Scientifico e dell'Innovazione dell'Area Sanità e Salute di Fondazione Istud. 30 anni di esperienza professionale nel settore Health Care. Studi classici e Art Therapist Coach, specialità in Farmacologia, laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche. Ha sviluppato i primi anni della sua carriera presso aziende multinazionali in contesti internazionali, ha lavorato nella ricerca medica e successivamente si è occupata di consulenza organizzativa e sociale e formazione nell’Health Care. Fa parte del Board della Società Italiana di Medicina Narrativa, Insegna all'Università La Sapienza a Roma, Medicina narrativa e insegna Medical Humanities in diverse università nazionali e internazionali. Ha messo a punto una metodologia innovativa e scientifica per effettuare la medicina narrativa. Nel 2016 è Revisore per la World Health Organization per i metodi narrativi nella Sanità Pubblica. E’ autore del volume “Narrative medicine: Bridging the gap between Evidence Based care and Medical Humanities” per Springer, di "The languages of care in narrative medicine" nel 2018 e di pubblicazioni internazionali sulla Medicina Narrativa. Ha pubblicato nel 2020 la voce Medicina Narrativa per l'Enciclopedia Treccani e la voce Empatia nel capitolo Neuroscienze per la Treccani. E' presidente dal 2020 di EUNAMES- European Narrative Medicine Society. E’ conferenziere in diversi contesti nazionali e internazionali accademici e istituzionali.

Questo articolo ha 2 commenti.

  1. stefania palmisano

    mi piacerebbe mettermi in contatto con lei, insegno sociologia delle spiritualità alternative all’Università di Torino

    1. Alessandra Fiorencis

      Gentilissima, può scrivere direttamente alla mail dell’Area Sanità: areasanita@istud.it.
      Grazie per l’interesse.

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